Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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domenica 24 agosto 2008

Umiltà e spirito di servizio

Approfittiamo dello spazio del blog per pubblicare, su richiesta dell'assemblea di Circolo del PD di Capistrello ( tenutasi in data 24-08-08 ) la relazione, del Segretario Alfio Di Battista, essa sintetizza in maniera chiara, una comune traduzione della situazione politica interna ed esterna al Pd, emersa nelle riflessioni e nelle discussioni della precedente riunione di circolo del 22-08-08

La virtù per cui l'individuo non si esalta per i propri meriti e riconosce i suoi limiti naturali è l’umiltà.

L’umiltà, oltre che virtù, è la qualità propria di chi non avverte la necessità di mostrarsi né di mostrare i propri talenti che, se presenti, sono fonte autonoma di quella particolare luce che sgorga dalla verità.
L’umiltà è silenziosa, leggera, tenace; è trasparente come il vento che puoi avvertire per la sua forza ma che non puoi vedere, se non sei al servizio della verità.
Si può scegliere di servire una causa per perseguire un obiettivo comune più alto ma si può scegliere anche di essere servi di una causa perché si è schiavi di obiettivi altrui, si tratta comunque di scelte, spesso non completamente autonome, sicuramente non sempre consapevoli ma restano scelte che in quanto tali offrono la facoltà di decidere.
Ogni volta che si prende una decisione si esercita almeno una responsabilità che è impossibile sfuggire per chiunque, quella di rispondere sempre alla propria coscienza quando si resta soli con se stessi.
La differenza è tutta qui, è la stessa che c’è tra uomini che sfidano il futuro, rischiando sul filo del destino per cercare di renderlo migliore e comparse da avanspettacolo che recitano la loro scialba parte, nel rassicurante palcoscenico di un’esistenza già segnata.
Ho sempre pensato che il Partito Democratico rappresentasse una grande sfida, soprattutto perché ci avrebbe messo tutti alla prova facendo emergere prima o poi i limiti strutturali dell’assetto politico di questo paese.
Un paese, fortemente condizionato dal trasversalismo tipico di consuetudini alimentate dalla pratica consolidata di un clientelismo di stampo baronale.
Una versione della pratica clientelare in cui il familismo ha frantumato di fatto le appartenenze politiche, salvaguardando solo le apparenze di facciata. Questo modo di interpretare la politica è stato e continua ad essere la causa del lento ed inesorabile declino sociale che da oltre vent’anni risucchia il nostro paese in un vortice di oscurantismo senza la speranza di venirne fuori.
I risultati di questo modello politico (si fa per dire) e di questo approccio culturale alla cosa pubblica li vediamo chiaramente.
Capistrello sta diventando un paese fantasma! Un’entità ectoplasmatica.
Questo comune, cerniera tra il Fucino e la Valle Roveto, ha notevoli potenzialità ma tutte inespresse, se fosse uno studente diremmo che dovrebbe applicarsi di più perché ha doti notevoli per emergere.
Purtroppo l’attitudine all’autolesionismo che spesso si realizza in un abnorme ricorso alla critica distruttiva fa di Capistrello un comune estremamente diviso e litigioso.
Ci sfugge il concetto di comunità inteso come persone co-interessate, ovvero collettività fatta di individui che si organizzano per far funzionare al meglio la società in cui vivono.
Questo limite a stare insieme si ripercuote inevitabilmente in ogni settore della vita sociale, nelle associazioni di categoria, nelle associazioni di volontariato, nell’economia e ovviamente anche nei partiti.
Oggi però non è più il tempo delle accuse agli amministratori del passato. Ognuno s’è fatto la propria idea della qualità delle amministrazioni che si sono avvicendate negli anni scorsi e ognuno è in condizione di esprimere il proprio giudizio ma è evidente che un’intera classe politica sia giunta al capolinea.
La cronaca di queste settimane, gli elettori stessi attraverso il loro voto e in taluni casi purtroppo, anche la magistratura ha estromesso dalla storia molte esperienze decretandone la fine.
Ora è il momento dell’ assunzione delle responsabilità, dobbiamo essere capaci e abili nel dare risposte ai problemi perché non ci sarà nessun altro che le darà per noi.
Questo è il senso della politica; dare le giuste risposte alle innumerevoli questioni che ci riguardano come cittadini, ma le risposte si riesce a darle solo se si è capaci di avere una visione più ampia delle esigenze della collettività.
Chi pensa di anteporre le proprie, a volte anche legittime ambizioni, al bene comune, è un perdente perché mostra povertà di idee e dalla povertà di idee non può nascere ricchezza di contenuti e in definitiva, senza contenuti nessuno va da nessuna parte.
