Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

.

giovedì 27 gennaio 2011

«Io, superstite di Dachau Ho giurato di raccontare l’orrore dei morti viventi»

«Il ginocchio nudo di una donna, fino a 20 anni, non l’avevo mai visto: le ragazze si coprivano con le gonne lunghe e le calze nere di cotone. La prima volta che l’ho visto è stato nel campo di concentramento di Dachau quando le Ss ci hanno fatto spogliare tutti insieme: uomini, donne e bambini. Eravamo appena arrivati dopo un viaggio di tre giorni e tre notti ammassati in carri bestiame». Ermando Parete, 88 anni, è un ex finanziere scampato all’orrore nazista: «Ho il dovere di parlare, l’ho giurato», dice nel giorno della Memoria. La sua testimonianza di sopravvissuto è affidata anche a un video su Youtube. Ermando Parete è riuscito a resistere ai nazisti: nella sua casa di Pescara custodisce gli attestati dei presidenti della Repubblica, a cominciare da un documento di Sandro Pertini, controfirmato dal ministro dell’Interno Giovanni Spadolini. Parete, ricorda il primo giorno a Dachau? «Dopo un rastrellamento a Udine, siamo stati buttati in carri bestiame e ci sono voluti tre giorni e tre notti per arrivare a Dachau: sempre in piedi, ammassati come animali. Non sapevamo dove stavamo andando: nessuno sapeva niente. Quando siamo arrivati, ci hanno fatto scendere dal treno e abbiamo sentito un odore forte di carne bruciata: pensavamo che i tedeschi stessero facendo la carne arrosto. Poi, abbiamo capito che era carne umana: non era odore, quella era puzza. C’erano sette forni crematori, accesi 24 ore al giorno. È incredibile quello che è successo dopo: ci hanno radunato in uno stanzone e ci hanno costretto a spogliarci tutti insieme, uomini, donne e bambini. Tutti nudi: vedere intere famiglie senza vestiti è stato indecente. Lì ho visto per la prima volta il ginocchio nudo di una donna: prima le donne portavano le gonne lunghe e indossavano calze nere di cotone. Il nylon non esisteva: è arrivato negli anni Cinquanta con gli americani». Per lei Dachau è stato l’apice dell’orrore. Prima del 1944 cosa le è successo? «L’armistizio dell’8 settembre 1943 l’abbiamo saputo quattro giorni dopo da un prete slavo: non c’erano i telefonini. Mi sono arruolato a 20 anni nella guardia di finanza e sono stato mandato a combattere in Jugoslavia. Dopo l’armistizio, mi sono unito ai partigiani per tornare in Abruzzo ma a Cimadolmo (Treviso) sono stato catturato e tenuto in una cella buia nei sotterranei del carcere di Udine. Da Udine, la partenza del viaggio verso l’orrore di Dachau. A Dachau sono stati deportati 10.362 italiani. Di questi 9.958 sono stati fucilati e bruciati nei forni crematori. I sopravvissuti sono stati 404 e tra questi ci sono anch’io». Dopo l’arrivo a Dachau cosa è accaduto? «Dopo lo spettacolo indecente dei corpi nudi, i tedeschi ci hanno diviso: gli uomini da una parte e le donne dall’altra. I bambini? Li hanno strappati dalle loro madri e quelle che hanno provato a tenerli legati a loro sono state uccise a pistolettate. In queste condizioni, siamo rimasti seminudi per giorni fino a quando ci hanno consegnato un pigiama. La nostra divisa: una casacca zebrata. Poi ci hanno preso i documenti e li hanno bruciati». Ha perso il suo nome ed è diventato un numero? «Io ero l’uomo numero 142.192, me l’hanno scritto su un braccio. Un marchio che una volta tornato a casa ho deciso di rimuovere. Ma a Dachau non si perdeva solo il nome: i tedeschi creavano dei morti viventi senza lasciare niente al caso. Lo sfinimento dei lavori forzati, la paura di andare ancora vivi nelle bocche dei forni crematori, l’arroganza dei kapò, l’ombra inquietante delle belve Ss: tutto ciò che rende l’uomo un semplice numero da aggiungere o da sottrarre al tabellone della morte. Ci sputavano in faccia: non capivamo i numeri gridati in tedesco dai soldati e se la prendevano con noi. Poi, sono cominciati i lavori forzati: io ero addetto ad aggiustare la ferrovia, togliere le campate di ferro danneggiate dalle bombe e mettere quelle nuove. Lavoravamo con gli zoccoli di legno ai piedi, anche con la neve e chi scivolava e non si rialzava veniva ucciso a bruciapelo: si ammazzava una persona per niente e non ho mai capito perché. Per noi italiani era peggio: eravamo considerati “It”, italiani traditori». Le giornate erano tutte uguali e terribili? «Sveglia tutti i giorni alle 4 e mangiavamo della brodaglia con le mani, una volta la mattina e un’altra la sera. La prendevamo direttamente dai bidoni della nafta: tutto quello che riuscivi a prendere con le mani, lo mettevi in bocca. Durante i lavori forzati, mangiavo l’erba che cresceva lungo i binari: era lattiginosa. Però, dovevo farlo di nascosto altrimenti mi avrebbero ucciso. Ai megafoni i tedeschi dicevano: “Non uscirete vivi da qui, passerete dai forni crematori”, “Nessuno di voi