Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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mercoledì 25 febbraio 2009

L'abc del decreto Milleproroghe

di Claudio Tucci

Slitta al 31 marzo 2009 il termine per l'emanazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri che fissa i termini entro i quali versare la parte di acconto Ires e Irap non corrisposta in seguito alla riduzione di 3 punti percentuali prevista dal decreto legge anticrisi di fine anno. Disposta, anche, la proroga di un anno per la regionalizzazione dell'Irap. Con il milleproroghe, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2008, arrivano anche proroghe in tema di sicurezza lavoro: proroga al 16 maggio 2009 dei termini di applicazione sia della norma relativa alla comunicazione degli infortuni sul lavoro di durata superiore al giorno sia di quella riferita alla valutazione dei rischi da lavoro. Sul fronte della privacy stretta per fronteggiare gravi fatti criminosi di acquisizione e diffusione illecita di dati personali, specie se contenuti in banche dati di grandi dimensioni e di particolare rilevanza. Slitta di altri 6 mesi (30 giugno 2009) l'entrata un vigore della class action, viene posticipato al 31 dicembre 2009 il termine per consentire l'accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni unicamente tramite carta d'identità elettronica e carta nazionale dei servizi. Prorogato, poi, al 1° gennaio 2010 il divieto per i titolari di patente B, per il primo anno di rilascio, di guidare veicoli particolarmente potenti (e pericolosi). Tra i tanti rinvii contenuti nel decreto legge milleproroghe spicca, anche, la proroga dei termini entro cui effettuare le assunzioni di personale pubblico già previste per l'anno 2008 sia per quanto riguarda gli "stabilizzati" sia di nuovi impiegati. Unico limite: che le amministrazioni abbiano rispettato le misure di razionalizzazione e riduzione degli organici. Riaperto, poi, il cinque per mille agli enti del terzo settore esclusi dalla ripartizione dei fondi del 2006 e del 2007 per aver commesso errori formali nelle domande di iscrizione agli elenchi. Ora ci sarà tempo fino al 2 febbraio 2009 per integrare le istanze. E per attenuare gli effetti della grave crisi economica in atto, prorogato di 30 giorni il termine per il pagamento delle multe irrogate dall'Authority nell'anno 2008. Per aprire esercizi pubblici di telefonia e internet resta obbligatoria, anche per tutto il 2009, la licenza da richiedere al questore. Nessuna licenza, invece, nel caso di sola installazione di telefoni pubblici a pagamento, abilitati esclusivamente alla telefonia vocale. Attese, invece, fino al 31 marzo 2009, per militari e civili ammalati di tumore per l'esposizione e l'utilizzo di materiale radioattivo per veder riconosciuti, da un regolamento, i loro diritti. Ecco, nel dettaglio, articolo per articolo, l'abc del decreto legge milleproroghe.

Accesso on line ai servizi della pubblica amministrazione (articoli 3 e 42, comma 1). Slitta al 31 dicembre 2009 il termine a decorrere dal quale è consentito l'accesso ai servizi in rete delle amministrazioni pubbliche unicamente tramite carta d'identità elettronica e carta nazionale dei servizi, restando precluso ogni altro diverso accesso.

Adempimenti fiscali (articolo 42, commi 2, 3 e 4). Prorogati i termini di entrata in vigore delle nuove modalità di trasmissione mensile delle retribuzioni corrisposte e delle ritenute operate, che stabiliscono l'unificazione del flusso mensile, da parte dei sostituti d'imposta, dei dati rilevanti ai fini fiscali e previdenziali. Previste, inoltre, proroghe alla disciplina del prelievo erariale unico e dell'imposta sugli intrattenimenti relativa agli apparecchi da divertimento e intrattenimento, con particolare riferimento agli assetti relativi alla riscossione del tributo stesso per l'anno 2006.

Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (articolo 20). Slitta al 30 giugno 2009 il termine per l'attuazione del piano di riordino e di dismissione alle regioni delle società regionali dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.

Adeguamento Irap e tasse automobilistiche regionali (articolo 2). In vista del graduale passaggio al nuovo sistema di federalismo fiscale e per evitare un vuoto legislativo, prorogata fino al periodo d'imposta che si conclude al 31 dicembre 2010, l'efficacia delle disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica e di Irap emanate dalle regioni, anche, eventualmente, in modo non conforme ai poteri a esse attribuiti in materia dalla normativa statale.

Aree balneabili (articolo 30). CONTINUA ...»

Aricolo tratto da Il Sole 24 ore

Una centrale elettrica ad aquiloni l'ultima sfida all'energia nucleare


Obiettivo del progetto italiano KiteGen è produrre quanto un generatore atomico
Con 200 aquiloni su un anello ruotante si avrebbe una potenza di mille megawatt

CHIERI (Torino) - Se avete mai usato un aquilone, avete sentito quanto il vento tira sulle mani. Più è grande, più tira. Come vi spiegherà qualsiasi amante di kite surfing, possono far volare anche gli uomini. "Anzi - dice Massimo Ippolito, kite surfer per hobby - li costruiscono inefficienti apposta, altrimenti ti porterebbero via". Più in alto arrivano, più forte tirano.

A questo punto non è più un gioco per bambini e neanche uno sport. E' un'occasione: le forze, in natura, non si sprecano. Soprattutto, se si possono usare per generare elettricità. Forse ci voleva l'incontro fra un kite surfer come Ippolito e un appassionato di vela, come Mario Milanese, docente al Politecnico di Torino, perché scattasse l'idea di rivoluzionare dalle fondamenta il modo di produrre energia eolica.

Il fatto che il primo abbia un'azienda di sistemi automatizzati e il secondo insegni Controlli automatici all'università ha solo fornito gli strumenti per dare la scalata ad un obiettivo, a prima vista, impossibile: produrre tanta energia elettrica quanto una centrale nucleare, solo grazie al vento. Partendo non dalle gigantesche eliche delle turbine che ormai si costruiscono un po' dappertutto, ma dagli aquiloni dei bambini.

KiteGen, come si chiama il progetto a cui lavorano Milanese ed Ippolito, non è l'unico nel mondo a puntare in questa direzione, ma è anche uno dei rarissimi casi in cui l'Italia, che le energie rinnovabili, normalmente, si limita a comprarle, è alla frontiera della ricerca. All'idea del vento dagli aquiloni lavorano anche, infatti, almeno altri due gruppi, in Olanda e in California.