La condizione primaria che consente a tutti di poter crescere, secondo le proprie capacità e le proprie aspirazioni è perseguire il bene comune, in un contesto, in cui il gioco di squadra è determinante, perché il singolo può certamente dare un notevole contributo ma è il gioco di squadra che fa la differenza.
In una squadra che funziona, il candidato è sullo stesso piano del militante che lavora e fa attività politica per fargli guadagnare consensi.
In una squadra che funziona, il candidato non solo rappresenta il partito ma è il primo testimone dello stile di quel partito, è l’interprete migliore che incarna lo spirito del partito, è colui nel quale tutti si identificano ed è colui che si batte affinché tutti siano “lui stesso”, candidato che li rappresenterà nelle istituzioni.
Ciò mi porta a dire che, se il partito saprà scegliere i propri rappresentanti nell’ambito di un confronto maturo, affrontato con coraggio, il candidato sarà un candidato coraggioso e forte, viceversa se il partito mostrerà paura nella scelta e diffidenza nel confronto il candidato sarà un candidato debole, afflitto dalla paura e incerto del risultato.
In ogni caso saremo soltanto noi i responsabili delle nostre scelte, e questa mi pare una buona ragione per riflettere bene e a fondo su ciò che intendiamo fare aggiungendo un motivo in più nel mettere da parte i rancori personali che certamente ci sono, esistono, tanto che si fa fatica a superarli forse perché non si ha abbastanza coraggio da ammettere di esserne schiavi.
La politica non si fa voltando lo sguardo continuamente al passato ma rivolti al futuro, a scrutare l’orizzonte nel tentativo di immaginare cosa c’è oltre.
Credo che questo circolo sia fatto da donne e uomini che hanno dentro di loro la capacità di compiere lo sforzo che chiedo.
Non ho mai pensato che in politica si dovesse essere necessariamente tutti amici ma sicuramente, è necessario un notevole senso pratico unito ad una spiccata attitudine all’umiltà senza la quale non si possono capire le ragioni e il senso del mettersi al servizio di un disegno più grande.
Questo significa che dobbiamo maturare la consapevolezza degli obblighi che abbiamo assunto nei confronti della collettività.
Abbiamo il dovere di guardare avanti, liberandoci dal fardello di un passato di cui va conservato solo il buono, da ciò dipenderà la sopravvivenza stessa del partito.
Credo inoltre che tale sforzo vada trasformato nella volontà di perseguire un più alto livello di proposta e di azione da parte della politica, che non deve essere più un’arena dove combattersi senza esclusione di colpi per la vanagloria di qualche ego rancoroso, incattivito dalla propria stupida superbia, malfermo e claudicante sulle proprie insicurezze.
Non c’è rivendicazione alcuna per quanto profonda e motivata che possa valere da sola, la sistematica delegittimazione dell’altro, di chi non ci è affine perché portatore di una diversa esperienza di vita o di un diverso percorso politico all’interno del partito.
Ciò è semplicemente inaccettabile in un partito come il nostro che si definisce democratico e fa della diversità una grande ricchezza all’interno di un confronto senza paure e senza pregiudizi.
Dobbiamo ancora imparare a riconoscerci gli uni negli altri ma per farlo è necessario prima di tutto aprirsi gli uni agli altri senza riserve e con fiducia.
Chi non comprende questo è probabile che non abbia sufficiente forza per vincere le proprie paure né sufficiente spirito per affrancarsi dai suoi pregiudizi ma se è disponibile a mettersi in gioco potrà senz’altro farcela.
Chi non comprende ciò, vive una tale miseria di valori da risultare inadeguato alla rappresentanza politica perché confuso dall’illusione effimera che fare politica significhi esclusivamente perseguire un tornaconto personale e magari la finta considerazione di chi invece sta solo aspettando il proprio turno al prossimo giro.
Non ne avete abbastanza come me, di questa politica da accattoni, di questa politica da barboni perennemente con il cappello in mano?
E allora diciamo basta!
La politica è altro, può e deve diventare esaltazione di idee ma anche confronto di passioni, se ne siamo capaci diamole i giusti contenuti, confrontiamoci senza peli sulla lingua ma rispettosi dei ruoli e della storia di ognuno di noi, mettiamoci al servizio del gruppo con la stessa umiltà di chi si mette al servizio del prossimo e soprattutto impariamo a parlare senza voce, semplicemente ascoltando il suono del silenzio.

Alfio Di Battista

giovedì 21 agosto 2008

L' Italia docile che ha perso dissenso

..."La cultura della docilità non pare risparmiare nessuno, nemmeno coloro che per ruolo istituzionale dovrebbero esercitare il dissenso"...

