Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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giovedì 25 dicembre 2008

QUESTIONS QUESTIONS


Cos'è la cultura?

Cultura dove sei?
La cultura è critica sociale?
La cultura è necessaria?
La cultura è politica?
La religione è cultura?
La cultura dell'emergenza...
Abbiamo dimenticato la cultura?
Alla ricerca della cultura a Milano...
Alla ricerca di Gramsci a Milano...
Alla ricerca di Pasolini a Milano...
Quali sono le responsabilità della cultura?
L'intellettuale è inutile?
La politica ha bisogno della cultura?
La cultura fa volare l'Italia?

Milano - quindici interrogativi sulla cultura. Sfondo nero pece - scritta bianco latte e un grosso punto interrogativo rosso come il sangue- Così l'artista cileno Alfredo Jaar prova a stuzzicare la riflessione intorno a domande che solo apparentemente potrebbero sembrare poco invasive. I pannelli il cui richiamo stilistico ai billboard di Patrick Mimran è fin troppo evidente cercano attraverso poche parole di innescare una riflessione sul possibile ruolo della cultura: espressione del tempo in cui viviamo e ambito di elaborazione di risposte ad urgenze e diversità del presente.
Questions Questions
questo il titolo del progetto ideato da Alfredo Jaar , è una delle risposte della Cultura al tempo che viviamo nella speranza di "alzare" o meglio "ri-alzare" anche il bibattito politico e pubblico, perchè anche la politica è cultura.







mercoledì 24 dicembre 2008

Buon Natale...


In questi tempi come non disturbare Tutti Voi con gli auguri di don Tonino Bello
.....Buon Natale

AUGURI SCOMODI

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.


don Tonino Bello

giovedì 18 dicembre 2008

Non è più il tempo delle briosh


"...Gli uomini di potere democristiani sono passati dalla "fase delle lucciole" alla "fase della scomparsa delle lucciole" senza accorgersene."


Rileggevo giorni fa queste frasi tratte da un'articolo del Corriere della Sera del febbraio 1975, scritte da Pierpaolo Pasolini e mi venivano in mente dei parallelismi e delle ricontestualizzazioni dello stesso adattabili alla situazione politica che stiamo vivendo
oggi nel Bel Paese - possibile che dentro il PD nessuno si stia accorgendo che le lucciole stanno sparendo, e se si continua su questa strada il PD imploderà su se stesso?

Questo breve cappello per sottoporre alla vostra attenzione la lettura di un articolo, tratto dal quotidiano on-line Prima daNoi, che in maniera semplice e chiara fornisce (se per qualcuno ancora non lo fosse ) l'analisi lucida e allo stesso tempo penosa, della situazione politica della classe dirigente abruzzese.

Oramai non si tratta più di capire cosa sta accadendo, è fin troppo chiaro : lavoro, giustizia, equità, queste sono le priorità, non le briosch.

Oggi non è più il tempo delle chiacchiere é il tempo dell' agire, del tradurre la politica parlata in azione e concretezza .

In certe riunioni politiche piccole piccole, di bassa lena (non oso immagginare nei piani alti), ho sentito ancora molti cacicchi locali dire : "cosa ci guadagno, a me cosa ne viene in tasca"- e i problemi della gente? E i programmi elettorali? Dettagli, semplici dettagli.

Così cari amici del PD non andiamo da nessuna parte, se è vero che c'è bisogno di aria nuova c'è anche bisogno di uomini nuovi, non nella stretta accezione anagrafica ma nel modo di pensare e intedere la politica, ovvero come servizio per il prossimo e non come strumento per fare i propri porci comodi.

La "fase delle lucciole" è finita - qualcuno se ne è accorto? Spero.


Un amaro saluto

Belardo Viola



L'editoriale
Per fortuna ci ha pensato la gente a ricordarci che queste elezioni erano molto diverse da tutte le altre. Con un astensionismo record gli abruzzesi hanno mandato un segnale inequivocabile ai politicanti di ogni colore: basta ne abbiamo abbastanza.

Elezioni particolari, eccezionali: dovute ad un arresto e concluse con un arresto. In mezzo due inchieste tra le più dirompenti della regione… ma qui ogni inchiesta è più dirompente delle precedenti…
Così dopo il 14 luglio, giorno della liberazione della Regione dal presidente Del Turco, la politica tutta non ha impiegato molte settimane a riassestarsi e ritornare nei ranghi, con le logiche di sempre, per nulla impaurita da nuove e deflagranti inchieste.
Hanno pesato, e come, le comparsate, le battute, le interviste dell’ex presidente Del Turco da sempre al centro dell’attenzione anche quando era in isolamento.
Anche il giorno delle elezioni di cui lui è il principale responsabile. Ha sorriso agli obiettivi dei fotografi e lanciato messaggi ad effetto tanto per vedere cosa sarebbe successo.
Erano le 8 di domenica scorsa: Del Turco parlava e votava, gli abruzzesi ancora indecisi hanno deciso.
Da settembre poi è iniziata questa lunga estenuante campagna elettorale che doveva essere quella della svolta, dell’Abruzzo che volta pagina, che si lecca le ferite e che prova a rialzarsi davvero.
Nulla di tutto questo. La politica ha deliberatamente ignorato la portata dell’accaduto. Per convenienza, negligenza, impreparazione.
Le facce di sempre si sono accompagnate agli slogan di sempre, pieni di un vuoto spinto, senza ritegno, senza vergogna, senza il minimo tentennamento della coscienza.
Ed è stata una campagna elettorale uguale a tutte le altre con in più un arresto da inserire anche negli slogan elettorali. L’esempio lampante quello del vicario Enrico Paolini, vice di Del Turco fino al 14 luglio e poco dopo suo acerrimo nemico perché intenzionato a chiudere una legislatura in nome della trasparenza che ha continuato però ad avallare stabilizzazioni dubbie, di precari e portaborse, a sposare promozioni, la nuova pianta organica della regione, i concorsi lampo all’Arit e fornire rassicuranti promesse anche per le stabilizzazioni allo sportello Sprint. E sui suoi manifesti, il vice, lo ha ricordato a tutti: «l’onestà non si arresta».