E' una guerra di brevetti. Perché, se gli esperimenti confermeranno le prime verifiche e i primi risultati dei prototipi, è come mettere le mani su una sorta di pietra filosofale, capace di scavalcare le debolezze più vistose dell'energia eolica e, in generale, delle energie alternative: costose, si dice, ingombranti, incostanti, troppo poco potenti. Dalla parte degli aquilonisti, c'è, anzitutto, il vento. Quanto forte soffia, per cominciare.

A 80 metri di altitudine (l'altezza normale di una turbina) il vento spira, in media, nel mondo, a 4,6 metri al secondo, un po' più di 16 chilometri l'ora. E' un primo problema. Sotto i 4 metri al secondo, infatti, le turbine, normalmente, vengono spente, perché diventano antieconomiche. Il Texas occidentale - dove l'Enel ha appena varato una centrale eolica con 21 turbine - è un'area ricercatissima, perché il vento soffia in media a 7-8 metri al secondo (un po' meno di 30 chilometri l'ora), che viene definita una velocità ottimale. Ora, a 800 metri di altitudine, il vento soffia, in media, nel mondo, a 7,2 metri al secondo. La velocità ottimale. E un parametro cruciale, perché, spiegano i manuali di fisica, l'energia che si può ottenere dal vento aumenta in modo esponenziale con la sua velocità. "A mille metri di altezza - dice Milanese - l'energia che puoi ottenere è otto volte quella disponibile a livello del suolo".

Il secondo problema del vento è che, in molti posti, non c'è sempre o, semplicemente non ce n'è. A De Bilt, in Olanda, che è un posto ventoso, le turbine funzionano 3 mila ore l'anno, in pratica un giorno su tre. A Linate, nessuno installa turbine, perché il vento è zero. Ma chi l'ha detto che la pianura padana è senza vento? Basta andare a 800 metri d'altezza: c'è vento per 3 mila ore l'anno, quanto a De Bilt per le turbine. E, nel cielo sopra De Bilt, si arriva a 6.500 ore, più di due giorni su tre. A Cagliari, si passa da 2.800 a 5 mila ore. Di vento, insomma, ce n'è molto di più di quanto si possa pensare sulla base dell'industria eolica attuale. Ma come catturarlo? "Con lo yo-yo" rispondono Milanese e Ippolito: un aquilone che sale e scende nel cielo.

In un capannone di Chieri, alle porte di Torino, l'aquilone elettrico dispiegato non è altro che un normale kite per il surfing. Assicurato a due leggeri cavi, da 3 millimetri di diametro, lunghi 800 metri, l'aquilone si libra in volo, sostenuto dal vento. Srotolandosi, i cavi fanno girare due cilindri ed è questa movimento che genera energia, come si carica una dinamo. Ma questa è la parte più facile. Da buon velista, Milanese spiega che una barca con il vento in poppa va meno veloce di una barca che lo prenda ad angolo acuto.

In termini scientifici, la potenza generabile dall'aquilone aumenta in funzione della velocità con cui si muove rispetto al vento. La parte importante del KiteGen è, infatti, il sistema di navigazione. Dei piccoli sensori, con rilevatori Gps, sono fissati sull'aquilone e collegati con un computer a terra che gestisce la navigazione dell'aquilone: un software manovra piccole trazioni sui cavi per assicurare che il kite proceda tracciando vorticosi 8 nel cielo. Grazie a queste scivolate d'ala, l'aquilone aumenta il suo differenziale di velocità rispetto al vento e, dunque, la potenza elettrica generabile. In pratica, l'aquilone si comporta come la striscia più esterna dell'elica di una turbina, senza dover far girare complicati ingranaggi: "Di fatto - dice Milanese - prendiamo la parte migliore di una turbina a vento e la mettiamo dove il vento è più forte".

Quando il cavo è tirato al massimo, l'aquilone non genera più elettricità. Uno dei due cavi viene mollato, l'aquilone si impenna, non offre più resistenza al vento e viene riabbassato: "Per recuperarlo, consumiamo il 15% dell'energia generata in ascesa". Il passo successivo è immaginare una serie di questi yo-yo che funzionano insieme. "Basterebbe tenerli distanti 70-80 metri l'uno dall'altro - dice Milanese - mentre le turbine devono essere separate da più di 300 metri". Questo significa che, invece di avere decine e decine di torri eoliche ad ingombrare il paesaggio, per generare la stessa quantità di energia basterebbero alti e invisibili aquiloni che, a terra, non occuperebbero più spazio di una normale centrale elettrica.

Tutto questo, comunque, per ora è sulla carta. KiteGen, finora, ha solo fatto volare il prototipo, generando, in tutto 2,5 kilowatt. "Ma - assicura Milanese - il prototipo ha rispettato le simulazioni del computer e questo ci rende fiduciosi sul fatto che anche le altre simulazioni siano realistiche". E questo spinge Milanese a pensare in grande. Ad esempio, ad un altro attrezzo per bambini: una giostra. Se si montassero 200 aquiloni su un anello, che la forza del vento fa ruotare, questo movimento potrebbe generare energia con una potenza di 1.000 megawatt, quanto una media centrale nucleare. Occupando, sul terreno, non più di un cerchio del diametro di 1.500 metri. Al costo, calcola Milanese, di 5-600 milioni di euro, un sesto di quanto costi, oggi, una centrale atomica. L'energia prodotta dalla giostra KiteGen sarebbe, infatti, più intermittente di quella nucleare, ma anche assai meno cara. Se la scala fosse davvero di mille megawatt, un kilowattora, secondo i calcoli di Milanese, costerebbe solo un centesimo di euro, un terzo di quanto costa, oggi, l'energia più economica, il carbone. Tutto così semplice? Con le energie alternative, sognare sulla carta è facile. Il responso finale, poi, come direbbe il vecchio Dylan, "soffia nel vento".