Vi segnalo questo interessante articolo di Nadia Urbinati (l´autrice è docente di Teoria politica alla Columbia University) un pò lungo ma vale la pena leggerlo.
In una sintesi lucida e disincanta la Urbinati, analizza lo stato di assopimento in cui gran parte della società italiana compresa la cosiddetta "classe dirigente" (dalla base ai vertici), sembra essersi adagiata e dove sembra non esistere più "opposizione".

Un Paese il nostro, in cui la pressoché totale mancanza di un'opinione pubblica consapevole e la de-politicizzazione di essa, sta scuotendo l'albero della democrazia dalle sue radici profonde e pian piano sarà divelto.
L'Urbinati analizza l'apatia per la Politica da parte dei cittadini e la partecipazione ad essa egoisticamente interessata - do ut des - l'omologazione poi alla cultura di "massa", la politica ridotta a spettacolo etc.etc., sono sintomi oramai cronici di un paese rincoglionito e docile che si avvia, pacatamente e incosapevolmente verso una docile e tranquilla dittatura... della maggioranza.


buona lettura
Augusto Bisegna
Sarebbe utile interrogarsi sulla docilità, una qualità che ben rappresenta l' Italia di oggi. Chi detiene il potere politico non è naturalmente amico del dissenso e di chi lo esercita, nemmeno quando al potere vi giunge per vie democratiche e la sua azione di governo è limitata da lacci costituzionali. Grazie al liberalismo, che del potere ha una visione giustamente diffidente e pessimista, le società moderne sono riuscite a imbrigliare le tendenze tiranniche e dispotiche di governi e governanti e infine a eliminare l' uso della violenza dalla politica. Diceva Tocqueville che il diritto e le costituzioni hanno reso la politica dolce perché hanno fatto posto al dissenso. I diritti che tutelano la nostra libertà individuale, non solo quella che ci consente di possedere cose materiali ma anche quella che ci rende sovrani sul nostro corpo e la nostra mente, sono un baluardo imprescindibile contro il potere, anche legittimo. Per questa ragione, una società libera è l' opposto di una società docile. Ma le cose sono più complicate di come se le immagina la teoria. Una società libera ha bisogno del dissenso. Anzi è desiderabile che la diversità di opinioni vi si manifesti e si esprima liberamente perché è grazie a questa diversità che il gioco politico può svolgersi e le maggioranze alternarsi. Ma la cultura dei diritti può purtroppo stimolare anche una diversa attitudine: può indurre i cittadini ad abituarsi a perseguire il godimento dei loro diritti individuali disinteressandosi a quanto avviene nella sfera politica, salvo recarsi alle urne nei tempi stabiliti. La società democratica può facilitare la formazione di una società docile perché indifferente alla partecipazione politica.Lo può fare perché e fino a quando i diritti essenziali sono protetti per la grande maggioranza e non si danno quindi ragioni di dissenso. Sono le minoranze il vero problema (o, per l' opposto, la salvezza) delle società democratiche mature, perché sono loro a esprimere dissenso, a rivendicare spazi di azione che non sono in sintonia con quelli della maggioranza - se poi queste minoranze sono per giunta culturali e etniche, non semplicemente di opinione, allora decidere di non ascoltarle e perfino di reprimerle e perseguitarle può non essere visto dall' opinione generale come un problema di violazione di diritti. La società docile non è una società che ha rinunciato ai diritti o che non è più liberale. è invece una società nella quale la maggioranza è soddisfatta del proprio grado di libertà e dei propri diritti e trova fastidioso che ci siano minoranze non domate, non silenziose e omologate, che facciano richieste che non collimano con le proprie (come nel caso di una minoranza religiosa che chiede che il diritto di culto sia rispettato anche quando il culto è diverso da quello della maggioranza). Società democratica docile, dunque, e per questo autoritaria e paternalista. La docilità è una qualità che si predica degli animali non degli uomini; è un obiettivo che i domatori si prefiggono quando cercano di abituare un animale a fare meccanicamente determinate cose. Al moto della mano del padrone il cane sa quel che deve fare e lo fa. Docilità significa non avere una diversa opinione di come pensare e che cosa fare rispetto all' opinione preponderante; significa accettare pacificamente quello che il padrone di turno, per esempio l' opinione generale di una più o meno larga maggioranza, crede, ritiene e vuole. Sono ancora una volta i liberali che ci hanno fatto conoscere questo lato inquietante del potere moderno. Un lato che si è mostrato quando il potere è riuscito ad avvalersi di strumenti nuovi; strumenti che si sono presto rivelati congeniali a un potere che si serve delle parole e delle opinioni per restare in sella, che può rinunciare alla violenza sui corpi perché si radica nell' anima dei suoi sudditi, se così si può dire. Mentre gli antichi tiranni e monarchi assoluti usavano la tortura e le punizioni esemplari nelle pubbliche piazze, il moderno potere fondato sull' opinione non ha più bisogno di usare la violenza diretta (e se la usa, si guarda bene dal farlo in pubblico); usa invece una specie di addomesticamento che produce, come scriveva Mill, una forma di "passiva imbecillità". I cittadini docili assomigliano a una massa di spettatori: in silenzio ad ascoltare e, semmai, giudicare alla fine dello spettacolo con applausi o fischi. La politica come spettacolo non assomiglia a un agone ma a una sala cinematografica. Il dissenso, la virtù forse più importante in una democrazia che si regge sull' opinione mediatica, è tacciato di generare destabilizzazione, offeso e denigrato. Il buon cittadino non dissente, ma segue, accetta e opera con solerte consenso. Una voce fuori del coro è castigata come fosse un' istigazione al terrore; un' opinione che contesta quella della maggioranza è additata come segno di disfattismo. Questa Italia assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta. Che si tratti di persone di destra o di sinistra la musica non sembra purtroppo cambiare: addomesticati a pensare in un modo che pare essere diventato naturale come l' aria che respiriamo, vogliamo che i sindaci si facciano caporali e accettiamo di buon grado che ci riempiano la vita quotidiana di divieti e consigli (sulle spiagge della riviera romagnola due volte al giorno da un altoparlante fastidioso le autorità ci fanno l' elenco di tutte le cose che non dobbiamo fare per il nostro bene e se "teniamo alla nostra salute"). Come bambini, siamo fatti oggetto della cura da parte di chi ci amministra, e come bambini ben addomesticati diventiamo così mansueti da non sentire più il peso del potere. è come se dopo anni di allenamento televisivo siamo mutati nel temperamento e possiamo fare senza sforzo quello che in condizione di spontanea libertà sarebbe semplicemente un insopportabile giogo. La cultura della docilità non pare risparmiare nessuno, nemmeno coloro che per ruolo istituzionale dovrebbero esercitare il dissenso. Commissioni bipartisan nascono ogni giorno; servono ad abituarci a pensare che l' opposizione deve saper essere funzionale alla maggioranza, diventare un' opposizione gradita alla maggioranza. Un' opposizione che semplicemente si oppone e critica e dissente pare un male da estirpare, il segno di una società non perfettamente docile. - NADIA URBINATI