Ma gli elettori non gli hanno dato fiducia e nel prossimo consiglio regionale lui non ci sarà.
Eppure qualcosa di molto dirompente è successo quel giorno di luglio, con implicazioni gigantesche che la classe politica non ha voluto vedere e continua a non voler vedere.
Per fortuna la gente ha capito e non vuole più farsi prendere in giro.
L’uomo della strada ha purtroppo una unica arma: non esercitare il proprio diritto di scelta.
Perché la democrazia è anche l’essenza del poter scegliere.
Il dato storico incontrovertibile è che gli abruzzesi ora sono stufi davvero e non tollerano più porcate di nessun genere, non tollerano più questa atmosfera asfittica dove i precari sono condannati a morte, le piccole aziende chiudono i battenti, i dipendenti vanno in cassa integrazione.
Ecco il prezzo che l’Abruzzo paga per la corruzione endemica e la mortificazione quotidiana delle leggi.
La gente ha detto basta alle mazzette, basta alle raccomandazioni, basta alle parentopoli che mortificano i più, basta alle corsie preferenziali.
L’astensionismo non sarebbe bastato a far riflettere i politicanti abruzzesi?
Così dopo il nuovo intervento della magistratura con l’arresto del più chiacchierato sindaco d’Abruzzo attendiamo la reazione delle buona politica, quella che è rimasta soffocata dai giochi di lobbies.
Il Pd ha peccato di superbia ed ha continuato a farlo senza un esame di coscienza ed ha continuato a compiere atti di dubbia legittimità fino al giorno prima delle elezioni.
Cos’altro deve accadere ancora in Abruzzo perché la gente si svegli, denunci, condanni, dia la spallata definitiva al marcio?
Chiodi che vince, d’altro canto, è l’avvento di una politica che ha davanti a sé un grande punto interrogativo. L’esigenza prima è il rinnovamento e questo può arrivare solo con il controllo diffuso dei cittadini che partecipano alla cosa pubblica.
Il controllo diffuso può essere concretizzato solo con la vera trasparenza.
Chiodi, il Pdl ed il centrodestra si sono dimostrati purtroppo insensibili a questa importante e vitale esigenza. Nessun esponente della coalizione (a parte il sindaco Antonio Tavani) ha firmato il manifesto di Pdn sulla trasparenza. Chiodi non ha speso nemmeno una parola nell’affaire della Asl di Pescara, una consulenza come tante (purtroppo) che ha però messo in luce l’essere refrattario alla chiarezza. Ecco perché l’Abruzzo non può tirare ancora un sospiro di sollievo.
Quello che si può sperare oggi è di non stare peggio di ieri.
E’ certo, invece, che non siamo sorpresi dalle ultime vicende giudiziarie.
Noi in tre anni abbiamo già raccontato tutto quello che sta emergendo in queste ore. Non so gli altri.

a.b.
Articolo tratto da : www.primadanoi.it
17/12/2008

mercoledì 17 dicembre 2008

Grazie



Il Partito Democratico di Capistrello ringrazia gli elettori che, con il loro voto, hanno espresso speranza e fiducia per la nostra presenza sul territorio, al punto da riconoscerci come primo soggetto politico locale.
La diffusa astensione, registrata nella regione dalla scarsa affluenza al voto, conferma ancora una volta la grave crisi di credibilità della politica, specie della vecchia e logora politica di quanti non hanno saputo interpretare la necessità di offrire alla comunità un servizio adeguato alle esigenze del presente e del futuro più immediato. I ben noti fatti di cronaca del ventennio appena trascorso lo testimoniano tristemente.
Fin d'ora, dunque, siamo tutti obbligati a riflettere per non cedere allo sconforto suscitato dalla malapolitica e, soprattutto, per modificare profondamente il rapporto tra politica e cittadini con l'obiettivo di fornire a tutti, con maggiore consapevolezza e realismo, un servizio efficace e di alto profilo a partire dai più deboli. Per questo sarà necessario scegliere proposte concrete, trasparenti e coerenti con le aspettative di una comunità, giustamente esigente, che merita maggiore considerazione, attenzione e rispetto.
Il Partito Democratico avverte tutta la responsabilità e la necessità di proporre al nostro paese una realistica via d’uscita alla crisi che, da troppo tempo, impedisce la crescita civile ed economica. Occorre un concentrato di capacità intellettuali e professionali, forze morali e credibilità personali per interpretare la domanda di cambiamento, espressa da molti, con un nuovo modo di fare politica che sia all'altezza della situazione. Questo è il nostro compito, insieme possiamo renderci utili a tutti!

Ancora grazie ai nostri elettori e auguri di Buon Natale a tutti.


Circolo Partito Democratico
Capistrello

sabato 6 dicembre 2008

Ritorno alla Thyssen tra i fantasmi della Linea 5


«Solo ora, alla fine della mia vita, quando ho fatto tutto quello che ritenevo giusto e attendo solo la morte, non ho più paura»
(Thomas Hobbes)