riuscirà a liberarsi”. Gli italiani della provincia di Bolzano ci traducevano le voci. Così molti si andavano ad ammazzare gettandosi sul filo spinato con l’alta tensione: non ce la facevano più. Altri si infornavano vivi. Non ho mai capito perché quando una persona non ce la faceva più a stare in piedi veniva picchiata a morte: ma a che serviva? Una volta, durante i lavori forzati, eravano tutti incatenati e la persona accanto a me è scivolata e non si rialzava: gli hanno sparato. Mi ricordo che la materia organica del suo corpo mi è finita addosso». Lei è stato sottoposto a esperimenti scientifici? «Sono entrato in una camera e ho visto una persona, non so se viva o morta. Non si poteva neanche chiedere. Mi hanno immerso in una vasca con ghiaccio. Era un test per verificare fino a che temperatura il corpo può resistere. Quando mi sono svegliato ero nudo, per terra, e non ce la facevo neanche a rivestirmi. Ero ghiacciato. In quel momento ho detto basta: mi vado a menare pure io». Ha pensato di uccidersi? «Mi sono messo a camminare con quegli stracci in mano e pensavo solo a come farla finita: se gettarmi sul filo spinato o andare verso i forni crematori. Poi, ho ripensato a mio padre, a una lite quando non mi voleva mandare a fare il soldato perché diceva che così sarei andato a morire. Ho riflettuto e mi sono detto: ma perché mi devo uccidere, morirò quando devo morire. E ho rinunciato: la gente buttata per terra mi chiedeva di resistere per raccontare tutto». Lei si è trovato davanti a un plotone di esecuzione. Cosa ha pensato quando stavano per fucilarla? «Erano le sei di sera del 29 aprile 1945 quando mi hanno portato alla fucilazione. Sentivo le scosse da tutte le parti del corpo e le sento ancora oggi: pensavo se avrei sentito dolore, chissà dove mi avrebbero colpito, se in fronte o al petto, se sarei morto subito oppure no. C’era anche lo scolatoio del sangue: quante volte ho dovuto pulire il sangue ghiacciato. Invece, non è arrivato nemmeno un colpo. Poi ecco una camionetta con i soldati americani. Io sono scappato e mi sono nascosto: avevo paura che, dalle torrette, i tedeschi avrebbero aperto il fuoco con i mitra. Invece, non è partito neanche un proiettile: i tedeschi si sono arresi e si sono lasciati uccidere. A terra c’erano cataste di cadaveri: un piazzale di morti e vivi, tutti insieme». Ha pensato a un fatto miracoloso? «Il 30 aprile è arrivato il cardinale Montini, il futuro papa Paolo VI, che ci disse che per noi italiani non c’era possibilità di rimpatrio e che dovevamo restare a Dachau ad aspettare. Fu Montini a mandare un telegramma alla mia famiglia ad Abbateggio per informare che ero ancora vivo: quel telegramma lo conservo ancora». Decise di tornare a casa a piedi? «Il primo maggio mi misi in cammino senza sapere quale direzione prendere. Un cammino di 37 giorni e 36 notti dormendo appoggiato agli alberi. Al confine gli americani mi diedero pane, cioccolata, gomme da masticare. Poi in Italia, più niente: nessuno ha voluto aiutarmi, la gente ti cacciava via. Mi ricordo che quando sono arrivato a Pescara, era giugno: ho visto il mare ma non c’era nessuno sulla spiaggia. Mi mancava solo una notte di cammino, sembrava incredibile: mi sono addormentato e mi sono svegliato bruciato dal sole. Quando sono arrivato ad Abbateggio pesavo 29 chili e settecento grammi: avevo i capelli tagliati a metà, la barba lunga, le unghie tagliate con i denti. Mi hanno fatto anche delle foto in quello stato ma mia madre le ha bruciate perché erano orrende: oggi vorrei riaverle, pagherei chissà quanto per mostrarle ai giovani. Appena tornato, non mi diedero da mangiare: due medici mi dissero che se avessi mangiato sarei morto. Misero un paio d’uova nell’alcol e, quando il guscio si sciolse, mi fecero bere quel liquido». E il giorno dopo si è riposato? «Il giorno dopo, da Abbateggio, mi sono rimesso in cammino: mia madre aveva fatto un voto e così sono andato con lei, a piedi, al santuario del Volto Santo di Manoppello. Nel 1985 sono tornato a Dachau con mia moglie Assunta, da poco scomparsa, e con mio figlio Donato». Da allora lei racconta l’orrore. Perché? «L’ho giurato ai miei amici di Dachau: mi dicevano “tu sei giovane, devi resistere. Salvati e racconta a tutti l’inferno di qui dentro”. E così faccio: è una missione, il dovere della memoria. Quando vado nelle scuole, i ragazzi quasi si arrabbiano con i professori: mi dicono che studiano Giulio Cesare ma che non sanno quasi niente di quello è successo durante la Seconda guerra mondiale. È commovente parlare con i ragazzi e abbracciarli». L’orrore non l’ha abbandonata, vero? «Sono passati più di sessanta anni ma devo dormire con una luce accesa e, a volte, anche un aereo che sfreccia nel cielo mi fa svegliare di soprassalto e pensare che qualcuno mi voglia sparare».
tratto da : Il Centro.it 27.01.11