Nessun uomo è un'isola

Nessun uomo è un'isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:

suona per te.

di: John Donne (1572-1631) - Meditation XVII


Questa poesia ha ispirato il celebre romanzo sulla guerra civile di Spagna di Ernest Hemingway "Per chi suona la campana" , una lettura consigliata per comprendere quanto sia stupida la guerra ma soprattutto per cogliere il senso profondo del combattere per un ideale in cui si crede e per mettersi al servizio di un disegno più grande.
Alfio Di Battista




martedì 19 agosto 2008

Rivoluzione Democratica


Perchè la classe politica è incapace di mirare alla costruzione di una democrazia moderna? La risposta sta nelle tre tipologie di uomini politici e nella cultura che li anima

di Tommaso Merlo

La crisi della democrazia italiana viene attribuita al fatto che la politica è incapace di esprimere progetti politici organici. Cosa vera ma alquanto incomprensibile perchè in realtà un progetto politico organico c'è eccome e si chiama democrazia moderna. Un progetto che consiste nel creare un sistema politico realmente democratico, trasparente ed efficiente. Un obiettivo apparentemente modesto ma che accompagnato a politiche di sviluppo economico, in Italia sarebbe una rivoluzione copernicana. Il problema quindi non è l'assenza di un progetto ma il fatto che la classe politica italiana non lo vede, non lo sente o meglio ancora è incapace di perseguirlo. La vera domanda da porsi è quindi perchè la classe politica sia incapace di mirare alla costruzione di una democrazia moderna.

La risposta sta nelle tre tipologie di uomini politici e nella cultura che li anima. Il primo tipo sono i politici post ideologici che sono ancora convinti che la via maestra sia in qualche disegno ideologico. E come in passato perseguono teorie generali, schemi ideali che alla fine però finiscono per allontanarli dalla realtà e aimè dalla gente per rilegarli nell'angolo ad occuparsi solo di se stessi. E' il caso ad esempio della galassia ex comunista che al di là dei discorsi astrusi alla fine si riduce a litigare tra gruppi di potere, individualismi e la solita questione tra chi è disposto a governare e chi no. Che differenza vi sia poi tra gli svariati gruppi che compongono questa galassia di ex lo sanno ormai solo loro e perfino gli elettori sembrano aver perso interesse a risolvere l'enigma.