Tratto da : La Repubblica (11 giugno 2008)

«Altri fondi per la scuola di Capistrello» Appello del partito democratico al commissario prefettizio


CAPISTRELLO.
Il progetto per la messa in sicurezza della scuola media Sabin ha bisogno di altri fondi oltre a quelli già erogati dalla Regione. Il gruppo del partito democratico locale chiede al commissario Franca Ferraro di inserire nel bilancio che sta approntando, la quota mancante. La Regione Abruzzo ha destinato 154.000 euro al comune di Capistrello per le opere di adeguamento e per la messa in sicurezza della scuola media, ma i lavori previsti ammontano a 240.000 euro. Il circolo del Partito Democratico di Capistrello, visto il delicato lavoro che il commissario sta portando avanti nella sua gestione, e soprattutto per l’importanza di questi interventi, lancia un appello affinchè gli 86.000 euro siano finanziati al più presto dal Comune.
«Vogliamo porre all’attenzione del commissario Ferraro la questione dei fondi destinati all’edilizia scolastica» si legge in una nota del Pd «si dovrebbe rendere possibile al più presto l’avvio di tutta la procedura tecnico-amministrativa per rispettare i tempi piuttosto stretti previsti dalla legge che fissa al 31 dicembre 2009 i termini per il completamento delle suddette opere ai sensi della proroga concessa agli Enti Locali con deliberazione regionale del 17 marzo 2008». (e.b.)

Tratto da : Il Centro 25.02.09

sabato 21 febbraio 2009




Clicca qui per rivedere gli interventi all'assemblea
Nazionale del PD

giovedì 19 febbraio 2009

Patto per la sicurezza: Opere per l’adeguamento la messa in sicurezza di edifici scolastici



Il Circolo del Partito Democratico di Capistrello esprime notevole apprezzamento per il delicato lavoro che il commissario Franca Ferraro sta svolgendo e porta alla sua attenzione la questione dei fondi destinati all’edilizia scolastica, più in particolare, quelli relativi alle opere per l’adeguamento e la messa in sicurezza degli edifici scolastici.
La Regione Abruzzo ha destinato 154.000,00 euro circa al comune di Capistrello per le opere di adeguamento e per la messa in sicurezza della Scuola Media Sabin, opere che da progetto, ammontano complessivamente a 240.000,00 euro.
A tal proposito, comunica attraverso una nota il PD, sarebbe auspicabile che la quota parte di 86.000,00 euro circa a carico del comune, fossero appostati nel bilancio che il commissario sta approntando.
Il PD di Capistrello lancia un appello alla sensibilità della dott.ssa Ferraro, sensibilità già dimostrata in altre circostanze, affinché si renda possibile l’avvio di tutta la procedura tecnico-amministrativa per rispettare i tempi stringenti previsti dalla legge che fissa al 31/12/2009 i termini per il completamento delle sudette opere ai sensi della proroga concessa agli Enti Locali con deliberazione regionale n° 206 del 17/03/2008.

Morte e Venezia

Come ebbe a dire Aldo Moro “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi.”

L’amara verità è che questa politica, è lontana anni luce dalla gente, è una politica spoliticata fatta di personaggi che vogliono cadere sempre in piedi e che si credono più furbi di tutti. E' vero c'è tanta brava gente in giro che potrebbe mettere le proprie capacità e le proprie professionalità a servizio di tutti, - ma LEI - la politica non li vuole non servono. Perché come mi dice un mio amico, alla politica non servono le "anime belle" , la politica ha bisogno di gente capace di tutto di gente cinica e spregiudicata, che abbia pelo sullo stomaco,e allora.... continuaimo così ...Auguri

Con piacere pubblichiamo le riflessioni dell'amico Mario

Augusto Bisegna


Ieri sera, parlando fino a notte fonda con alcuni amici su Skype, fra le altre cose abbiamo commentato in diretta i risultati che man mano pervenivano dallo spoglio della consultazione elettorale in Sardegna. Quando ho chiuso la comunicazione con loro, nonostante fosse molto tardi, il senso di sconforto non mi faceva dormire e così sono andato su una mailing list che abbiamo creato qualche anno fa con vecchi amici conosciuti nei primi anni '90 su Agorà Telematica, il mio primo provider. Dopo letto i primi commenti inseriti sull'esito delle elezioni in Sardegna, ne ho aggiunto uno anche io ma, separatamente e solo ad alcuni isciritti alla lista, ho inviato questa mail che giro a tutti voi in indirizzo.

Saluti cari

Mario

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Morte e Venezia

Thomas Mann non c'entra, sto parlando del Partito Democratico. La morte esige rispetto, specialmente il suicidio. Per questo scrivo in posta privata, solo ad alcuni cari vecchi amici Agoriani iscritti alla mailing list. Il fatto grave è che con i Democratici muore l'ennesimo tentativo di rendere meno ipocrita e repellente la politica italiana. Il fatto è grave perché segna un'ulteriore sconfitta che indebolisce ancora di più la fragile coscienza democratica italiana. Il fatto è grave, perché corrobora e giustifica l'opinione, già largamente diffusa, che la democrazia sia un'utopia poco praticabile o addirittura una dannosa forma di governo. La sconfitta di Soru in Sardegna è solo un sintomo di questa malattia, di questa debolezza organica, di questa senescenza.

Tuttavia, voglio partire da questo sintomo per ribadire un male endemico che già altre volte insieme abbiamo provato ad analizzare (ricorderete, immagino, il mio post dello scorso anno nel quale prendevo spunto dal libro "Elite e classi dirigenti in Italia" di Carlo Carboni, per avviare una riflessione sulla degenerazione, in termini di qualità, della classe politica italiana).

Cari miei, dobbiamo cominciare a dirlo in modo chiaro, lontano da echi populistici, "dipietristi" o da facili approcci qualunquistici nei confronti della "casta" – e, piccola digressione per rispondere a Mattia, continuo sempre a chiedermi perché in Italia il libro "La casta" sia diventato un best seller, mentre, dello stesso autore, non abbia avuto eguale successo "L'orda" sull'emigrazione degli italiani -, dobbiamo affermare con forza, senza girarci intorno, che a molti dirigenti del PD, non interessa affatto fondare la propria azione politica sul concetto di "servizio" reso ai cittadini, anche a costo di decisioni impopolari. Ricordiamoci che Soru, si è dimesso, come mai accaduto prima nella storia italiana, perché una parte della sua coalizione non voleva una legge regionale di maggiore tutela delle già martoriate coste sarde. E non lo voleva, perché questa parte è legata agli interessi dei costruttori più retrivi, trasversalmente agli stessi interessi che difende Berlusconi e chi lo rappresenta nell'Isola. Ma d'altronde, ad una parte consistente dei dirigenti del PD, chi glie lo fa fare a dare spazio in politica a persone come Soru? Il piano di lavoro di queste persone (niente affatto dissimili dai loro colleghi del PDL), fondamentalmente è un altro: devono cercare consenso, acquistare meriti nello loro fazioni, combattere i nemici, sgomitare con gli amici, sgambettare i concorrenti. La selezione del personale politico all'interno del PD è, in queste condizioni, al pari dell'altro schieramento, una selezione al contrario: emergono solo i peggiori, solo chi è dotato di pelo sullo stomaco, di cinismo, di doppiezza può sopravvivere. E la cosa assume contorni perfino grotteschi, quando questo atteggiamento di fondo viene addirittura mascherato dietro la "complessità" della politica, che altri poveri coglioni (spesso più capaci, colti e seri di loro) non sarebbero in grado di comprendere!