martedì 25 gennaio 2011

Capistrello, arrivano i contatori

Capistrello.
Installazione dei contatori ai nastri di partenza a Capistrello. Il Cam, che con l’arrivo in Municipio dell’amministrazione capitanata da Antonino Lusi ha ottenuto la gestione del ciclo idrico integrato, ha avviato le procedure per dotare anche gli utenti del centro rovetano dei misuratori di consumo.
Salgono a dieci, quindi, i Comuni interessati dal piano di completamento del sistema idrico integrato della Marsica mirato a mettere gli utenti sullo stesso piano. .Dopo esserci insediati – afferma il Sindaco Lusi – abbiamo deciso di trasferire il servizio idrico al Cam per adeguarci alla legge e restituire ai cittadini un servizio migliore. Grazie alla sinergia tra Comune e gestore il decennale problema dell’acqua a Capistrello è stato pressoché risolto e ora, con l’istallazione dei contatori, avremo meno sprechi e più equità con il pagamento a consumo”.
Il Cam, su input dell’Ato, proprio in questi giorni ha inviato le prime 9.200 lettere ai cittadini di Avezzano, dove si comunica che la società di gestione sta procedendo “all’installazione dei contatori in tutte le utenze sprovviste”. Operazione che interesserà anche gli altri Comuni sprovvisti parzialmente o totalmente dei misuratori di consumo. Il lavoro, che dopo 20 anni dalla nascita del Cam, procede speditamente verso la meta finale, dovrebbe concludersi entro l’estate. Gli utenti riceveranno una lettera corredata di tutte le informazioni sul lavoro. Per l’installazione saranno chiamati a pagare un contributo di 50 € più IVA, rateizzabile fino a due anni. L’assenso formale all’installazione dovrà avvenire entro 30 giorni dal ricevimento dell’informativa. Per chi non si adeguerà la tariffa a forfait sarà raddoppiata.
Sprint finale, quindi, sulla partita dei misuratori mancanti nella Marsica: Avezzano, Capistrello, Celano, Tagliacozzo, Cappadocia, Ovindoli, San Benedetto dei Marsi, Scurcola Marsicana, Magliano dei Marsi e Pereto. Una vera rivoluzione in agenda per il 2011: forfait addio e pagamento sul reale consumo. Per l’installazione dei complessivi 26mila apparecchi, da realizzare in sei mesi dall’affidamento dell’incarico, il Cam investirà quasi 2 milioni di euro. “Obiettivo”, ricorda il Presidente, Gianfranco Tedeschi, “rendere il sistema omogeneo, limitare gli sprechi e garantire una fornitura capillare all’insegna del principio acqua per tutti, ma senza sperperi. Gli operatori del Cam, che si è trasferito nella nuova e confortevole sede di proprietà in via Caruscino n. 1 ad Avezzano, sono a disposizione per fornire tutti i chiarimenti possibili agli utenti che possono rivolgersi anche ai numeri telefonici 800/694444 (numero verde); 0863/45891