Ci sono poi i politici che si sono spogliati dei fardelli ideologici ma non sono riusciti a colmare quel vuoto con nulla tranne che con sigle di partito e in ultima analisi con se stessi, con le proprie carriere. Si tratta ad esempio di quelli che si definiscono riformisti quando in Italia non si vede una riforma degna di questo nome da decenni. Orfani di punti di riferimento, questi politici si sono uniti in cartelli per sopravvivere elettoralmente ma vittime del passato non sentono e non vedono l'obiettivo di una democrazia moderna. Sono cresciuti con le logiche e la cultura politica partitocratica, e con essa hanno educato i propri allievi. Col risultato che i loro programmi politici alla fine rimangono imbriglati in quelle logiche, rimangono solo parole e intenti.

Ci sono poi i politici che oltre alle ideologie si sono lasciati alle spalle anche le sigle confluendo in nuovi contenitori. E' il caso dei populisti composti da ex di diverse provenienze. Anche loro non vedono il traguardo di una democrazia moderna perchè anche loro sono intrisi della cultura politica del passato ma questo tipo di politici è il più avanzato nel processo di deteriorizzazione in quanto hanno abbandonato anche il rispetto del decoro isituzionale e di quell'insieme di punti di riferimento che comunque hanno contraddistinto la democrazia italiana. Nel perseguire la loro politica finalizzata al potere non hanno ad esempio nessuna esitazione nel calpestare la Costituzione o alimentare l'illegalità. In questo gruppo emergono forte spinte autoritarie con picchi di neo fascismo.

Dopo tanti anni di crisi di sistema si è capito che se queste tre categorie di politici del passato fossero state in grado di costruire una democrazia moderna lo avrebbero già fatto. Il punto è che una democrazia moderna imporrebbe ad esempio di interrompere il sistema clientelare delle lottizzazioni per sostituirlo con un sistema meritocratico. Ma questo significherebbe per la vecchia politica perdere potere e punti di riferimento cosa che non hanno nessuna intenzione di fare. Un altro esempio è la responsabilizzazione, in una democrazia moderna anche i politici devono rispondere dei risultati del loro lavoro e questo ovviamente metterebbe in crisi la vigente gerontocrazia a favore di un ricambio generazionale che la vecchia politica non accetta. Un'altro esempio è il rigore morale della classe dirigente o il rispetto di standard di legalità insindacabili.

In sostanza, la costruzione di una democrazia moderna richiede una rivoluzione culturale del modo di intendere e fare politica che la vecchia politica non è in grado di produrre perchè contraria alla logiche di cui si è sempre nutrita. Il risultato è che il sistema democratico italiano sta crollando ostaggio di caste anacronistiche e autoreferenziali che si ostinano a rimanere in sella. La società civile e i partiti anomali cercano di reagire per scalzarli ma le caste resistono ferocemente terrorizzate dal dover ammettere il proprio fallimento. Giorno dopo giorno è sempre più evidente come la priorità italiana sia ricostruire il sistema democratico. La lotta politica è già cominciata e crescerà nei prossimi anni. Da una parte il nuovo che mira ad una democrazia moderna rifiutando compromessi col passato, dall'altra il vecchio chiuso nella patetica difesa del proprio fortino.