TORINO - Il buio è circondato da seicento metri di muro, e più nessuna insegna. Là sopra, sul tetto lungo e piatto stava scritto ThyssenKrupp Acciai Speciali: adesso niente, la fabbrica dei tedeschi non si chiama più. I girasoli attaccati al lampione in una specie di antico funerale sono secchi, e nel vento penzolano brandelli di scotch. Silenzio profondo. Poi, improvviso, il rombo dei camion. Qui tutto appare due volte morto: 6 dicembre 2007, il fuoco, un anno fa. E adesso, e domani. La grande magnolia col tronco annerito era un monumento ai caduti, proprio davanti all'ingresso della fabbrica color ruggine. Forse un altare, o un grido nel vuoto. Sulla corteccia è rimasto il cartellone con le sette fotografie, Antonio, Roberto, Angelo, Bruno, Rocco, Rosario, Giuseppe, poi un drappo rosso che il tempo ha scolorito. A terra, i resti di qualcosa che fu un fiore. Arriva una guardia. "Via, qui non si può stare". Ma come? Neanche per guardare un albero? "Non si può più, per favore, via". Pietro Russo è rimasto lì dentro fino a qualche giorno fa. Ex impiegato tecnico ora cassintegrato. E' stato tra gli ultimi ad abbandonare le navate alte dieci metri e lunghe trecento. Uno degli ultimi, anche, a poter raccontare cos'è oggi la "linea 5", quella dove l'aria prese fuoco ingoiando persone. "Ci sono i sigilli dei giudici tutto attorno ai macchinari, rimasti esattamente come quella sera - spiega - Hanno spento le luci, non si vede quasi niente. Lì dentro il sole non entrava mai. E intorno ci sono le fosse, ovviamente in sicurezza, gli enormi buchi delle macchine smontate e portate a Terni, nell'altro stabilimento Thyssen". Bisogna immaginare un interminabile corridoio, racconta Pietro, con una specie di vagone accanto: il forno. Rossi i pavimenti e i piloni, gialli i tubi e le ringhiere. Nero tutto il resto. Il buio è un calamaio, un pozzo sfregiato dall'inferno più o meno a metà strada, 150 metri oltre l'inizio dei sigilli rossi e bianchi. Manca poco all'una di notte. Il nastro d'acciaio scorre, sbanda, scintilla, olio e carta innescano la bomba, scoppia un flessibile pieno d'olio, l'onda è una bocca rossa che divora ogni vita. "Si vedono ancora le strisce di olio bruciato, uscito dalla macchina e subito incendiatosi". Gli acidi, i gas, l'elettricità. L'apocalisse. Dopo un anno, è come guardare dentro il motore di un'immensa auto carbonizzata: tubi, manicotti, cilindri, bulloni, dischi, tutto però cristallizzato da una specie di morte nera. Per salvarsi, ed era impossibile, si sarebbero dovuti attraversare almeno quindici metri compatti di fiamme. Il fumo ha disegnato per sempre i contorni della strage, anche se i padroni avrebbero voluto portare via tutto, smontare e rimontare altrove, rimuovere, dimenticare. Lo ha impedito l'inchiesta. "Ma io ricordo che il mattino dopo il disastro, i tedeschi volevano ripartire con la produzione" dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom torinese. "Non fu facile impedirlo". Cosa resta dopo un anno? "La ferita della domanda: si poteva evitare? Io dico di sì. La sconfitta sindacale, perché la fabbrica adesso è chiusa. E la conferma della generale svalutazione del lavoro operaio, se le merci diventano più importanti delle persone". Qualche pallido neon illumina le palazzine degli impiegati, in un lucore da camera mortuaria. Invece la fabbrica è totalmente buia. Nell'immensa navata - nell'area delle vecchie Ferriere lavoravano 13 mila persone negli anni Ottanta, e adesso zero - si aprono gli abissi della dismissione. Le squadre delle aziende che montarono gli impianti, come la tedesca Demag, sono venute a smontare, pezzo per pezzo, il corpo di una fabbrica e la storia di migliaia di persone, sette delle quali uccise. Prima del rogo avevano già portato via la linea B/A e il laminatoio Sendzimir 54; dopo tre mesi di stop, a marzo si è tornati a svitare, tagliare, togliere. Via un secondo laminatoio più grande, il Sendzimir 62, e un terzo più piccolo, lo Skinpass 62. A seguire, due linee di taglio. "Adesso si sta dismettendo la linea 4" spiega Pietro Russo. La maledetta linea 5 resta lì, circondata dal nastro bianco e rosso: a gennaio inizierà il processo in Corte d'Assise. "La cosa strana è che non c'è puzza di bruciato, e neanche odore di ferro. Ma neppure prima si sentiva, o forse eravamo talmente abituati da non sentirlo più". La massa impressionante è il rotolo d'acciaio da settemila chili, il termine tecnico è aspo, un enorme cerchio grigio ancora pieno di macchie d'olio bruciato. "Nella linea 5 lo si rendeva sottile, adatto alla fabbricazione di oggetti di qualità: posate, pentole, vassoi, ma anche la lamina delle lavatrici, oppure tubi". Qui ha preso forma l'esatto contenuto della parola inferno, eppure la voce di Pietro conserva l'orgoglio del lavoro fatto bene, una specie di bizzarra felicità. "Perché lo voglio dire: qui, fino al 2006 abbiamo lavorato tanto, in condizioni di sicurezza. Poi l'azienda decise di chiudere, e allora smise di occuparsi anche delle cose minime però essenziali, non solo la salute dei lavoratori, persino la carta igienica nei bagni". Il silenzio è innaturale per chi conserva nelle orecchie e nella pancia il boato di una produzione che non si fermava mai, sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno. Nella palazzina degli uffici si aggirano come zombi una decina di impiegati: cinque "si collegheranno" alla pensione, altri cinque faranno compagnia ai 28 operai "da ricollocare", attualmente a Camerana per un corso d'aggiornamento. Completano l'elenco due disabili e due distacchi: uno è Antonio Boccuzzi, il superstite della linea 5 diventato deputato. La cassa integrazione scadrà il 3 marzo 2010. Chi alla Fiom si è battuto più di tutti per il loro posto è il sindacalista Fabio Carletti. Adesso il lavoro è quasi finito, e può scuotere per bene la testa. "Il mio cruccio è avere perso. Ma, di più, avere conosciuto un padrone che non ha nessuna considerazione degli altri. Uno che dice con brutalità anche sincera che il lavoratore è suo, lo paga e dunque ne fa quello che vuole". Invece Giorgio Airaudo prende a schiaffi l'aria, mentre quasi parla con le mani: "Quando il lavoratore è debole, anche il sindacato lo è. Forse è venuto il momento di chiedersi cos'è, oggi, la classe operaia". A Torino, 170 mila metalmeccanici. Il dieci per cento del totale nazionale. Invisibili. "Io provo tanta rabbia. Poteva non avvenire, doveva non avvenire". Il mostruoso vagone della linea 5 è il più lontano dall'ingresso su corso Regina Margherita: sta quasi addossato all'ex Ilva, altra acciaieria fantasma. Poi, i centoventi metri del capannone - in larghezza - e la strada che separa la fabbrica dagli uffici con lo spogliatoio, al piano di sopra, e sotto la mensa. Dentro, i passi rimbombano come in una cattedrale sconsacrata. Ma sono gli ultimi rumori. Qualche mese ancora e il silenzio sarà assoluto, magari non servirà neppure la guardia che adesso si è seduta nella sua macchina bianca e verde, con le insegne cubitali di una polizia privata, e aspetta che il ficcanaso metta in moto e sparisca. Perché questo è il turpe desiderio, questa l'insana speranza: cancellare ogni cosa, far scappare gli ultimi residui di memoria. Renderli come il fiocco nero, segno di lutto che qualche mano pietosa legò al mancorrente e dopo un anno giace a terra, stinto, insieme ai petali secchi, al cellophane di una remota era preistorica. È diventato pallido anche l'inchiostro delle scritte. Una, bianca sui mattoni della palazzina, dice "Mase vive". E magari un po' è vero, finché anche solo un essere umano ti vuole bene se pure non ci sei più, però Mase - cioè Giuseppe Demasi, 26 anni, la settima e ultima vittima dopo quattro interventi chirurgici, una tracheotomia e tre rimozioni di cute in vana attesa della pelle nuova - sta nello stesso angolo di cimitero degli altri, non tutti, cinque, dove una striscia azzurra tracciata dal Comune indica la strada, aiutando a trovare i ragazzi morti nel fuoco della fabbrica. Anche così si prova a non dimenticare. L'altra scritta in realtà sono due, spruzzate dodici mesi fa da una bomboletta contro il cemento del muretto esterno, dove si appoggia la ringhiera verde. "Di lavoro si muore, sciopero selvaggio" con tre punti esclamativi. E più a destra, continuando: "Operai bloccate tutto!" e il simbolo dell'anarchia. Remotissimo, quest'ultimo slancio a battaglia ormai conclusa, perduta. Invece la quarta scritta è un tabellone pubblicitario, messo proprio dove comincia la fabbrica e dove finisce la città. Dice: "Christmas Village, vola in un magico Natale". Appesi a un secondo lampione, due mazzetti di rose rosse hanno resistito alle stagioni, all'estate torrida e a questo freddo cattivo: i fiori stanno imbozzolati dentro il cellophane, con molti giri di nastro adesivo per isolare e difendere. Viene quasi da immaginare il gesto d'amore feroce, certamente di mano di donna, che pose quei fiori. Proteggerò tutto di te. Il traffico della tangenziale sposta l'aria con schiaffi decisi. Ogni tanto la sbarra del parcheggio si solleva e libera un'auto che pare guidata da nessuno: chi è rimasto non è meno spettro di chi è andato. Dalla montagna in fondo al corso, nitida e netta come una cartolina o forse un sogno, scende aria gelata. Il cielo ha lo stesso colore dell'acciaio che si srotolava da gomitoli alti come una casa, finché lo maneggiavano gli operai della Thyssen. Ma stasera sembra un coperchio posato sul mondo.

La Repubblica(5 dicembre 2008)

giovedì 4 dicembre 2008

Voglio condividere con tutti voi una breve ma significativa intervista a Gustavo Zagrebelsky uscita qualche giorno fa intorno alla questione morale nella politica, un'analisi quella di Zagrebelsky che sposo a pieno senza se e senza ma.

Augusto Bisegna



Intervista a Zagrebelsky: «Corruzione a sinistra, cacicchi scatenati»

di M.Antonietta Calabrò – Il Corriere della Sera 3/12/08

«Questa è qualcosa di più di un’intervista, è uno sfogo».
A parlare così è Gustavo Zagrebelsky, uno dei più importanti costituzionalisti italiani, ex presidente della Corte Costituzionale, opinionista influente, capofila della scuola piemontese cui hanno fatto riferimento personaggi come Giancarlo Caselli e Luciano violante, e un’intera generazione di magistrati “democratici”.