venerdì 21 gennaio 2011

Discariche abusive nei Piani Palentini

CAPISTRELLO. Decine di discariche abusive contenenti rifiuti domestici e speciali lungo strade e sentieri dei Piani Palentini. La zona, teatro della famosa battaglia di Tagliacozzo del 1268, è ora una grande discarica a cielo aperto che ospita elettrodomestici abbandonati, materiali industriali e semplice pattume. La pianura non è nuova a simili scempi. Da anni ormai il comitato Piani Palentini combatte contro l’inciviltà di alcuni cittadini e nel 2008 arrivò a scontrarsi con una società su un progetto di costruzione di una megadiscarica all’interno dell’area, riuscendo a far cambiare i piani della società per lo smaltimento dei rifiuti. La vastità dei piani rende gli sforzi per intervenire contro le discariche più difficili e obbliga un coordinamento tra i comuni interessati. Tra i più coscienti della situazione e pronti ad intervenire c’è il Comune di Capistrello, che il 14 gennaio ha deliberato un provvedimento a riguardo e ha costituito un tavolo interforze insieme a polizia municipale, carabinieri, Guardia di finanza e polizia stradale per studiare un piano di intervento e repressione del fenomeno e poi passare a bonificare la zona. «Sappiamo la criticità della situazione», conferma il sindaco Antonino Lusi, «e per questo vogliamo muoverci il più tempestivamente possibile. La settimana prossima ci sarà un primo aggiornamento con i comandanti di tutte le forze dell’ordine e spero che il lavoro di squadra che ci impegneremo a fare ripaghi gli sforzi».

Tratto da : Il Centro 21.01.11

giovedì 20 gennaio 2011

La buccia del chinotto



Un amico sorride amaro: «Non farti illusioni, potenzialmente siamo tutti come lui e la sua corte: trombare e fare soldi, interessati solo ai bisogni primari, ai chakra bassi, per dirla alla maniera di voi che meditate e fate yoga.
Sì, qualche disturbato che sogna con un romanzo o va in estasi per una notte d’amore sotto le stelle esisterà pure, ma è la buccia del chinotto: scorza sottile, percentuale insignificante».
Davvero? Davvero la maggioranza dei giovani assomiglia a quel tipo che incita sua sorella a infilarsi nel letto di un anziano miliardario, «così ci sistemiamo»? Davvero il mondo contemporaneo si divide fra padri padroni, disposti a uccidere le figlie che osano ribellarsi, e padri ruffiani che nelle intercettazioni le incitano a sgomitare perché «le altre ti sono passate davanti, svegliati!».
Sarò un ingenuo, eppure vedo ancora in giro della dignità, anche in tanti poveri che una busta di 5000 euro l’hanno magari sognata, ma non la vorrebbero trovare nella borsa della figlia a quelle condizioni.
Vedo donne e uomini pieni di vizi, ma che non invidiano lo stile di vita dei crapuloni e sognano di invecchiare con una persona amata al fianco e la musica di Mozart nelle orecchie.
E quando, come ieri, alcuni lettori telefonano al giornale per segnalare che una luna mai così arancione è spuntata fra le colline e mi arriva sul tavolo la raccolta di poesie di una ragazza timida, allora penso che non è finita.
Che la buccia del chinotto è più spessa di tutto il gas che le sta esplodendo intorno, in un enorme rutto di niente.