tratto da : Aprileonline del 30-07-08

lunedì 18 agosto 2008

La mappa dell'Italia misurata dal Fisco



Una distanza che diventa un abisso, fra il gruppo delle Regioni del Nord che fino all'anno scorso ha continuato a correre e ad accumulare redditi e il Mezzogiorno che sprofonda in un progressivo impoverimento strutturale e generalizzato.
Al peso del Sud va ascritto interamente anche il risultato opaco del contribuente medio italiano, che in nove anni ha visto crescere il proprio reddito reale solo del 2 per cento. Un po' poco, per un ciclo così lungo, e in tempi di fiammate inflattive la dinamica a scartamento ridotto dei redditi degli italiani diventa un dato ancor più preoccupante. Mai come in questo caso, però, la media statistica mostra tutti i suoi limiti, e non rende ragione né dei buoni risultati di Nord-Ovest o Emilia Romagna né dell'arretramento del Sud.
La cronaca quotidiana è ricca di segnali sul freno tirato che contraddistingue l'andamento del Sud, e che i tanti orgogliosi tentativi individuali, come il fiume delle risorse per lo sviluppo arrivate da Roma o dall'Europa, non sono riusciti a cancellare. Ma solo uno sguardo allargato alla storia fiscale degli ultimi anni riesce a misurare davvero le dimensioni della faglia che divide in due i redditi, e insieme a loro le opportunità di crescita, di lavoro e il livello dei servizi degli italiani.
I numeri delle dichiarazioni dei redditi 2006, raggruppati per territorio e attualizzati al 2007 con gli indici Istat dal Centro Studi Sintesi, non lasciano alcun margine a distinguo o incertezze.
Più che ai valori assoluti, che comunque vanno rapportati anche al diverso costo della vita dei territori e quindi potrebbero nella pratica risultare meno distanziati di quanto appare sulla carta, bisogna guardare al confronto con la situazione di otto anni fa, facendo ovviamente partecipare al gioco anche il tasso di inflazione. Con questi criteri, dall'Abruzzo in giù è tutto un fiorire di segni meno, fino all'ultimo posto della Calabria, dove il contribuente medio ha perso in otto anni il 14% del suo reddito.
A colpire è la nettezza dei confini, che conferma il tratto strutturale della doppia dinamica e non si confonde nemmeno scomponendo il dato a livello provinciale.
Dalla disaggregazione, anzi, arrivano conferme ulteriori, a partire da Milano che consolida il proprio primato (23.183 euro a contribuente) con una crescita a doppia cifra (+10,6%). Sul podio del benessere (imponibile) seguono Bologna, con 20.890 euro a dichiarazione (+6,8% rispetto al 1999) e Roma (20.193, +4,6%).
È proprio la Capitale a trascinare fra le Regioni in crescita il Lazio, che nelle altre Province si attesta a livelli di reddito più modesti, intorno ai 13mila euro, e, con l'eccezione di Viterbo (+1,9%), in drastica diminuzione rispetto al passato (dal -5% di Latina al -8,4% di Frosinone). Le uniche realtà del Centro-Nord con un (modesto) segno meno sono Prato (-0,3%) e Macerata (-0,4%), mentre cercare un territorio del Mezzogiorno nella colonna delle province in positivo è fatica vana.
La partita dei primati, a tutti i livelli territoriali, è interamente giocata a NordOvest, in particolare tra la Lombardia (unica Regione che supera l'asticella dei 20mila euro) e una Valle d'Aosta cresciuta a livelli record (il reddito medio è aumentato in otto anni del 32,1%, l'11% al netto dell'inflazione). In quest'ultimo dato troverà nuovi argomenti l'idea di chi, a partire dal Governo che l'ha messa nero su bianco nella premessa al Ddl delega, intende cogliere l'occasione del federalismo fiscale per riscrivere regole e privilegi di alcuni Statuti speciali.
Ma chi si occupa di federalismo deve guardare soprattutto a Sud, ai 13.650 euro registrati dal contribuente medio napoletano, con una perdita del 6,6% in otto anni, ai 13.472 euro dei palermitani (-5,2%), giù giù fino ai 9.356 (-18,7%) dei crotonesi. Perché in un Fisco federale la colonna delle entrate localizzate sul territorio è il dato cruciale, e più si allargano le differenze più diventa difficile applicare a tutto il Paese un meccanismo che lasci "in casa" una quota consistente di risorse senza condannare alla bancarotta zone più o meno ampie del Mezzogiorno.

tratto da: Il sole 24 ore - 18 agosto 2008

domenica 17 agosto 2008

IL PRESIDENTE SPAZZINO


Bene fa il Governo a prendere provvedimenti su annosi problemi . Ma riuscirà a fugare il sospetto che quando è al potere la destra i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?

È un "Paese da marciapiede" quello che sta consumando gli ultimi giorni di un’estate all’insegna della vacanza povera, caratterizzata da un crollo quasi del 50% delle presenze alberghiere nei luoghi di vacanza. Dopo vari contrasti tra Maroni e La Russa, sui marciapiedi delle città arrivano i soldati, stralunati ragazzi messi a fare compiti di polizia che non sanno svolgere (neanche fossimo in Angola), e vengono cacciati i mendicanti senza distinguere quelli legati ai racket dell’accattonaggio da quelli veri.

A Roma il sindaco Alemanno, che pure mostra in altri campi idee molto più avanzate di quelle che il pregiudizio antifascista gli attribuisce, caccia i poveri in giacca e cravatta anche dai cassonetti e dagli avanzi dei supermercati. Li chiamano scarti, ma lì si trovano frutta e verdura che non sono belli da esporre sui banchi di vendita. E allora se vogliamo salvare l’estetica, perché non facciamo il "banco delle occasioni", coprendo con un gesto di pietà (anche qui "estetico"), un rito che fa male alle coscienze? Nei centri Ikea lo si fa, e nessuno si scandalizza. Anzi.