Il centro del problema è questo, è non è sufficiente affermare (come ho letto in qualche post questi ultimi giorni) che "dobbiamo prendere atto del fatto che ormai più della metà degli italiani è in linea con il Grande Fratello". Ciò è senz'altro vero, Ermanno Olmi lo scorso anno su La Repubblica aveva avviato una riflessione importante sugli aspetti del degrado "epocale" che stiamo vivendo a tutto tondo, ma non è sufficiente e, soprattutto, rischia di portare all'immobilismo di una "presa d'atto" e nascondere le pesanti responsabilità di quasi un'intera classe politica ora all'opposizione. Sia a livello nazionale, regionale e locale…e non si risolverà cambiando l'alleato (dall'IDV all'UDC), perché il modo di agire cinico e spregiudicato resterà invariato. La conquista di un elettorato "di centro" e moderato, sarà solo l'ennesimo escamotage per continuare sulla strada del consenso autoreferenziale, diverso da un consenso elettorale, pur indispensabile, fondato su principi diametralmente opposti a quelli che attualmente ispirano gran parte dei dirigenti del PD.

Concludo questa breve riflessione, ricordando un altro aspetto che riguarda la profonda crisi economica che l'Occidente sta attraversando e con esso l'Italia: a novembre dello scorso anno, parlando con un deputato amico di Roma eletto nelle liste del PD, si rifletteva sul ruolo degli stati nazionali nell'era della globalizzazione (il riferimento era Habermas), ho provato a dire che, senza sposare culture anticapitalistiche, sarebbe ora di riprendere atto che i valori capitalistici, pur se fortemente propulsivi per lo sviluppo materiale del sistema, sono, allo stato puro, socialmente disgreganti. Che devono necessariamente integrarsi in un sistema fondato su valori superiori di solidarietà sociale e che questo ruolo, nonostante il venir meno della sovranità degli stati nazionali a livello globale, può ancora essere svolto recuperando una concezione autenticamente democratica e costituzionale, di quello che appunto Habermas definisce nella sua teoria dellì'agire comunicativo rapportandolo alla "sfera pubblica".

Non l'avessi mai detto! Mi ha dato del retrò, "anima bella" e lontano anni luce dalla realtà. Ci ho riflettuto a distanza di giorni e ho pensato che la sua risposta non poteva essere diversa, perché ormai è talmente intriso anche lui di una mentalità e un atteggiamento "in linea con l'evoluzione oggettiva dei tempi che viviamo", che qualsiasi idea che esuli dalla sua visione "allineata", è destinata a restare fuori in quanto utopica. Proprio come Soru.

Scusate il disturbo, non lo farò più, per un po' mene starò tranquillo e zitto :-)