Fumo negli occhi per il centrodestra che lo ha sempre temuto come il padre nobile di Mani Pulite e, negli anni, come la punta di diamante giuridica contro le cosiddette leggi ad personam e i provvedimenti sulla giustizia dei governi Berlusconi succedutisi dal 1994.
Ebbene, con il suo consueto rigore more geometrico Zagrebelsky prende oggi pubblicamente atto che un’enorme «questione morale sta corrodendo il centrosinistra». E quello che Gerhard Ritter aveva definito «il volto demoniaco del potere» ormai è diventata l’altra faccia della politica del Partito democratico. Secondo l’analisi di Zagrebelsky il Pd «a livello centrale è debolissimo e quindi a livello locale i cacicchi si sono scatenati». Dalla Campania all’Abruzzo, da Firenze a Genova.

Oggi la questione morale si è spostata a sinistra?
«Sì. Per un motivo antropologico e per uno politico».

Prima l’antropologia…
«È una questione di antropologia, ma pur sempre antropologia politica. Le leggi della politica sono ineluttabili. La politica corrompe. Ha un effetto progressivamente corrosivo, permea il tessuto connettivo e stabilisce delle relazioni basate sul potere. Nel caso meno peggiore si tratta di relazioni non trasparenti, di dipendenze, di clientele. Siamo un popolo di clienti delle persone che contano. Nel peggiore dei casi, invece, si tratta di vere e proprie relazioni criminali e di malavita».

Anche nel Pd?
«Sì. Nella sinistra, il neonato Pd è la causa della questione morale che constatiamo. Per due motivi».

Il primo?
«Il mancato ricambio generazionale che era la speranza e la scommessa dei democratici. Non che a sinistra ci siano necessariamente gli uomini migliori, ma si poteva sperare in un rinnovamento che avrebbe invertito l’inesorabile avanzata degli effetti della legge sulla corruzione».

Il secondo?
«La debolezza del partito, dell’organizzazione del partito, la mancanza di comuni linee di condotta…»

Rina Gagliardi su «Liberazione» ieri sottolineava che l’esplosione della questione morale comporta il rischio di implosione per il Pd. Manca il centralismo democratico?
«Certamente non bisogna invocare il centralismo democratico che era anch’esso una degenerazione, ma al centro del Pd oggi come oggi non c’è nulla e così a livello locale i cacicchi si sono scatenati».

Anche D’Alema aveva definito questa tipologia di politici locali il «partito dei cacicchi». Lei quando parla di caciccato pensa alla Campania del presidente Antonio Bassolino?
«Non conosco direttamente le varie situazioni: certo è che se ne sentono dire di tutti i colori».

Proprio ieri il capo dello Stato, parlando a Napoli, ha fatto un forte appello all’autocritica delle forze politiche in particolare del Mezzogiorno. Condivide le parole di Napolitano?
«Completamente. Anche perché si stanno avvicinando le elezioni amministrative e quello che si vede e si sente ha effetti devastanti sulla tenuta democratica del Paese».

Ci spieghi…
«La gente si sente strumentalizzata, usata per giochi di potere. C’è un drammatico bisogno di ricambio degli amministratori. Molti cittadini hanno veramente creduto nella possibilità di un cambiamento con il governo della sinistra. E invece, le ferree regole descritte da Ritter ne Il volto demoniaco del potere hanno avuto il sopravvento e si è instaurato il caciccato».

E nel centrodestra ci sono i cacicchi?
«Il centrodestra ha un leader, Berlusconi, che ha dimostrato di avere le capacità e le possibilità, anche materiali, di tenere insieme i suoi. Noi constatiamo che a destra il sistema di potere funziona meglio e quindi è meno visibile. Non che questo sia un vantaggio, ma gli effetti degenerativi non sono sotto gli occhi di tutti in maniera così eclatante»

venerdì 28 novembre 2008

Sono solo canzonette



Dichiarava qualche mese fa l'assessore Croce sulle colonne de "Il Tempo":


«La riapertura della discarica - ci dice l'assessore Antonio Croce - consentirà di smaltire circa novemila metri cubi di pattume prima della definitiva chiusura. È sicuramente una boccata d'ossigeno sia per il consorzio ma anche per le casse del nostro comune; sono previsti circa 330 mila euro di entrate».
È noto che il Comune di Capistrello ha ceduto la discarica a Segen, che si occuperà della chiusura e l'apertura di una nuova con capacità iniziale di circa 30 mila metri cubi. Nell'accordo è prevista anche la bonifica della primissima discarica aperta in località Tresolero.
«Stiamo anche lavorando - prosegue l'assessore Croce - all'incentivazione della raccolta differenziata, che potrebbe portare in breve termine il nostro comune tra i più virtuosi d'Abruzzo. Abbiamo posizionato sul territorio nuovi contenitori, ma il vero obiettivo è la raccolta porta a porta, c'è solo da superare alcuni ostacoli dal punto di vista delle competenze».
L'attività dell'attuale discarica andrà avanti sino al prossimo aprile, quando è prevista la definitiva chiusura, nel frattempo si sta lavorando alle autorizzazioni per la nuova che dovrebbero arrivare, ma non esistono dubbi in proposito, prima dell'autunno. «Abbiamo lavorato per circa due anni - conclude l'assessore - per rispettare le prescrizioni richiesteci e per ottenere la nuova autorizzazione; un premio, se vogliamo, alla nostra perseveranza. Non sarà certo la soluzione definitiva al problema, ma sicuramente rappresenta una boccata d'ossigeno per tutti i comuni del consorzio ed in particolare per il nostro».

Notizia tratta da : Il Tempo del 06-08-2008



Raccolta differenziata, porta a porte, nuovi servizi !!! Dove, Quando, Come. La risposta che da l'amministrazione (o ex amministrazione) di Capistrello a uno dei problemi più sentiti del nostro paese è l'apertura (per cominciare) di una nuova discarica da 300.000 metri cubi.

Cosa ci guadagnano i cittadini da questa operazione?


Mentre tutta Europa chiude le discariche e attiva servizi e politiche di incentivazione per la differenziazione e il riciclaggio dei rifiuti, il comune di Capistrello "regala" alla società SEGEN un pezzo del territorio comunale per lucrare denaro alle spalle dei cittadini, i quali di fatto ci guadagnano : un pessimo servizio di raccolta rifiuti, una raccolta differenziata inesistente con percentuali vicine allo zero (3%), un territorio infestato di discariche abusive e un costo per lo smaltimento rifiuti (la famosa Tarsu) tra le più salate dei comuni del comprensorio marsicano.


di Belardo Viola


Puoi scaricare la "relazione non tecnica" sull'ampliamento della discarica di Capistrello cliccando qui : www.regione.abruzzo.it


Di tutto ciò si parlerà, sabato 29 novembre 2008 presso i locali della Pro-Loco (ex scuola elementare) di Corcumello

siete tutti invitati ad intervenire





L'on. Francesco Rutelli

ad Avezzano

"Incontro con i candidati del PD"

Oggi, 28 novembre alle 17.30

Hotel dei Marsi

Siete tutti invitati a partecipare





martedì 25 novembre 2008

Un vecchio vizio della vecchia politica. Chiodi candidato alla presidenza della Regione Abruzzo apre la bancarella di Gianni

Il festival dei peracottari....