Ma dai marciapiedi sparisce anche la prostituzione (sarà la volta buona?) e sarebbe ingeneroso non dare merito al Governo di aver dato ai sindaci i poteri per il decoro e la sicurezza dei propri cittadini. A patto, però, che la "creatività" dei sindaci non crei problemi istituzionali con questori e prefetti e non brilli per provvedimenti tanto ridicoli quanto inutili; e che il Governo non ci prenda gusto a scaricare su altri le sue responsabilità, come con l’uscita tardiva e improvvida (colpo di sole agostano?) della Meloni e di Gasparri, che hanno chiesto ai nostri olimpionici di non sfilare per protesta contro la Cina (il gesto forte, se ne sono capaci, lo facciano loro, i soliti politici furbetti che vogliono occupare sempre la scena senza pagare pegno!).

Tornando al "Paese da marciapiede", ha fatto bene il cardinale Martino, presidente del Pontificio consiglio per i migranti, ad approvare la lotta al racket dell’accattonaggio senza ledere il diritto di chiedere l’elemosina da parte di chi è veramente povero. Il cardinal Martino ha posto un dubbio atroce: la proibizione dell’accattonaggio serve a nascondere la povertà del Paese e l’incapacità dei governanti a trovare risposte efficaci, abituati come sono alla "politica del rattoppo", o a quella dei lustrini?

La verità è che "il Paese da marciapiede" i segni del disagio li offre (e in abbondanza) da tempo, ma la politica li toglie dai titoli di testa, sviando l’attenzione con le immagini del "Presidente spazzino", l’inutile "gioco dei soldatini" nelle città, i finti problemi di sicurezza, la lotta al fannullone (che, però, è meritoria, e Brunetta va incoraggiato). Ma c’è il rischio di provocare una guerra fra poveri, se questa battaglia non la si riconduce ai giusti termini, con serietà e senza le "buffonate", che servono solo a riempire pagine di giornali.

Alla fine della settimana scorsa sono comparse le stime sul nostro prodotto interno lordo (Pil) e, insieme, gli indici che misurano la salute delle imprese italiane. Il Pil è allo zero, ma le nostre imprese godono di salute strepitosa, mostrando profitti che non si registravano da decenni. L’impresa cresce, l’Italia retrocede. Mentre c’è chi accumula profitti, mangiare fuori costa il 141% in più rispetto al 2001, ma i buoni mensa sono fermi da anni. L’industria vola, ma sui precari e i contratti è refrattaria. La ricchezza c’è, ma per le famiglie è solo un miraggio. Un sondaggio sul tesoretto dei pensionati che sarà pubblicata su Club 3 dice che gli anziani non ce la fanno più ad aiutare i figli, o lo fanno con fatica: da risorsa sono diventati un peso.

È troppo chiedere al Governo di fugare il sospetto che quando governa la destra la forbice si allarga, così che i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?

(tratto da: Famiglia Cristiana n°32)

Stranezze statistiche capistrellane

Oggi si è chiuso il sondaggio - "Cosa pensi dell'attuale amministrazione di Capistrello" - i votanti sono stati 842 con una media di circa 45 accessi al giorno, il blog Pd Capistrello in rapporto potrebbe far invidia per contatti giornalieri, al sito nazionale del PD - un vero successo di visite! - Tornando al sondaggio, il voto è così ripartito:

non so : 0 (0%)
negativa : 409 (48%)
deludente : 6 ( 0%)
ordinaria : 2 (0%)
ottima : 425 (50%)

Non aggiungo commenti ai dati numerici e alle preferenze (cosa già fatta dal segretario del PD vedi post precedente) mi limito a sottolineare una stranezza statistica- ammettetelo è strano o no, che nessuno degli 842, dico ottocentoquarantadue di coloro che hanno partecipato al sondaggio, nemmeno uno, dico uno, che abbia lasciato un proprio commento, che so io! "voto deludente perchè...bla bla bla" voto a favore perchè...bla bla bla". Macchè, zero si sa, scrivere è un esercizio troppo impegnativo richiede concentrazione, capacità critica, analitica.... e d'altra parte poi... scripta manent ...click volant . Al prossimo sondaggio...capistrellano
Augusto Bisegna

giovedì 7 agosto 2008

Tra le righe dei numeri


Nei giorni scorsi, dal nostro blog, è stato lanciato un mini sondaggio(che ancora va avanti) tra il serio e il faceto su come viene percepita l’attuale amministrazione di centrodestra dai cittadini.
In pratica abbiamo richiesto di esprimere un giudizio, che, al di là delle ovvie riserve di qualsivoglia natura sullo strumento - facilmente manipolabile - si proponeva di suscitare un dibattito on-line sull’argomento e non registrare solo freddi dati percentuali corredati dal solito istogramma.
Nonostante i numerosi contatti in pochi giorni nessuno ha colto l’opportunità per lasciare un commento ma ognuno s’è limitato a depositare in maniera asettica il proprio voto.
L’aspetto più interessante dei sondaggi, di qualsiasi natura essi siano, è che offrono ad un occhio attento interessanti spunti di riflessione che ai più sfuggono.