Mario Lusi



La resposabilità dei riformisti



IL PARTITO democratico è senza un Capo, nel momento in cui Berlusconi si riconferma leader incontrastato della destra, anzi padrone del Paese, che tiene ormai in mano come una "cosa" di sua proprietà, tra gli applausi degli italiani. Il risultato della Sardegna era atteso come un test nazionale e ha funzionato proprio in questo senso, rivelando la presa sul Paese di questa destra, che vince anche mentre attacca il Capo dello Stato, rinnega la Costituzione, offre un patto al ribasso alla Chiesa e non riesce ad affrontare la crisi economica. L' Italia sta con Berlusconi. E come conseguenza, il Pd va in frantumi. L' uscita di scena di Walter Veltroni mentre tutti i capipartito ieri gli chiedevano di restare è un gesto inusuale in un Paese di finti abbandoni, di dimissioni annunciate, di mandati "messi a disposizione": talmente inusuale che può persino essere seme di una nuova politica, dove finiscono le tutele, gli scambi, le garanzie reciproche di una "classe eterna" che si autoperpetua. Ma quelle dimissioni erano ormai obbligatorie. Il Pd trascinava se stesso nel deserto della sinistra giocando di rimessa in un' agenda politica imposta da Berlusconi, prigioniero di un senso comune altrui che non riusciva a spezzare. Il segretario - il primo segretario di un nuovo partito, dunque in qualche modo il fondatore - ha detto in questi mesi cose anche ragionevoli e giuste. Ma non è mai riuscito a spezzare l' onda alta del pensiero dominante, anche quando le idee della destra arrancavano davanti alla realtà, diventavano inadeguate, non riuscivano a mordere la crisi economica. Il problema vero è che non c' è stato un altro pensiero in campo oltre a quello della destra, un pensiero lungo, riformista, moderno, occidentale, di una sinistra risolta che con spirito nazionale e costituzionale sappia parlare all' intero Paese, cambiandolo. Di questa insufficienza, la responsabilità è certo di Veltroni, ma la colpa è dell' intero gruppo dirigente che oggi si trova nudo ed esposto dalle dimissioni del segretario, e palesemente non sa che pesci pigliare. Dev' essere ben chiaro, infatti, che se Veltroni paga, com' è giusto, nessuno trai molti sedicenti leader del Pd può considerarsi assolto, per due ragioni ben evidenti a tutti gli elettori. La prima, è nel gioco continuo di delegittimazione e di interdizione nei confronti di Veltroni, come se il Pd fosse riuscito nel miracolo di importare al suo interno tutti i veleni intestini e i cannibalismi con cui la destra di Dini e Mastella da un lato e la sinistra di Bertinotti e Pecoraro dall' altro avevano prima logorato e poi ucciso il governo Prodi. Con Berlusconi non solo leader ma egemone di una destra ridotta a pensiero unico, i Democratici hanno parlato sempre con mille voci che volevano via via affermare vecchie autorità declinanti e nuove identità incerte, e finivano soltanto per confondersi, imprigionando il leader e impaurendolo. La sintesi paralizzante di tutto questo è la guerra tra Veltroni e D' Alema, che nel disinteresse totale degli elettori litigano da quattro partiti (pci, pds, ds e pd), mentre nel frattempo il mondo ha fatto un giro, è nato Google, ci sono stati cinque presidenti americani e l' Inter è tornata a vincere lo scudetto. La seconda ragione è nell' incapacità del gruppo dirigente nel suo insieme di produrre una chiara cultura politica di riferimento per gli elettori, la struttura di idee di una moderna forza di progresso, la definizione di che cosa deve essere il riformismo italiano oggi. Il deficit culturale è direttamente un deficit politico. Perché come dimostra il caso Englaro le idee oggi predeterminano le scelte politiche, soprattutto in partiti che sono nati appena ieri, e dunque non hanno un portato storico, una cultura di riferimento elaborata negli anni, una struttura di pensiero a cui potersi appoggiare. Ridotto a prassi, il Pd non poteva che appiccicare le sue figurine casuali nell' album di Berlusconi, dove la prassi sostituisce la politica, l' energia prende il posto della cultura, la figura stessa del leader è il messaggio e persino il suo contesto. Ecco perché il deficit culturale diventa oggi deficit di leadership. Il progetto del Pd è rimasto un grande orizzonte annunciato: il superamento del Novecento, la fine della stagione grigia e troppo lunga del post-comunismo, l' approdo costituente e definitivo della cultura popolare irriducibile al berlusconismo, anche dopo la crisi evidente del cattolicesimo democratico, la speranza di crescita di una sinistra di governo, che coniughi finalmente davanti al Paese la rappresentanza e la responsabilità, la difesa della Costituzione e dello Stato di diritto e il cambiamento di un Paese immobile, la rottura delle sue incrostazioni e delle troppe rendite di posizione. Per fare questo serviva un partito forte ma disarmato, nuovo in quanto scalabile, aperto perché contendibile, e tuttavia presente sul territorio, nell' Italia dei comuni, in mezzo ai cittadini. Un partito forte della serenità delle sue scelte. Ci vuol tanto a spiegare che la sinistra è in ritardo nella percezione dell' insicurezza, e tuttavia è una mistificazione sostenere che questa è la prima emergenza del Paese, una mistificazione che mette in gioco la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri? È davvero così difficile sostenere che credenti e non credenti hanno a pari titolo la loro casa nel Pd, ma il partito ha tra le sue regole di fondo la separazione tra Stato e Chiesa, tra la legge del Creatore e la legge delle creature? Soprattutto, è un tabù pronunciare la parola sinistra nel Partito democratico, pur sapendo bene che socio fondatore è la Margherita, con la sua storia? Quando ciò che è al governo è "destra realizzata", anzi destra al cubo, con tre partiti tutti post-costituzionali e l' espulsione dell' anima cattolica dell' Udc, come può ciò che si oppone a tutto questo non definirsi sinistra, naturalmente del nuovo secolo, risolta, europea e riformista? Molte volte il Pd non sa cosa dire perché non sa cos' è. È stato certo una speranza, per i milioni delle primarie, per quel 33,4 per cento che l' ha votato alle politiche, segnando nelle sconfitte con Berlusconi il risultato più alto nella storia del riformismo italiano. Oggi quella speranza è in buona parte delusa e prende la via di una secessione silenziosa, cittadini che si disconnettono dal discorso pubblico, attraversano una linea che li porta in qualche modo nella clandestinità politica, convinti di poter conservare individualmente una loro identità di sinistra fuori dal "campo", pensando così di punire un intero gruppo dirigente che giudicano colpevole di aver risuscitato qualche illusione, e poi di averla tradita. Ma come dimostra il risultato di Soru, il migliore tra i possibili candidati in Sardegna, senza l' acqua della politica non si galleggia. Non è il momento della secessione individuale, della solitudine di sinistra. Berlusconi dopo il trionfo personale in Sardegna può permettersi di aggiornare la sua strategia, rinviando la scalata al Quirinale, che farà, ma più tardi. Oggi può provare a prendere ciò che gli manca dell' Italia. Napoli, la Campania. Poi portare la sfida direttamente nel cuore della sinistra del Novecento, a Bologna. Quindi pensare a Torino, magari a Firenze. Chiudere il cerchio. Per poi finalmente pensare ai giornali. Il Pd in questi mesi si è certamente opposto al governo Berlusconi, e anche a suoi singoli provvedimenti. Ma a me ha dato l' impressione di non avere l' esatta percezione della posta in gioco, che non si contende, oggi, con il normale contrasto parlamentare e televisivo di una destra normale. Qui c' è in campo qualcosa di particolare, l' esperimento di un moderno populismo europeo che coltiva in pubblico la sua anomalia sottraendosi alle leggi, sfidando le istituzioni di controllo, proponendosi come sovraordinato rispetto agli altri poteri dello Stato in nome di un rapporto mistico e sacro con gli elettori. Un' anomalia vittoriosa, che ha saputo conquistarsi il consenso di quasi tutti i media, che ha indotto un riflesso di "sazietà democratica" anche a sinistra ("il conflitto di interessi esiste ma basta, non ne posso più") che ha reso la sinistra e il Pd incapace di pronunciare il suo nome mentre non sa pronunciare il nome del suo leader: e che quindi proprio oggi, per tutte queste ragioni, può chiedere apertamente di essere "costituzionalizzata", proponendo di fatto all' intero sistema politico, istituzionale e costituzionale italiano di farsi berlusconiano. Se questa è la partita - e con ogni evidenza lo è - dovrebbero discendere comportamenti politici e scelte all' altezza della sfida. E persino del pericolo, per una sinistra di governo. Dunque il Pd, se vuole continuare ad esistere - cominciare davvero ad esistere: il partito non ha nemmeno ancora un tesseramento - deve capitalizzare le dimissioni di Veltroni, come la spia di un punto d' allarme a cui è giunto il partito, ma anche come un investimento di generosità. Deve restituire infine un nome alle cose, leggendo Berlusconi per ciò che è, un potere anomalo e vincente, che tuttavia può essere battuto, come ha fatto per due volte Prodi. La situazione è eccezionale, non fosse altro per la crisi gravissima della sinistra davanti al trionfo della destra. Si adottino misure d' eccezione. Capisco che è più comodo prendere tempo, studiarsi, far decantare le cose, misurare i pericoli di scissione, cercare una soluzione di transizione. Ma io penso che serva subito una soluzione forte e vera, la scelta di un leader per oggi e per domani o attraverso un congresso anticipato o attraverso le primarie. È in gioco la stessa idea del Partito democratico. Ci si confronti su programmi alternativi, idee diverse di partito, schemi di alleanza chiari, qualcosa di riconoscibile, che si tocca con mano, in modo che il cittadino si veda restituita una capacità reale di scelta. Quei leader che oggi dovrebbero sentirsi tutti spodestati e dimissionari, per l' incapacità dimostrata di costruire una leadership collettiva, facciano un patto pubblico di responsabilità, pronti ad accettare l' autorità del segretario e l' interesse del partito - per una volta - , invece di minacciare scissioni striscianti, veti feudali. Solo così ritroveranno quel popolo disperso che conserva comunque una certa idea dell' Italia alternativa a quella berlusconiana: e chiede per l' ultima volta di essere rappresentato. - EZIO MAURO