Tratto da : La Stampa 20.01.11
M. Gramelli

Italia "amara" per giovani 1 su 5 né studia né lavora

ROMA - In Italia un giovane su cinque non studia, né lavora: i ragazzi "non più inseriti in un percorso scolastico-formativo, ma neppure impegnati in un'attività lavorativa, sono poco più di due milioni, il 21,2% tra i 15-29enni (anno 2009), la quota più elevata a livello europeo". L'Italia si colloca agli ultimi posti in Europa per tasso d'occupazione femminile (46,4%): ha un lavoro meno di una donna su due. E' quanto emerge dal rapporto dell'Istat 'Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo', con riferimento a dati del 2009, in cui si sottolinea come nella Penisola quasi una donna su due né cerca né ha un posto. Il tasso di inattività femminile italiano nel 2009 (48,9%) è così il secondo più alto dell'Ue a 27, inferiore solo a quello di Malta.45% DISOCCUPATI E' IN CERCA DI LAVORO DA OLTRE UN ANNO - "Circa il 45% dei disoccupati è in cerca di lavoro da oltre un anno". L'Italia così registra una tra le quote di disoccupazione di lunga durata (44,4%) più alte nell'Unione europea a 27, con riferimento a dati del 2009.A SUD IRREGOLARE 1 LAVORATORE SU 5, SONO 12% IN ITALIA - "La quota di unità di lavoro irregolari è pari all'11,9%. Nel Mezzogiorno può essere considerato irregolare quasi un lavoratore su cinque; nell'agricoltura circa uno su quattro". E' quanto rende noto l'Istat nel rapporto 'Noi Italia. 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo'. La quota del sommerso, così, si mantiene "abbastanza rilevante", spiega l'Istituto, "confermando il dato del 2007, in lieve calo rispetto al biennio 2005-2006". La Regione con la quota più alta è la Calabria (26,6%), mentre quella con la percentuale più bassa è l'Emilia Romagna (8,5%).QUASI 1 FAMIGLIA SU 3 AVVERTE RISCHIO CRIMINALITA' - "Il 27,1% delle famiglie segnala la presenza di rischio di criminalità nella zona in cui vive". 'Il confronto con i dati relativi al 2009 mostra una diminuzione di oltre due punti percentuali della percezione del rischio di criminalita' su tutto il territorio nazionale", spiega l'Istituto. Ma in alcune Regioni rimane più elevato, in particolare in Campania (40,2%), mentre il dato più basso si registra in Basilicata (5,2%).OGNI FAMIGLIA SPENDE PER SANITA' OLTRE 1.100 EURO ANNO - "Le famiglie italiane nel 2008 hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 21,3%, in calo di quasi tre punti percentuali rispetto al 2001. La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l'1,9% del Pil nazionale e ammonta a 1.178 euro l'anno per famiglia". "La spesa sanitaria pubblica ammonta - fa sapere sempre l'Istat - a oltre 110 miliardi di euro (7,3% del Pil) e supera i 1.800 euro annui per abitante (anno 2009)". L'Istituto, inoltre, sottolinea che "la spesa sanitaria pubblica italiana é molto inferiore a quella di altri importanti paesi europei come Francia e Germania".QUASI META' OVER 24 HA SOLO LICENZA MEDIA - "Circa il 46% della popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni ha conseguito come titolo di studio più elevato soltanto la licenza di scuola media inferiore, valore che - nel contesto europeo - colloca il nostro Paese distante dalla media Ue 27 (27,9% nel 2009)". Notizie migliori, invece, arrivano dal fronte teenager: "I dati relativi al 2009 sul livello delle competenze, derivati dall'indagine Pisa promossa dall'Ocse, mettono in luce - si legge nel dossier dell'Istat - un recupero rispetto al 2006 dello svantaggio degli studenti 15enni italiani in tutte le 'literacy' considerate, con punteggio nelle rispettive scale di valutazione pari a quello medio Ue in lettura, superiore di 9 punti in matematica e inferiore di 8 punti in scienze".AUMENTANO ASILI NIDO, MA MEZZOGIORNO ANCORA IN RITARDO - "Nel 2008, il 51% dei comuni italiani ha attivato almeno un servizio tra asili nido, micronidi o altri servizi integrativi-innovativi per l'infanzia, il 12,6% in più rispetto al 2004". Ma aggiunge che "molte regioni del Mezzogiorno sono ancora lontane dal garantire la diffusione di questa componente essenziale per consentire la conciliazione degli impegni casa-lavoro e favorire l'accesso delle donne al mercato del lavoro".SEMPRE PIU'STRANIERI, MA RITMI DI CRESCITA RALLENTANO - "I cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani all'inizio del 2010 sono oltre 4,2 milioni, il 7% del totale dei residenti. Rispetto al 2001 sono più che triplicati, mentre sono aumentati dell'8,8% tra il 2009 e il 2010, un ritmo di crescita meno sostenuto rispetto agli anni passati". "L'incremento si riduce - spiega l'Istat - in conseguenza di diversi fattori: la crisi economica, l'attenuarsi dell'effetto congiunto dell'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'Unione europea e l'entrata in vigore della nuova normativa sul soggiorno dei cittadini comunitari nei paesi dell'Unione".
tratto da : Ansa.it 19.01.11

Pd dell'Aquila, Mariotti commissario



L'Aquila - Guerra nel Pd, il segretario regionale, Silvio Paolucci, nomina Arnaldo Mariotti commissario del Partito della provincia dell'Aquila; "Bisogna lavorare tutti insieme per valorizzare la grande generosità degli iscritti e degli elettori del Partito democratico della provincia dell'Aquila, che in una condizione d'emergenza hanno consentito al partito di ottenere un buon risultato alle ultime elezioni". "L'Aquila", aggiunge il segretario regionale, "deve tornare ad essere una delle protagoniste della politica e dello sviluppo dell'Abruzzo, e occorre un Pd forte e unito, soprattutto capace di sprigionare le energie".Mariotti, già parlamentare e attualmente presidente della commissione regionale di garanzia del Pd, sarà affiancato in questo ruolo da due vicecommissari: Mimmo Di Benedetto e Americo Di Benedetto. "Occorre aprire una nuova fase – afferma Silvio Paolucci - come responsabilmente ha voluto sollecitare, a nome di tutto il partito, anche il Segretario provinciale Michele Fina. Ad Arnaldo Mariotti e ai due vicecommissari va naturalmente il pieno sostegno di tutto il gruppo dirigente regionale e un sincero augurio di un proficuo lavoro".
Fina nella corsa alla segreteria dovrà vedersela con l'aspirante segretario Ilaria Cacciarelli. Compito del Commissario, come si evince dallo Statuto, sarà ora "riattivare la vita dei circoli e l'iniziativa politica sul territorio anche attraverso la costituzione dei coordinamenti di zona fino allo svolgimento del nuovo congresso che sara' stabilito dalla Direzione regionale, avvalendosi a tal fine del contributo di un organo rappresentativo dei territori che sara' in tempi brevi costituito".


tratto da : Terremarsicane.it

martedì 18 gennaio 2011

DOSSIER ABRUZZO - Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie

Scritto il 19 Dicembre 2010 da admin
CREPE, 6 aprile 2009 ore 3.32 La fine dell’isola felice