Le risposte predefinite dei sondaggi, come lampade appese sotto il portico di un bar attirano falene senza orientamento ipnotizzate dalla rassicurante luce artificiale ma è nel buio che si possono trovare – se si è attrezzati per vedere – migliori e più interessanti risposte.
A qualche amico che mi aveva chiesto come mai in un blog di parte, che si suppone ad alta frequentazione di visitatori affini per pensiero politico, c’era stata una così marcata approvazione per l’attuale amministrazione di centrodestra, ho risposto che quel dato, non esprimeva il gradimento per l’amministrazione ma molto più indicativamente esprimeva quanto fosse avversata la segreteria del PD di Capistrello.
Se è vero che l’onore si misura dal numero dei nemici, devo ritenermi estremamente soddisfatto del risultato di questo sondaggio semiserio che nella migliore delle ipotesi, come diceva il grande Flaiano, mi fa pensare che “la situazione è grave ma non seria”.

Alfio Di Battista

venerdì 1 agosto 2008

Nota di risposta del Segretario del Pd - in merito all'articolo comparso oggi su "Il Centro" in merito al ponte di Capistrello

Evidentemente, il Sindaco fatica a capire che le segnalazioni del Partito Democratico, circa gli atti di vandalismo ricorrenti a Capistrello, sono la semplice attenzione che si deve al disagio di tanti cittadini che chiedono alla politica di poter vivere in un paese normale.

Il Partito Democratico, a differenza del Sindaco, ha senz’altro a cuore il bene di questo paese e continuerà a vigilare su ogni questione di interesse pubblico che venga sottovalutata dall’attuale amministrazione di centrodestra.

Il Sindaco dovrebbe agire e dar seguito ad azioni concrete invece che continuare a lamentarsi della propria giunta, dovrebbe risolvere i problemi pratici dei cittadini invece che scaricare le sue responsabilità verso i dipendenti dell’ente che governa.

Come Partito Democratico lo invitiamo a promuovere una conferenza dei sindaci della Valle Roveto che in sede di Comunità Montana affronti la questione del vandalismo in termini costruttivi con il coinvolgimento di parrocchie, associazioni di volontariato e autorità di pubblica sicurezza.

Un buon amministratore non parla ma “agisce”, e allora meno chiacchiere e più fatti concreti siano l'ispirazione della sua amministrazione altrimenti prenda atto del fallimento della sua coalizione e si sottoponga al giudizio del voto dei cittadini.


Il segretario del PD

Alfio Di Battista

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«Comune impegnato a tutelare i beni architettonici»

Da Il Centro VENERDÌ, 01 AGOSTO 2008 - Pagina 2 - Avezzano

CAPISTRELLO. Dopo l’interrogazione dei senatori, Luigi Lusi, Franco Marini, Francesco Rutelli e Giovanni Legnini, al ministero dell’Ambiente sugli atti di sciacallaggio che interessano il ponte che collega Capistrello a Filettino, anche il sindaco Alberto Scatena interviene in merito. «Melius abundare quam deficere», attacca il sindaco con una citazione latina, «nel senso che è bene che ci si preoccupi in tanti, ma non vorrei», sottolinea, «che si desse a credere che l’ammininistrazione sia stata insensibile a quanto stava accadendo da alcune settimane. Anzi, oltre alla denuncia contro ignoti per asportazione di materiale lapideo di valore storico-archeologico a Carabinieri e Forestale, ha sensibilizzato, fin dall’inizio, anche la Provincia che ha tempestivamente impartito le disposizioni del caso alla polizia provinciale. Sembrerebbe, comunque», prosegue il sindaco, «stando a quanto riferito da alcuni cittadini che abitano nelle vicinanze, che un autocarro, munito di gru, effettui nottetempo inspiegabili soste sul ponte, forse proprio per asportare le pietre lavorate. Anche tale indizio», aggiunge, «è stato segnalato alle forze dell’ordine. Come cittadino sono irritato per la protervia con cui vengono effettuate le ricorrenti espoliazioni, ma ancor più come sindaco sono amareggiato per la malcelata soddisfazione di coloro che con chiacchiere e volantini pensano di tutelare i reperti storici, strumentalizzando», conclude Scatena, «persino l’interrogazione ai ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali».