Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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martedì 3 marzo 2009

Impedire che i soliti se la cantino da soli


È sempre più evidente lo scollamento tra l' elettorato di centro sinistra e chi dovrebbe rappresentarlo. Prevale nella cosiddetta base l' impressione di non contare nulla, premessa di un assenteismo punitivo nelle prossime elezioni locali ed europee. Eppure è paradossale che il fenomeno del distacco si verifichi in un' epoca caratterizzata, come non mai, dalla possibilità, ampiamente realizzata da milioni di individui, di interscambio di massa tra le persone singole e tra queste ed ogni tipo di istituzione. È vero, non esistono quasi più o sono semi deserte le sezioni territoriali, ma quanti milioni di collegamenti si realizzano in rete e si articolano in blog, facebook, e-mail, chat ed altri accessi in Internet? Il centro sinistra italiano, anchilosato nei suoi riti ormai disseccati, sembra non accorgersi del cambiamento imposto dall' avvento dell' era informatica e ricalcitra di fronte all' idea di farlo proprio. Non si tratta, però, di una idiosincrasia tecnica ma di una resistenza politica. Non si vuole l' irrompere nel gioco interno della nomenklatura di una base messa in grado di manifestare a maggioranza una volontà propria, di sostenere l' emergere di nuovi personaggi, di mandare a casa chi non riscuota più la sua fiducia. Una conferma viene dal riemergere di una sorda ostilità verso le primarie, anche se queste non si svolgono per via telematica come in Francia. Vedi ad esempio l' affermazione di uno degli esponenti più autorevoli del Pd, l' ex presidente del Senato, Franco Marini secondo cui «le primarie rispondono a una idea presidenziale, mentre guidare un partito vuol dire accettare il dibattito e anche il dissenso... le primarie per eleggere un segretario di partito esistono solo in Italia». La diffidenza per primarie e dibattiti informatici unifica, del resto, i capi ex Margherita ed ex Ds. In una delle interessantissime interviste di Curzio Maltese sui giovani del Pd, il più votato tra i candidati del Pd alla Regione Lombardia, Giuseppe Civati ( Repubblica, 24/2) sbotta: «Ho letto che Bersani e Franceschini attaccano chi pretende di far politica coi blog. Pretende? Per la mia generazione è l' unico modo di fare ancora politica. Che dovremmo fare? Andare in sezione? A Milano la sede del Pd non c' è neppure». La pulsione a riproporre il vecchio copione, per cui i soliti noti se la cantano e se la suonano, non rispondono mai dei loro errori, si autocandidano e si autoassolvono di fronte a una platea assente, tutto questo mi ha spinto a prestare attenzione a chi miri a dar voce all' opinione pubblica di centro sinistra (per Berlusconi il problema non si pone: interpreta alla perfezione il ruolo dell' "unto" dal suo popolo). Per questo dopo aver segnalato il caso delle primarie di Forlì ( Repubblica 19/1) mi sono convinto che non è affatto da buttar via il progetto di un appassionato ricercatore del Cnr (studia Scienzee tecnologie della cognizione) Raffaele Calabretta, calabrese di 46 anni, che ripetutamente e invano mi aveva sommerso di e-mail concernenti una sua "invenzione", le doparie. L' avevo preso per uno degli immancabili "inventori" che incombono da sempre nelle redazioni. Mi sbagliavo anche se l' uomo, come ha scritto di lui Filippo La Porta sul Riformista appare come un «mistico della democrazia», irruente, insistente ed ottimista. Non starò a riassumere i dettagli tecnici (vedi: http://doparie.it) e mi limiterò a dire che le doparie dovrebbero svolgersi nei periodi post elettorali (non servono quindi per scegliere candidati) per prendere decisioni con procedura simile alle primarie su alternative di scelta affidate alla democrazia partecipativa degli elettori: (alimentazione forzata o no? Tav sì o no? ritorno al nucleare o no? ecc.). Secondo il progetto le doparie nazionali e/o locali dovrebbero svolgersi una volta l' anno in seggi predisposti dai partiti o coalizioni dove si recherebbero gli iscritti (e gli elettori simpatizzanti?). In tal modo le decisioni più controverse uscirebbero dalle compromissioni verticistiche e rifletterebbero la volontà maggioritaria dei votanti. Sul fine vita, ad esempio, quanti "cattolici adulti" potrebbero far sentire una voce ben più forte di quella di quattro teodem? Detto questo aggiungo che le votazioni sarebbero più agevoli se si svolgessero in genere col sistema informatico. Anche questo è un nodo politico. Il nuovo statuto del Pd, infatti, prevede, all' art. 28, referendum interni informatici. Non è un caso se quell' articolo sia stato subito dimenticatoe Veltroni sia giuntoa dimettersi senza che nessuno abbia chiesto un parere ai tre milioni e più che lo avevano eletto. - MARIO PIRANI

La Repubblica — 02 marzo 2009 pagina 25

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