L’Aquila e l’intera regione rischiano di precipitare nelle mani della criminalità organizzata e di cricche e comitati d’affari locali e nazionali. Quello che preoccupa è che l’Abruzzo, finora, non ha dato prova di essere attrezzato per fronteggiare fenomeni di questa natura. Fenomeni destinati ad accentuarsi a causa degli affari legati al post terremoto, come testimoniano le inchieste sugli appalti della Protezione civile, dal Consorzio Federico II ai puntellamenti, dai bagni chimici nelle tendopoli agli isolatori sismici del Progetto Case.A parlare per la prima volta di «corruzione endemica», nel gennaio 2010, è il magistrato antimafia Olga Capasso, quando manifesta le sue preoccupazioni per gli appalti per la ricostruzione che stanno per passare agli enti locali. Legami tra politica, amministrazione, mafie, massoneria, cricche e comitati d’affari locali e nazionali.Preoccupano anche le presenze della criminalità organizzata che, nella regione, – è bene ricordarlo – sono precedenti al terremoto. A provarlo diverse inchieste di questi mesi, come ad esempio quelle della procura di Napoli sulla presenza dei casalesi o quella della procura di Reggio Calabria dove emerge un filone che conduce a contatti tra ‘ndrangheta e imprenditori aquilani. E poi i ritiri di alcuni certificati antimafia, come all’impresa Di Marco, il cui titolare era legato agli imprenditori di Tagliacozzo accusati di aver riciclato nella Marsica parte del tesoro di don Vito Ciancimino. Un caso che fa emergere un quadro allarmante sullo stato di penetrazione e sulle reti di relazioni stabilite, ben prima del sisma del 6 aprile, con imprenditori e politici del luogo.Nonostante tutti i segnali, a lasciare interdetti è la perspicacia con cui in questi anni le istituzioni e le forze politiche locali hanno negato – e in molti continuano a negare – il fenomeno, preferendo coltivare il sogno di Abruzzo isola felice. Questo atteggiamento è ancora più marcato in provincia dell’Aquila: forse non è un caso che quasi tutte le inchieste legate al terremoto siano state avviate da procure di fuori provincia, dalle segnalazioni del pool antimafia creato dalla DNA pochi giorni dopo il sisma oppure sono partite in seguito a inchieste giornalistiche. Poche le denunce di cittadini.Nell’ultimo anno, a L’Aquila e in Abruzzo, quando si discute sugli argomenti più vari, gli interlocutori si trovano spesso a distinguere tra il “prima del terremoto” e il “dopo il terremoto”. Il sisma del 6 aprile rappresenta, in maniera consapevole o no, un evento traumatico che ha segnato e segnerà la storia della regione per i prossimi decenni. E segnerà in maniera marcata anche la storia criminale e del malaffare.Così, anche in questo dossier, ci ritroviamo a fare questa distinzione: Prima del 6 aprile e Dopo il 6 aprile. Perché la scossa che alle 3.32 ha devastato l’Aquila non ha prodotto solo lutti e macerie. Ha spazzato via anche quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di Abruzzo isola felice. E già nella prima emergenza e nei primi mesi del post terremoto, è emerso chiaramente che la regione è impreparata e disarmata per affrontare i nuovi rischi che gli si pongono davanti. La storia delle infiltrazioni criminali, delle cricche, dei comitati d’affari e della corruzione nel terremoto dell’Aquila sarà lunga ed è ancora tutta da scrivere.Una cosa però è già chiara: il territorio sarà investito da ulteriori assalti che non possono più essere affrontati solo come un problema di polizia. La situazione è talmente grave che la società civile – sindacati, partiti, organi d’informazione, associazioni di categoria e di volontariato, parrocchie, singoli cittadini – dovrà decidersi a scendere in campo e concertare un’azione comune.Come Libera, associazione nomi e numeri contro le mafie, pensiamo che per meglio comprendere quale sia la posta in gioco tra le montagne dell’Abruzzo interno, può essere utile descrivere lo scenario, fissare alcuni punti fermi, analizzare gli episodi emblematici, sensibilizzare la popolazione. Questo dossier, realizzato con il contributo e l’impegno del presidio Libera L’Aquila, è un primo passo in questa direzione.
tratto da : Site.it
File pdf del Dossier di Libera sull’Abruzzo CLICCA QUI

lunedì 10 gennaio 2011

Borghezio attacca i terremotati



ROMA - "Questa parte del Paese non cambia mai, l'Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud. C'è bisogno di uno scatto di dignità degli abruzzesi. E' sano realismo padano". E' quanto dice l'esponente leghista Mario Borghezio consegna al programma televisivo in onda su You Tube KlausCondicio. "Il comportamento di molte parti delle zone terremotate dell'Abruzzo è stato singolare, abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate. Eccezioni ci sono dappertutto, ma complessivamente è stata un pò una riedizione rivista e corretta dell'Irpinia: prevale sempre l'attesa degli aiuti, non ci sono importanti iniziative autonome di ripresa. Si attende sempre che arrivi qualcosa dall'alto, nonostante dall'alto arrivi molto. Mi domando quale sarebbe stata la reazione degli abruzzesi nei confronti di un comportamento 'risparmioso' da parte dello Stato, con l'invio di aiuti a gocce come è per i veneti; questo - conclude - fa solo aumentare il senso di disaffezione dei veneti verso lo Stato centralista, credo che siamo ormai giunti ad un punto di rottura".