tratto da : La Repubblica 18.02.09

domenica 15 febbraio 2009

Le tre emergenze del commissario Bilancio, edifici scolastici e discarica le priorità affrontate


CAPISTRELLO. Amministrazione ordinaria e straordinaria per condurre il comune di Capistrello fino alle prossime elezioni di giugno.
Questo l’incarico affidato alla dottoressa Franca Ferraro, funzionaria della prefettura dell’Aquila, nominata commissario straordinario per l’ordinaria amministrazione del comune di Capistrello fino al rinnovo dell’amministrazione comunale.
Il bilancio è una delle massime priorità per il commissario, che però non si sottrae dall’esaminare anche altri problemi come rifiuti, frane, manutenzione straordinaria degli edifici scolastici e ordine pubblico.
La Ferraro è stata nominata dal presidente della Repubblica per l’amministrazione straordinaria del comune di Capistrello. Si è messa così alla guida dell’ente dopo l’ex sindaco Alberto Scatena.
I problemi in Comune sono molti, e il commissario Ferraro li sta esaminando davvero tutti. Il suo compito sarebbe la gestione ordinaria del comune, eppure lei riceve i cittadini, si relaziona con i dipendenti ed esamina i problemi che attanagliano il paese.
«Ho partecipato ad una conferenza dei servizi per l’ampliamento della discarica di Capistrello», ha spiegato il commissario.
«Dopo aver studiato attentamente tutta la documentazione ho capito che il problema era nella cubatura perché l’amministrazione comunale aveva stabilito un tetto massimo, 150-200 metri cubi, mentre nel progetto erano 300. Preso atto di ciò lo ho comunicato alla Regione che ha chiesto alla Segen di rivedere il progetto e ridimensionare la cubatura».
Questo è stato solo il primo di una lunga serie di problemi che la dottoressa Ferraro si è trovata ad affrontare. Poco dopo la sua nomina infatti il commissario non si è sottratta dal ricevere una delegazione di mamme di alunni che frequentano la scuola Firenze, preoccupate per lo stato della scuola.
«Tenuto conto di quanto riferitomi dalle mamme», ha affermato la Ferraro «ho incaricato i tecnici comunali di condurre una valutazione tecnico-amministrativa sull’edificio, analisi che a tutt’oggi è ancora in atto».
Molte sono le pratiche che ogni giorno finiscono sulla scrivania del commissario.
«Ci siamo occupati della frana nella frazione di Pescocanale, chiedendo l’intervento degli enti sopracomunali dai quali aspettiamo una risposta», ha continuato.
«Abbiamo anche avviato le pratiche per predisporre il catasto per gli incendi e il piano di emergenza, visto che il comune di Capistrello ne era sprovvisto».
Piena la disponibilità del commissario per discutere di un’eventuale doppia apertura della scuola media del paese e per tutte le fasi che porteranno Capistrello verso la raccolta differenziata.
La Segen, infatti, inizierà dalla prossima primavera una campagna di sensibilizzazione e una distribuzione dei mezzi utili per differenziare i rifiuti tra le famiglie.

di Eleonora Berardinetti
tratto da : Il Centro 15.02.09

martedì 10 febbraio 2009


T E S S E R A M E N TO
2009
Partito Democratico

Sabato 14 febbraio presso la sede del circolo del PD di Capistrello, si potrà ritirare
la tessera di adesione al partito
La sede resterà aperta al mattino dalle 10.00 alle 13.00
e nel pomeriggio dalle 16.00 alle 19.00
La quota minima di adesione è 15,00 euro


Giovani democratici


Il21 novembre 2008, si è dato l'avvio alla fase costitutiva dei Giovani Democratici, ed ora a distanza di pochi mesi, nonostante questo percorso non si sia ancora concluso anche noi Giovani Democratici di Capistrello, sentiamo la necessità di strutturarci e darci un coordinamento per essere parte attiva e costruttiva di questo processo formativo del Partito Democratico.
Sentiamo la necessità e l'onere di dare il nostro contributo; di farci cioè, portatori di idee, esigenze e voglia di fare, con uno spirito di servizio verso la società nell'interesse della collettività.
Abbiamo deciso di affacciarci sullo scenario politico locale e nazionale, mettendoci la faccia e il cuore.
Il "Gruppo Giovani Democratici di Capistrello" speriamo possa rappresentare l'inizio di un rinnovamento politico/generazionale che avvicini i giovani alla politica in modo nuovo con uno spirito di servizio attraverso idee ed energie all'azione politica del territorio.