clicca qui per vedere il video


Dopo il clamoroso infortunio nella presentazione delle liste da parte del PDL, depositate presso la corte d'appello dell'Aquila con documentazione approssimativa e rimaneggiata, nuovo svarione del centrodestra abruzzese, sempe più simile ad un'allegra brigata di dilettanti allo sbaraglio.
Ci sarebbe da ridere se non fosse che lo spot intitolato "Tutti gli uomini del presidente" del candidato del centrodestra Gianni Chiodi sta spopolando in rete tra i siti delle maggiori testate giornalistiche e su you tube, facendo strame dell'immagine della nostra regione già gravemente compromessa dalle note vicende che hanno visto l'azzeramento della giunta Del Turco per le mazzette nella sanità.
L'Abruzzo proprio non riesce a trovare una classe politica in grado di rappresentare degnamente i propri cittadini e le nnumerevoli persone oneste che meriterebbero ben altro che questa gente, non solo incapace di compilare la documentazione che occorre per presentare in modo corretto e trasparente una lista, ma che ora riesce a far arrossire di vergogna, perfino apologeti della raccomandazione e del clientelismo come Remo Gaspari che almeno avevano uno stile di scuola e cultura politica.
Chiodi invece no.
Fa girare uno spot in cui invita i giovani a correre alla sua bancarella per lasciare il proprio curriculum ed iscriversi ad un non meglio precisato futuro, che stando alle premesse, pare più simile a quel vecchio malcostume delle promesse di posti di lavoro in cambio di voti.
Come fa Chiodi a proporsi come presidente della Regione quando gli sfugge un concetto basilare espresso nell'articolo 4 della costituzione, "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto…." che sancisce il lavoro come diritto e non come "favore" o "concessione" in cambio di un voto.
Un politico che ambisce alla rappresentanza nelle istituzioni non può non avere chiari in testa i principi fondanti della nostra Repubblica.
Ogni politico deve sentirsi moralmente obbligato a promuovere tutte le condizioni possibili che rendano effettivo il diritto al lavoro ma non è quella intrapresa da Chiodi la strada attraverso la quale si creano le condizioni per il lavoro.
Se Chiodi, rappresenta con questo stile, le nuove idee con cui intende far rialzare l'Abruzzo, allora c'è veramente di che preoccuparsi, perché se è vero che Del Turco è stato un esempio di malgoverno, questo centrodestra, non solo esprime scarsa visione prospettica ma anche e soprattutto attori di bassissimo spessore e profilo istituzionale.


Circolo Pd Capistrello
il segretario
Alfio Di Battista



sabato 22 novembre 2008

Tanti auguri Elisa


Cari Amici ed Amiche,

ieri, venerdì 21 novembre, si sono svolte le consultazioni per eleggere i rappresentanti dei giovani del Partito Democratico alle assemblee nazionale e regionali. Per quanto riguarda l'assemblea regionale, nelle liste figurava Elisa Di Giacomo, componente del direttivo del circolo di Capistrello.
Grazie al forte impegno che ha profuso nella competizione assieme ai suoi più stretti collaboratori e grazie soprattutto, al notevolissimo contributo di tanti giovani di Capistrello giunti in massa al seggio, Elisa ha conseguito un risultato strepitoso, quello di essere la più votata dell'intera regione.
Ad Elisa vanno i complimenti di tutti Noi e l'augurio che questo sia solo il primo di altri suggestivi traguardi che solo la grande determinazione unita ad un'incrollabile fede in se stessi possono consentire, ma queste sono qualità che certo non le mancano. Grazie a tutti i ragazzi di Capistrello, agli amici Marsicani e dell'intera provincia dell'Aquila che hanno permesso che ciò accadesse.

Circolo Pd di Capistrello

Il segretario
Alfio Di Battista

giovedì 20 novembre 2008



Primarie Giovani democratici venerdi 21 novembre 2008
venerdi21 novembre primarie per l'assemblea regionale giovani democratici


L'unico seggio allestito a Capistrello è presso la ex-biblioteca Comunale
via San Silvio. L'orario di apertura del seggio è dalle ore 09.00 alle ore 23.00 possono votare le ragazze e i ragazzi tra i 14 e i 29 anni, portando con se un documento di identità, per ulteriori info.
clicca su :
giovanidemocratici

mercoledì 5 novembre 2008

Aria nuova dagli Stati Uniti d'America



Sono sempre stato affascinato dalla capacità di rigenerarsi del popolo Americano.
Se resiste ancora oggi, nell’immaginario collettivo di noi europei il mito del sogno americano, della vita di frontiera, degli spazi sconfinati dell’ovest, del paese dalle mille opportunità, dove chiunque può essere artefice del proprio destino e del proprio riscatto sociale è merito di un popolo pragmatico e al tempo stesso disposto a combattere per perseguire il sogno di un futuro migliore.
Barack Obama, uomo di colore nato nel 1961, rappresenta oggi l’icona più vera ed esaltante di questo mito diventando il 44° presidente degli Stati Uniti.
Come prima di lui aveva forse saputo fare solo John Kennedy, Obama sembra avere quel potere taumaturgico che infonde nuova speranza ad una società messa in ginocchio da una devastante crisi economica.
Un popolo che non esita a dare credito ad un avvocato di 47 anni, figlio di un emigrante Kenyota è un popolo che ha ben radicati nel proprio tessuto sociale valori fondamentali come l’uguaglianza, la tolleranza e quel senso profondo di appartenenza alla nazione che fanno degli USA, pur tra mille contraddizioni, la democrazia più avanzata del pianeta.
Una grande lezione, soprattutto per noi italiani che non riusciamo ad affrancarci dai nostri padri, ai quali sembrano delegate le sorti di un paese dove si resta giovani promesse fino a tarda età.
Se non si comprende la necessità di esprimere con coraggio la voglia di cambiamento le giovani promesse potranno solo sperare che venga loro concesso il permesso di mettersi alla prova ma non è certo così che si investe sul futuro di un intero paese.
Mi piace invece pensare che il sogno espresso da Martin Luther King possa un giorno realizzarsi anche da Noi così come è accaduto in America. God bless America

Alfio Di Battista

lunedì 3 novembre 2008


La speranza... un sogno ad occhi aperti
OBAMA For President

E questa gente vuole...rialzare l'Abruzzo ma perfavore!!!


Domenica di fuoco, quella di ieri. Giornata nera per i vertici del Popolo delle Libertà che questa mattina alle 9 dovranno chiarire tutto altrimenti diranno addio alla competizione elettorale.

L'esclusione non è definitiva in quanto l'Ufficio deciderà oggi dopo avere avuto i chiarimenti ed esaminato le integrazioni documentali richiesti.
Il partito in piena fibrillazione ha però ostentato tranquillità. Per il candidato presidente Gianni Chiodi «si tratta di irregolarità formali sanabili. Il centrosinistra non si illuda che un risultato elettorale che appare scontato possa essere alterato a tavolino tramite cavilli e formalismi».
Dello stesso avviso i due coordinatori regionali Fabrizio Di Stefano («errori chiaribili») e Filippo Piccone (il centrosinistra sta facendo sciacallaggio politico»).
La non ammissione del listino del candidato presidente della Regione del Pdl, Gianni Chiodi, si porterebbe dietro la non ammissione delle quattro liste collegate: Liberal Socialisti, Mpa, e la civica Rialzati Abruzzo che comprende Dc e Abruzzo Futuro…
La vittoria verrebbe consegnata così ai contendenti rimasti, per la legge dei numeri sulla carta al centrosinistra.

I MOTIVI DELL'ESCLUSIONE

Secondo quanto hanno chiarito i responsabili dell'Ufficio elettorale ci sarebbero carenze in ordine ai sottoscrittori delle candidature del listino che comprende il presidente e altri sette nominativi.
Secondo la legge un listino deve avere minimo 1.750 firme a sostegno. Al Pdl ne sono state riconosciute valide 1.680; altre 267 sono state annullate.
Sostanzialmente gli errori riscontrati dall'Ufficio elettorale centrale sono di tre tipi e «non riguardano firme irregolari ma questioni formali», come ha spiegato Fabrizio Di Stefano.
La maggior parte di queste firme (circa 190) è stata annullata perché manca o non é ben visibile il timbro dell'ente di appartenenza dell'autenticatore; sono presenti firma e qualifica.
Secondo Di Stefano «si tratta di un errore facilmente sanabile, come avvenuto in casi analoghi, con un'attestazione di chi ha autenticato».
Il secondo tipo di errore riguarda la mancanza della qualifica di chi ha autenticato e sarebbe stato riscontrato su una trentina di firme.
Il terzo errore, sulle rimanenti firme, è nei certificati di iscrizioni alle liste elettorali di alcuni dei sottoscrittori nei comuni di Celano (L'Aquila) e Teramo: rilasciati su carta intestata non presentano timbro dell'ente.

CHIARIREMO TUTTO

La frase più inflazionata di ieri è stata «chiariremo tutto». A riportare la calma sono stati proprio i vertici di partito che se in privato non hanno dimostrato una calma britannica, in pubblico hanno ostentato tranquillità e minimizzato l'esclusione momentanea. «Si tratta di un episodio deprecabile che sarebbe stato meglio evitare al fine di scongiurare strumentalizzazioni di parte», ha detto ancora Di Stefano.

LA DESTRA: «INTERVENGA LA MAGISTRATURA»

E le critiche non sono di certo mancate. «La lista Chiodi in Abruzzo è nel caos più totale», ha commentato Francesco Storace de La Destra. «Non aveva torto, dunque, Teodoro Buontempo nel segnalare pasticci, stupidamente contraddetti da chi li ha causati». E poi Storace ha avanza un dubbio: «certo è che se non conoscono le leggi elettorali, come fanno a dire di poter governare la Regione...Contro la legge lo ha già fatto Del Turco».
I dubbi di Buontempo, invece, erano arrivati già sabato pomeriggio, quando la decisione dell'ufficio elettorale non era stata ancora presa.
Il candidato de La Destra aveva auspicato addirittura l'intervento della magistratura «per accertare le eventuali violazioni di legge che sarebbero state consumate all'interno dei locali della Corte d'Appello dell'Aquila».
Secondo il racconto dell'esponente di destra «gli esponenti del PdL, alle ore 12,00 di sabato erano privi della lista dei candidati e dei relativi documenti necessari per la sua presentazione. Alle 12,15, per vie misteriose», ha continuato Buontempo, «mentre tutti gli accessi dovevano essere chiusi, sono stati fatti entrare i moduli per la presentazione della lista del PdL e su quei moduli, che contenevano le firme necessarie per la convalida della lista stessa, sarebbe stato cambiato il nome di uno o più candidati. Poiché le firme vengono raccolte a sostegno di una lista, se questa è stata alterata le firme stesse non avrebbero più alcuna validità».
Quanto denunciato, ha poi spiegato Buontempo «sarebbe riscontrabile attraverso un filmato in possesso della Rai, che la magistratura dovrebbe subito acquisire».
Esisterebbe, poi, anche un altro filmato, registrato con un cellulare, che dimostrerebbe «che lista e documenti sarebbero entrati nella Corte d'Appello dopo le ore 12 e che la lista presentata sarebbe diversa da quella sottoposta ai sottoscrittori della lista stessa».



DI PIETRO (IDV): «PDL HA VIOLATO LA LEGGE»

«Il Pdl ha commesso gravi irregolarità, sia amministrative che penali, nella presentazione delle liste per le elezioni in Abruzzo. E l'Italia dei Valori è in possesso di prove documentali, fotografiche e video, già trasmesse alle autorità competenti», ha fatto sapere Antonio Di Pietro.
Secondo l'ex pm di Mani Pulite «è stato cambiato all'ultimo minuto, quando si era ormai nell'impossibilità di raccogliere le firme, il nome di qualche candidato. E la riprova c'é con la conferenza stampa del giorno prima, in cui il Pdl aveva indicato i propri candidati, diversi da quelli poi presentati. Insomma, le sottoscrizioni sono state raccolte a nome di un candidato e attribuite a un altro candidato, e questo si chiama falso. Il Pdl – ha concluso Di Pietro - vuole andare a governare l'Abruzzo, dopo tutto quello che è successo in quella Regione, e già il giorno prima della campagna elettorale viola le leggi. Non è proprio un bel biglietto da visita».
Il senatore Alfonso Mascitelli si è chiesto, invece, se nelle fila del Pdl ci sia incapacità o conflitto interno: «O il Pdl non ha neppure gli strumenti per predisporre regolarmente una lista elettorale, e quindi dubito della capacità di governo della stessa forza politica - scrive Mascitelli -; oppure in casa Pdl si è consumata una vendetta interna che dimostra il livello di conflittualità e di confusione presente nel partito».
Intanto, in attesa della decisione finale del giudice, ieri pomeriggio l'Idv si è riunita con i propri legali: «c'é ovviamente la decisione e la volontà politica di presentare ricorso in caso di riammissione della lista del Pdl, ma ci pronunceremo solo dopo l'ultimo verdetto».

UDC: «VIGILEREMO»

Anche l'Udc, lasciata fuori proprio dal Pdl per una possibile alleanza oggi promette battaglia: «vigileremo», ha detto Cesa, «affinché non avvengano nei loro confronti né interferenze né intimidazioni. Sarebbe incomprensibile che dopo l'esclusione delle liste Udc in Trentino, in Abruzzo venga presa una decisione diversa per il PDL. Ci auguriamo- ha concluso il segretario centrista - che non si usino due pesi e due misure a seconda dei casi».
Ma poco dopo ha replicato ancora Di Stefano: «noi non siamo come il caso del Trentino. In quel caso alcuni candidati non avevano autenticato le loro firme. Da noi c'è una semplice omissione di timbro».

PROBLEMI ANCHE PER ALTRE LISTE

Ma il Pdl non è solo in queste ore a sperare di risolvere il grave problema.
L'Ufficio elettorale centrale, infatti, ha escluso dalle consultazioni regionali in Abruzzo del 30 novembre e primo dicembre prossimi anche il listino di Alleanza Federalista Lega Nord, Per il Bene Comune e Forza Nuova.
Il movimento guidato dall'europarlamentare Roberto Fiore, candidato presidente, non è stata presentata perché una guardia giurata presente in garitta non avrebbe consentito l'accesso ai delegati alla presentazione, motivando la sua decisione con l'orario: troppo tardi rispetto a quanto previsto dalla legge.
Forza Nuova sta presentando ricorso chiedendo all'Ufficio elettorale centrale il permesso di presentazione con modalità e tempi che vorrà stabilire.
«Erano le 11.59», ha replicato Marco Forconi. «Il funzionario non è il depositario dell'orario di Greenwich, e non si capisce per quale recondito motivo doveva essere il suo orologio a segnare l'ora esatta, e non quelli dei presentatari. La verità è un'altra: in un modo o nell'altro, le liste di Forza Nuova dovevano essere escluse».
«Siamo tranquilli. Presenteremo domani mattina puntuali le nostre controdeduzioni alla non ammissione in via provvisoria della nostra lista regionale Alleanza Federalista-Lega Nord alle prossime elezioni», ha detto Leopoldo Rossini. «Siamo tranquilli - ha aggiunto -: la contestazione della Corte d'Appello riguarda l'arrivo in Tribunale con lieve ritardo di uno dei due rappresentanti di lista. Ma siamo fiduciosi di poter superare tale obiezione».