martedì 4 gennaio 2011

Strada dei Parchi è solo di Toto

La società abruzzese che gestisce A 24 e A 25 acquista la quota di Autostrade per l’Italia
L’ACCORDO L’importo dell’affare è di 89 milioni di euro «Acquisizione in un settore strategico» GIULIANO DI TANNA

PESCARA. La società teatina Toto Costruzioni Generali spa ha firmato un accordo con Autostrade per l’Italia spa per l’acquisizione della partecipazione, pari al 60% del capitale sociale, detenuta in Strada dei Parchi spa, società titolare della concessione delle autostrade A24 Roma-L’Aquila-Teramo e A25 Torano-Pescara. Con tale acquisizione la società Toto, che ha sede a Chieti, assumerà il controllo del 100% del capitale azionario di Strada dei Parchi. Il controvalore per la cessione ammonta a 89 milioni di euro. Il trasferimento delle azioni, fa sapere la Toto in una sua nota, è subordinato a tre condizioni: «1) alla positiva conclusione da parte dell’Anas dell’iter previsto nella Convenzione unica di Strada dei Parchi spa per il cambio di controllo della partecipazione; 2) alla sottoscrizione e prima erogazione del project finance, in corso di finalizzazione, a favore di Strada dei Parchi per la copertura degli investimenti previsti in concessione; 3) all’ottenimento del nulla osta da parte dell’autorità Antitrust». «Le due tratte autostradali», spiega la società abruzzese, «rappresentano un sistema di collegamento strategico tra la dorsale tirrenica e quella adriatica della penisola, attraversando il tratto appenninico e il traforo del Gran Sasso». Le tratte collegano tra loro le province di Roma, L’Aquila, Teramo e Pescara, interessando così una popolazione di oltre 3 milioni di abitanti. La lunghezza totale della rete è di km 281,4. Sull’intera rete autostradale di Strada dei Parchi transitano mediamente più di 150.000 veicoli al giorno. La società Strada dei Parchi stima di chiudere il bilancio 2010 con un valore della produzione pari in totale a circa 156 milioni di euro. Il numero dei suoi dipendenti è di circa 520 unità. La durata della concessione è fino a tutto il 31 dicembre 2030. In base al contratto di concessione, entrato in vigore nel novembre 2010, Strada dei Parchi spa dovrà effettuare nuovi investimenti e interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il gruppo Toto, esaurita la vicenda AirOne, la compagnia aerea assorbita, nel 2009, dalla nuova Alitalia (di cui Toto conserva il 5 per cento del capitale), sta rifocalizzando il suo interesse sulle concessioni stradali. Per questo, in questi mesi, sta partecipando a gare per costruire e gestire superstrade e autostrade, tra queste la Ferrara mare (la gara è stata espletata e si aspetta l’esito) la Telesina in provincia di Benevento, la Pontina, il porto di Ancona e Strada Ragusana. Fra gli investimenti più importanti vi è la costruzione dell’asse di penetrazione urbana della A24 nella città di Roma, denominato «complanari», che si estende tra via Palmiro Togliatti e la Barriera di Roma-Est (valore dell’opera: circa 250 milioni di euro). Nel periodo compreso tra il 2003 e il 2008, fa sapere Strada dei Parchi, «la tratta autostradale in concessione ha fatto registrare un aumento del traffico doppio (2% contro l’1%) rispetto all’intera rete autostradale italiana». «Gli impegni formali che Strada dei Parchi ha ottenuto finora dalle banche coinvolte nel processo di sindacazione del finanziamento, in corso di finalizzazione, coprono già», comunica, infine, la società teatina, «interamente i fabbisogni finanziari della società».

tratto da : Il Centro.it