Elisa Di Giacomo

Visita il sito dei Giovani Democratici

lunedì 9 febbraio 2009

Fotovoltaico Guadagnare con il sole



Pescina sabato 7 febbraio, in una gremita sala convegni della Comunità Montana Valle del Giovenco si è tenuta la seconda conferenza sul fotovoltaico dal titolo "Guadagnare con Il Sole" .
La conferenza ha affrontato i vantaggi della tecnologia fotovoltaica , dall'introito derivante dal conto energia all'azzeramento delle bollette elettriche.
Pubblichiamo per chi volesse rivedere alcuni momenti salienti della conferenza i video degli interventi dei relatori : Sen. Luigi Lusi, Alfio di Battista e Roberto Ranalli.
(clicca sui video sotto per rivedere e riascoltare gli interventi)


per uteriori info :

Ministero dell'Ambiente

Enea

Contoenergia

Caminetti d'Eramo




2°Conferenza - Dibattito : Fotovoltaico e Risparmio EnergeticoPescina, 7 Febbraio 2009

Intervento di Sen. Luigi Lusi


Intervento di Roberto Ranalli


Intervento di Alfio Di Battista

mercoledì 4 febbraio 2009

Prove di stabilità alla materna Il commissario dispone i controlli alla scuola «Firenze»


CAPISTRELLO. La scuola per l’infanzia Firenze è sotto esame. Il commissario prefettizio Franca Ferraro, dopo aver ascoltato le mamme e le suore dei Piccoli cuori di Gesù e Maria che gestiscono l’istituto, ha incaricato l’ufficio tecnico di accertare lo stato effettivo della scuola. In questi giorni gli esperti stanno esaminando la struttura per poi redigere una perizia da consegnare al commissario.

«Qualche settimana fa ho avuto un incontro con le mamme dei bambini che frequentano la scuola e con le suore dell’istituto» ha spiegato Ferraro «hanno sollevato diversi problemi e mi hanno espresso tutte le loro preoccupazioni sullo stato di salute dell’edificio. Ho quindi dato l’incarico all’ufficio tecnico di esaminare il caso». Il commissario prefettizio dovrebbe occuparsi della gestione ordinaria del Comune. In questi giorni infatti la dottoressa Ferraro e Il dottor Polito si stanno occupando del bilancio e del conto consuntivo. Nonostante ciò però analizzano anche i vari problemi che gli vengono presentati sia dai responsabili delle singole aree dei servizi del Comune, sia dai cittadini. «La nostra priorità assoluta in questo momento è quella di redigere il bilancio e di portare avanti l’amministrazione ordinaria del paese» ha continuato la Ferraro «la manutenzione e gli interventi sugli edifici di proprietà del Comune sono un’altra nostra grande priorità. Per quanto riguarda la scuola per l’infanzia ora siamo in una fase cognitiva, aspettiamo di sapere dalla perizia dell’ufficio tecnico del comune lo stato effettivo dell’istituto e poi decideremo come muoverci». Le mamme degli alunni che frequentano la scuola di via Roma, preoccupate per l’incolumità dei loro bambini, avevano parlato di crepe sui muri dell’istituto, infiltrazioni di acqua dal soffitto e impianto di illuminazione fatiscente.
Le suore dei Piccoli cuori di Gesù e Maria invece hanno minimizzato i problemi dell’istituto spiegando che l’unico problema è rappresentato dalle infiltrazioni di acqua nel corridoio.
Eleonora Berardinetti

tratto da ; Il Centro 04.02.09

«Frana, via Canistro va subito riaperta» Capistrello, il Pd: stop ai disagi per le famiglie di Pescocanale


«Frana, via Canistro va subito riaperta»

Capistrello, il Pd: stop ai disagi per le famiglie di Pescocanale

CAPISTRELLO. Lo smottamento di via Canistro causato dalle intense piogge delle settimane scorse, ha determinato pesanti disagi a diverse famiglie residenti nella frazione di Pescocanale.
«Ad oggi» protesta il Pd di Capistrello «nonostante le ripetute richieste di intervento da parte dei cittadini il problema non è stato risolto con l’aggravante che le cattive previsioni metereologiche possano ulteriormente peggiorare la situazione». Il dissesto idrogeologico per il Pd «è causato da interventi spesso inefficaci e superficiali a cui vanno sommate carenze nella manutenzione e nella corretta gestione del territorio (pulizia dei fossati e dei canali di scolo, sistemazione delle gabbionate di contenimento e dei muretti a secco, manutenzione dei sentieri) operazioni che in passato erano garantite da una diffusa presenza dell’uomo unita a una sapiente opera di salvaguardia dell’ambiente».
Il Partito democratico oltre alla formale richiesta di un rapido intervento per la messa in sicurezza e il ripristino della viabilità nella frazione ritiene «che in un contesto più ampio di programmazione e sviluppo del nostro Comune siano necessarie azioni di tutela, ma anche di indirizzo con lo scopo di prevenire eventuali disastri in un contesto di gestione più attenta e oculata del territorio».

da : Il Centro 04.02.09

martedì 3 febbraio 2009

Dissesto Idrogeologico : Isolate alcune abitazioni di Pescocanale



Lo smottamento della strada via Canistro causato dalle intense piogge delle settimane scorse , ha recato pesanti disagi a diverse famiglie residenti nella frazione di Pescocanale.

Ad oggi nonostante le ripetute richieste di intervento da parte dei cittadini il problema non è stato risolto con l'aggravante che le cattive previsioni metereologiche possano ulteriormente peggiorare la situazione.

Il dissesto idrogeologico è causato da interventi spesso inefficaci e superficiali a cui vanno sommate carenze nella manutenzione e nella corretta gestione del territorio ( pulizia dei fossati e dei canali di scolo, sistemazione delle gabbionate di contenimento e dei muretti a secco, manutenzione dei sentieri etc.) operazioni che in passato erano garantite da una diffusa presenza dell'uomo unita a una sapiente opera di salvaguardia dell'ambiente.

L'assenza di politiche mirate alla valorizzazione del paesaggio da parte degli enti locali poco interessati a promuovere il territorio come elemento fondamentale per lo sviluppo economico e culturale, oggi più che mai è evidenziata da fenomeni di dissesto ed erosione di cui la strada di Pescocanale rappresenta solo un esempio.

Il PD di Capistrello oltre alla formale richiesta di un rapido intervento per la messa in sicurezza e il ripristiono della viabilità nella frazione, ritiene, che in un contesto più ampio di programmazione e sviluppo del nostro Comune siano necessarie azioni di tutela ma anche di indirizzo con lo scopo prevenire eventuali disastri in un contesto di gestione più attenta e oculata.


Circolo Pd Capistrello



A chi conviene quel contratto


Per discutere utilmente dell’accordo sul rinnovo del modello contrattuale dobbiamo mettere da parte comode e strumentali semplificazioni: chi sostiene l’accordo è per il sindacato partecipativo; chi è contro è per il sindacato conflittuale; chi è per l’accordo è un vero riformista perché riconosce l’autonomia tra partiti e sindacati; chi è contrario, persevera nel vecchio collateralismo; chi firma l’accordo riconosce la necessità di un “patto tra produttori”; chi non firma è prigioniero di una residuale cultura antagonista.
L’accordo va valutato per gli effetti in grado di produrre. Proviamo a valutarli. Allentare le maglie del contratto nazionale di lavoro e potenziare la contrattazione decentrata è certamente utile all’innalzamento della produttività.
Tuttavia, nonostante quanto afferma chi va alla moda, i suoi effetti sulla produttività possono essere soltanto modesti. Infatti, nel dibattito pubblico si fa confusione, a volte inconsapevole, spesso deliberata, tra produttività del lavoro e produttività del lavoratore.
Nel campo dell’economia mainstream, non dell’eterodossia economica, è la prima la variabile rilevante. E, come noto, dipende da un ventaglio di fattori al di fuori del controllo di imprenditori e lavoratori (dalla dotazione infrastrutturale alla regolazione dei mercati, dalla qualità della forza lavoro al livello di civismo ed efficienza/efficacia delle istituzioni politiche, eccetera) e da altri fattori al di fuori del controllo del lavoratore (dalle strategie aziendali al livello e qualità degli investimenti, dalla qualità del management alla contendibilità degli assetti proprietari e alla dimensione delle imprese). Certo, motivare il lavoratore legando una quota della sua retribuzione alle performance dell’impresa contribuisce ad aumentare la produttività, ma in modo marginale.
Per valutare gli effetti dell’accordo, oltre a fuoriuscire dall’ideologia della produttività del lavoratore, dobbiamo anche considerare il contesto di politica economica nel quale si iscrive. La politica economica del governo non solo non porta avanti riforme sulle variabili rilevanti ai fini della produttività, ma cancella i timidi avanzamenti finora faticosamente raggiunti. L’elenco dei passi indietro è lungo. Richiamo soltanto: 1) lo smantellamento delle misure pro-concorrenza nei mercati (dai servizi professionali all’opa, dai servizi bancari ed assicurativi alle farmacie, dall’indebolimento delle Authority di vigilanza e regolazione, ai servizi pubblici locali); 2) il sostanziale svuotamento degli incentivi fiscali automatici per gli investimenti nel Mezzogiorno, per le spese in R&S, per le ristrutturazioni ecologiche e le fonti rinnovabili di energia; 3) l’indebolimento delle misure contro il lavoro nero, per i diritti e per la sicurezza dei lavoratori e l’eliminazione delle principali misure anti-evasione che, al di là dei loro effetti sull’equità, incidono anche sulla qualità delle forze in campo. Insomma, la produttività non aumenterà perché le rendite che la legano non vengono intaccate.
Oltre al contesto di politica economica, vi è un punto specifico dell’accordo di cui valutare appieno le conseguenze. Perché l’indicatore di ’inflazione da assumere nei rinnovi contrattuali (Ipca) deve essere applicato solo ad una parte della retribuzione (dal 70 al 85% a seconda dei settori, le “pecore nere” sono, ovviamente, i dipendenti pubblici, fannulloni per definizione)? Perché i lavoratori, tutti i lavoratori, non dovrebbero vedersi garantito almeno il potere d’acquisto delle retribuzioni? Inoltre, mentre al fine di evitare una spirale inflazionistica è corretto escludere daIl’Ipca previsionale l’andamento dei prezzi dei prodotti energetici, perché anche l’Ipca a consuntivo li deve escludere? Se gli altri redditi non si (auto-) moderano in relazione all’andamento dei prezzi dei prodotti energetici, certo non lo faranno data la scarsa concorrenza in molti mercati interni, perché l’inefficienza di sistema deve scaricarsi sul reddito da lavoro dipendente? La risposta è che il governo e una parte di Confindustria considera il reddito da lavoro la variabile per compensare l’inefficienza generata dalla congerie di rendite di cui sopra. Una congerie di rendite che il governo non intende affatto scalfire, come continua a segnalarci il ministro Tremonti (da ultimo ad Alba: «A me non importa parlare di riforme strutturali perché le abbiamo già fatte »), dato che con i rispettivi percettori ha stretto patti corporativi.
Mettendo insieme l’effetto dell’accordo sul potere d’acquisto delle retribuzioni, l’assenza di recupero del fiscal drag, i tagli al “salario indiretto” (scuola, assistenza, sanità, ecc), l’allentamento delle misure antievasione, viene fuori un massiccio spostamento di reddito ad ulteriore svantaggio dei lavoratori dipendenti.
Dato il contesto di politica economica e considerati i punti specifici richiamati, quali saranno le conseguenze dell’accordo? 1) una riduzione delle retribuzioni nette dovuta alla base di calcolo sulla quale si applica l’Ipca e all’insufficiente recupero via produttività, nonostante gli sconti fiscali. Saranno minoranze le realtà produttive nelle quali i lavoratori avranno retribuzioni più elevate rispetto all’attuale assetto contrattuale; 2) un ampliamento della varianza territoriale delle retribuzioni, causato non dalla qualità della prestazione del lavoratore, ma da variabili assolutamente al di fuori della sua portata. È vero che la retribuzione effettiva è già largamente sfuggita al contratto nazionale di lavoro in tante aree “sottoutilizzate” del paese. Tuttavia, l’ampliamento delle divergenze è insostenibile al di fuori di politiche di riequilibrio dei territori; 3) un utilizzo in larga misura inefficace di preziosissime ed ingenti risorse pubbliche dato che l’anemia della produttività determinata dall’assenza di riforme strutturali spingerà le parti sociali a spostare al secondo livello contrattuale quote della retribuzione di primo livello. Tali risorse pubbliche si dovrebbero, invece, concentrare a sostegno di ricerca ed innovazione o per interventi più incisivi sui redditi da lavoro.
Si ripete l’errore fatto dal governo Prodi con l’intervento “a pioggia” sul cuneo fiscale.
In sintesi, ancora una volta, con l’accordo del 22 g e n n a i o l’Italia sceglie l’illusoria scorciatoia della competizione di costo: prima si praticava anche attraverso la svalutazione della lira e con l’accumulazione di debito pubblico, ora non rimane che la svalutazione del lavoro. La strada scelta non solo è profondamente iniqua, non porta al miglioramento strutturale della competitività del paese. E nell’attuale congiuntura è anche l’opposto di quanto sarebbe necessario per sostenere la domanda e i consumi.
di: Stefano Fassina
articolo tratto da: Europa 03.02.09