Tratto da Primadanoi on-line - di Alessandra Lotti 03/11/2008 8.04

sabato 1 novembre 2008

Un marziano in Abruzzo


Ha ragione lo scrittore Licio Sabatini nella sua lettera aperta pubblicata oggi su Il Centro nell'affermare ..."
si va al rinnovo del Consiglio Regionale come se nulla fosse accaduto"
Di Fatto se un ignaro marziano atterrasse oggi sul pianeta Abruzzo non noterebbe assolutamente nulla, tutto regolare, tutto normale tutto così abruzzese .
Eppure qualcosa qualche mese fa, precisamente il 14 luglio è successo, e far finta di nulla è come mettere la testa sottoterra come i simpatici amici struzzi , ma attenzione facendo ciò non si fa altro che offrire all'avversario la parte diciamo così migliore di noi stessi...il proprio sedere...e le sorprese a volte sono dure da digerire... Auguri

Belardo Viola



Regione, alle elezioni come se nulla fosse accaduto

di Licio Sabatini *
Le elezioni regionali del 30 novembre si avvicinano e tutta la mediologia disponibile si è messa in moto. I volti dei candidati in quadricromia campeggiano un po’ ovunque, l’immancabile sorriso, gli occhi lucidi e penetranti, lo sguardo rassicurante. Il corredo dei soliti slogans stereotipati appartengono ormai ad un linguaggio liso ma senza alternativa: impegno, concretezza, cambiamento, fiducia e così via. Signori, la macchina con a bordo la democrazia è decisamente in viaggio. Mentre l’onorevole Remo Gaspari, zio Remo per gli amici, il nostro vegliardo della politica, si affanna a declinare fatti e misfatti che hanno ridotto il suo/nostro Abruzzo nelle condizioni in cui lui e noi non avremmo mai voluto. Semplifica tutto con coraggio e competenza il già pluriministro dell’era democristiana, fustigando i velleitari-ambiziosi della prima e dell’ultima ora: partiti e politici della pagnotta. Come dargli torto? Se anche l’ex governatore, che comunque per colpa sua dobbiamo tornare a votare anzitempo con aggravio di spese per tutti, nonostante la lungodegenza penosa dichiara: tornerò a fare politica. E attribuisce ai cosiddetti poteri forti la colpa delle sue disgrazie.
Dunque, dall’orgoglio e dal potere indiscusso, fino a quando non è entrato nel ciclone della giustizia, a vittima. Chi sono questi poteri forti a cui allude? I cittadini desiderano saperne nomi e cognomi, altrimenti rischiano di finire in confusione giacché il concetto di «teorema» culturalmente appartiene a coloro che stanno di fronte a lui, ovvero ai giudici. Sfido chiunque a trovare un recluso che è stato consolato come lo è stato l’ex governatore. Ma chi consola i contribuenti abruzzesi «incarcerati» dalla famosa addizionale Irpef per la sanità regionale senza vedere né il debito ridotto né la qualità dei servizi migliorata? A proposito, sfugge l’altra faccia della medaglia non meno preoccupante. Quella della frustrazione, talvolta corredata da vittimismo e da ingiustificato disimpegno, che si riscontra nei medici e negli operatori sanitari in genere i quali percepiscono il senso di sfiducia della gente verso il sistema.
Ma tutto apparentemente procede come se nulla fosse accaduto. Noi abruzzesi siamo fatti così: quando i guai vengono dall’alto ci abbandoniamo ad una sorta di rassegnazione che sa di retaggio medioevale. Lo spirito di rivolta poco ci appartiene. I sindacati dal canto loro hanno scelto di prendere di mira i grembiulini imposti dalla Gelmini anziché protestare contro governi regionali che da tempo ne vanno combinando di cotte e di crude. Sarà che la malattia, ovvero l’argomento principale, per sua natura induce ad uno stato di sottomissione e di deferenza di cui molti sanno come approfittarne. Ora il rito si ripete per l’ennesima volta. Con un mese di campagna elettorale ci si può assicurare un posto di potere alla Regione e una pagnotta ben imbottita. Allora mi viene da fare una riflessione: un popolo con la pancia piena dorme. Con la pancia vuota si ribella. Quando essa è mezza vuota è l’inganno della politica a riempirla.


Tratto da : Il Centro 01.10.2008

martedì 28 ottobre 2008

Cassa e Precari . Emergenza Nazionale


Pongo all'attenzione di tutti Voi che frequentate e seguite questo blog , un' interessante articolo uscito su "La Stampa" di oggi a firma di P.Garibaldi.
Nell'articolo si evidenzia come le preoccupazioni di tecnici e politici in merito alla crisi finanziaria si stiano spostando (e aggiungo io speriamo!) dalla finanza, all'economia reale.
Ma quali sono le proposte della Politica per limitare i danni ?

In Abruzzo, come del resto oramai in tutta Italia non passa giorno senza leggere sui quotidiani locali di qualche azienda grande o piccola che sia, che fa ricorso alla CIG, se non addirittura nel peggiore dei casi di chiusure e fallimenti.
Si vanno disegnando quindi, scenari poco incoraggianti per l'Italico paese ma nell'asettica drammaticità delle cifre, nessuno sembra voglia contare anche tutte quelle migliaia di lavoratori precari che, in queste fasi di crisi mercato perdono il lavoro senza avere un minimo di sussidio che gli permetta di tamponare l'immediata perdita del lavoro.
Sono, uomini e donne, apparentemente senza nome e senza volto, che non rientrano neanche nei conteggi statistici; eppure queste persone, non sono così lontane da noi, forse le conosciamo molto bene, amici, fratelli, mogli, fidanzate.

Proprio nella Marsica, assistiamo inermi alle decine di contratti precari che lavoravano in note aziende del nucleo industriale una tra tutte la Micron Tec. di Avezzano (una delle più grosse aziende della regione) "costrette" dalla crisi finanziaria e dei mercati a licenziare e quindi, mandare a casa senza più un lavoro decine di lavoratori precari -
se sono fortunati, alcuni di loro potranno far ricorso all'indennità di disoccupazione, ma per molti purtroppo non c'è neppure quella.
Ha ragione allora P.Garibaldi nel suo articolo, a dire che una legge degli ammortizzatori sociali dovrebbe essere all'ordine del giorno dell'agenda di governo "...l’Italia ha urgente bisogno di introdurre un sussidio unico di disoccupazione a cui si accede indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati impiegati". E allora cosa stiamo aspettando?

Bisegna Augusto

Tra Cassa e precari

Mentre la Borsa continua a crollare, le preoccupazioni di tecnici e politici si spostano sull’economia reale.
Dai mercati finanziari la crisi è infatti destinata a colpire le decisioni di imprese, consumatori e lavoratori.
I primi segnali di crisi sono già evidenti, come testimoniato dal calo della produzione industriale e della forte riduzione della fiducia dei consumatori.
Il repentino aumento del numero di imprese che accedono alla cassa integrazione, denunciato in questi giorni anche dal sindacato, rappresenta un ulteriore e significativo campanello d’allarme. Tra qualche mese inizieranno a vedersi i primi licenziamenti.
Una priorità quasi assoluta dovrebbe quindi essere quella di riordinare gli ammortizzatori sociali.

Con l’arrivo dei licenziamenti, i primi a essere colpiti saranno i circa quattro milioni di lavoratori precari. È inevitabile.
Quando un contratto è a tempo determinato, per interrompere un rapporto di lavoro non è necessario passare per il licenziamento. È sufficiente che un’impresa non rinnovi il contratto alla scadenza. Lo stesso discorso, addirittura amplificato, si applica ai lavoratori impiegati con un contratto a progetto.

Paradossalmente, i lavoratori che saranno più colpiti dall’arrivo della crisi appartengono a quella crescente fascia di lavoratori che già oggi hanno una retribuzione inferiore alla media e che non hanno accesso a ferie pagate e a maternità. Tutelare questi lavoratori dovrebbe essere una priorità. I lavoratori a tempo indeterminato delle grandi imprese sono in larga parte coperti. In caso di crisi aziendale, da una grande impresa si accede alla cassa integrazione straordinaria e, nel caso di licenziamento, si accede alle liste di mobilità, con protezione al reddito fino a tre anni. I sette anni di sostegno al reddito promessi ai lavoratori in esubero di Alitalia sono ancora sotto gli occhi di tutti.
Certamente le risorse a disposizione del governo sono poche. È comprensibile che il ministro Sacconi cerchi di rifinanziare la cassa integrazione straordinaria e i cosiddetti settori in deroga (quei settori industriali che il Ministero ritiene di dover proteggere). È anche comprensibile che il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ricordi le poche risorse a disposizione della cassa integrazione (ma al tempo stesso non dovrebbe dimenticarsi dei lavoratori precari). Nel Paese circa 4 milioni di lavoratori rischiano di diventare dei disoccupati senza alcuna forma di sostegno, o con al più un sussidio di disoccupazione ordinario inferiore a sei mesi.
Non possiamo affrontare la recessione in arrivo con disoccupati di serie A e disoccupati di serie B, dove soltanto ai primi è concesso il privilegio di un sostegno al reddito.
Il riordino degli ammortizzatori sociali dovrebbe quindi essere al centro dell’azione del governo. Agendo ora si può arrivare preparati in primavera, quando inevitabilmente arriveranno i primi licenziamenti.
La legge delega per riformare gli ammortizzatori sociali esiste già e potrebbe diventare esecutiva in tempi brevi. L’Italia ha urgente bisogno di introdurre un sussidio unico di disoccupazione a cui si accede indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati impiegati.
Questo nuovo istituto dovrebbe ovviamente essere finanziato dai contributi versati da tutti i tipi di contratto, inclusi quelli a tempo determinato e a progetto.
Si dovrebbe poi introdurre anche un meccanismo di bonus-malus, in modo da aumentare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese che lo utilizzano maggiormente. Si potrebbe inoltre anche decidere di aumentare i contributi assicurativi alle imprese che utilizzano i contratti a termine, in modo da disincentivarne l’uso generalizzato.

Battersi per riforme di questo tipo giustificherebbe manifestazioni e cortei.
Se ne parla invece pochissimo, forse semplicemente perché i lavoratori precari sono poco organizzati e poco a contatto con Partiti politici e sindacati confederali.


di Pietro Garibaldi

Tratto da: La Stampa 28.10.2008


sabato 25 ottobre 2008

La Giunta Scatena fa le valigie e torna a casa


A 30 mesi dal suo insediamento, l’amministrazione Scatena fa le valige e torna a casa.
Nelle dichiarazioni rituali dettate alla stampa l’ex sindaco se la prende un po con tutti nell’intima convinzione di non doversi rimproverare null’altro che la stessa cattiva sorte toccata alla propria consorte, eletta Sindaco nel 1995 e dimessasi per decisione propria dopo appena 16 mesi.
In realtà è bene ricordare, che erano almeno 30 anni che a Capistrello non succedeva che un sindaco venisse messo in minoranza dalla propria coalizione e costretto per tale ragione a gettare la spugna.
Riflettere su quanto profonde siano state le contrapposizioni interne alla maggioranza, mai in grado in due anni e mezzo, di dare una rotta alla propria azione amministrativa è ormai inutile, ma, al di là delle evidenti responsabilità, quando un’amministrazione cessa anzitempo il proprio mandato, i primi a subirne le conseguenze negative sono indistintamente i cittadini.
Ciò, oltre a rappresentare un danno enorme per tutti, diventa anche una solenne sconfitta per chi non ha saputo o voluto rappresentare la politica in termini più alti.
Personalmente non sono interessato ad analizzare le cause e le motivazioni, tutte interne alla maggioranza, che hanno determinato l’epilogo di giovedì 23 ottobre. Giovedì sera è andato in scena l'ultimo atto di una tragicomica rappresentazione della politica che solo per senso di rispetto verso i protagonisti coinvolti definisco mediocre, ma tuttavia, non ho potuto fare a meno di cogliere l'aspetto sublime di emozioni finalmente vere; quelle che cavalcano il nervosismo di parole e frasi attraversate dalla tensione di chi è giunto ormai alla resa dei conti.
Ed è solo amarezza ciò che ho provato, quando dopo il voto, il Sindaco si è alzato e, senza dire nulla, ha guadagnato lesto l’uscita della sala consiliare portandosi dietro la sincera delusione dell’uomo ferito che però sa accettare la sconfitta.

Alfio Di Battista

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Capistrello, critiche di Scatena alla maggioranza

Si dimette il sindaco Arriva il commissario


Da: IL CENTRO 25 ottobre 2008 pag.16

CAPISTRELLO. Alberto Scatena (An), si dimette da sindaco e lancia accuse contro la maggioranza che in questi due anni lo ha sostenuto. Giovedì, durante la votazione per l’approvazione del bilancio in consiglio comunale, Scatena e i suoi fedelissimi, sette in tutto, sono stati messi in minoranza dai voti dell’opposizione e di Forza Italia, in totale otto, e dall’astensione dei due rappresentanti dell’Udc. Dopo due anni e mezzo «di duro lavoro e di risanamento», come ha detto in una conferenza stampa, il sindaco va a casa e al suo posto arriva un commissario che guiderà il Comune fino alle prossime elezioni che si terranno, presumibilmente, in primavera.
Ma a bruciare a Scatena non è solo quest’ultimo colpo di grazia sferratogli dai componenti del suo stesso gruppo, bensì il dover accettare che «la serietà e la correttezza non sono bene accette nel suo Comune».
«Sono entrato a testa alta, pronto a cambiare le sorti di un paese da sempre caratterizzato da faide opposte e da denunce», ha spiegato Scatena, «ho lavorato tra mille difficoltà, sia per la situazione economico-finanziaria del Comune, che ha un debito fuori bilancio di un milione di euro, sia per i continui attacchi dell’opposizione, ma sono andato avanti stando in mezzo alla gente, che io reputo il mio unico giudice, e ascoltando i loro bisogni e le loro critiche». Purtroppo però», conclude Scatena, «la sorte si ripete e, come successe a mia moglie nel 1995 dopo 16 mesi di legislatura, vado via, orgoglioso di quello che ho fatto e fiero del lavoro dei miei stretti collaboratori che ringrazio». (e.b.)