Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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mercoledì 25 agosto 2010

Fuga dal Pd, ecco i reggenti

Circolo a congresso con 3 coordinatori

AVEZZANO. Continuità con il passato e preparazione al congresso di ottobre. Questi i punti chiave del lavoro che il circolo del Pd di Avezzano ha affidato a tre «reggenti» nominati ieri durante l’assemblea. Donatella Ercole, Franco Colaprete e Rossana Braganza traghetteranno il Pd di Avezzano fino all’elezione del nuovo segretario.
Dopo la tempesta (l’uscita di scena dei consiglieri Roberto Verdecchia e Vincenzo Paciotti) in casa dei democratici arriva la quiete apparente. Il confronto di ieri, per il segretario provinciale del Pd Michele Fina, è servito «a rimarcare il lavoro fatto dal circolo avezzanese in questi ultimi mesi, come il caso della Tarsu e della Santa Maria, e a scongiurare le notizie della dissoluzione circolate nei giorni scorsi». I democratici si rimboccano le maniche e vanno avanti pensando alle prossime elezioni. «Tra i temi toccati non è mancata la politica nazionale e locale», spiega Fina «la crisi della destra e la necessità di aprirsi agli altri partiti per costruire una solida alternativa». Il vice presidente del consiglio regionale Giovanni D’Amico ha inviato una lettera a Fina e al segretario regionale Silvio Paolucci rendendosi disponibile per un confronto diretto con le figure di riferimento. «La situazione del circolo Pd di Avezzano ha bisogno di una riflessione per ricostruire le basi di una discussione che sappia caratterizzare il Partito nella sua funzione di opposizione e di alternativa alla destra che governa Avezzano. Mi rendo disponibile per un confronto con tutte le figure nel Pd per la ricostruzione dei fatti politici e per un’analisi del contesto sociale della città, di cui il Partito è carente». Un lavoro che toccherà ai tre giovani reggenti. (e.b.)

tratto da : Il Centro.it 25-08-10

«Abruzzo indietro tutta Pil in caduta da 5 anni»


«Abruzzo avanti. Anzi, indietro tutta. Storia di uno sviluppo interrotto». Il direttore della Confcommercio dell’Aquila, Celso Cioni commenta così i dati dell’ufficio studi di Confcommercio sul prodotto interno lordo (Pil) pro capite regionale in caduta, e parla di «una lunghissima marcia indietro che, negli ultimi due decenni, è riuscita a trasformare l’Abruzzo, da regione modello di sviluppo economico (che negli anni Novanta era stata la prima regione a uscire dall’obiettivo uno e quindi dagli indici del sottosviluppo), a fanalino di coda. «Il processo di scivolamento è ormai strutturale», afferma Cioni, «e va in direzione del profondo Sud. E’ un processo che ha cominciato a manifestarsi cinque anni fa e, fino a oggi, sia chi ha responsabilità istituzionali in primis, sia la cosidetta classe dirigente abruzzese nel suo complesso, ha sottovalutato i segnali negativi emersi. Segnali che purtroppo sono stati confermati dall’indagine pubblicata dall’ufficio studi Confcommercio». Per Cioni, se poi si andasse ad approfondire tali risultanze e a scomporle per le quattro province, emergerebbe ancora più evidentemente il disallineamento tra le zone costiere e quelle interne, nelle quali, i dati del Pil e della occupazione sono da brivido. E tutto ciò accadeva ancor prima degli effetti del terremoto, che certamente ha ulteriormente aggravato un quadro già drammatico. «Da tutto ciò e non mi sembra poco», chiude Cioni, «sarebbe ora e tempo di far suonare le sveglie per uscire dal torpore e rimboccarci le maniche, nessuno escluso, per ritrovare insieme la via dello sviluppo interrotto. O no?»


tratto da : Il Centro 25-08-10

martedì 24 agosto 2010

«Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei»


Rischiamo che questa monarchia livida sia sostituita da una pura difesa dell'esistente. Si va incontro a suggestioni di democrazia autoritaria del sistema russo o cinese
La lettera di walter veltroni

«Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei»

Rischiamo che questa monarchia livida sia sostituita da una pura difesa dell'esistente. Si va incontro a suggestioni di democrazia autoritaria del sistema russo o cinese
Caro Direttore, scrivo al mio Paese. Scrivo agli italiani che tornano a casa, a quelli che non si sono mossi perché lavoravano o perché non possono lavorare. Scrivo agli imprenditori che fanno e rifanno i conti della loro azienda chiedendosi perché metà del loro lavoro di un anno debba andare a finanziare uno Stato che non riesce a finire da sempre la costruzione di un'autostrada come la Salerno-Reggio Calabria o che alimenta autentici colossi del malaffare come quelli emersi
in questi mesi.

Scrivo ai lavoratori che sentono che si è aperto un tempo nuovo e difficile, in cui, per resistere alla pressione di una globalizzazione diseguale, dovranno rinegoziare e ritrovare un equilibrio nuovo tra diritti e lavoro. Scrivo ai nuovi poveri italiani, i ragazzi precari, che arrivano a metà della vita senza uno straccio di certezza, senza un euro per la pensione, senza un lavoro sicuro, senza una casa, senza la sicurezza di poter mettere al mondo dei figli. E senza che politica e sindacati si occupino di loro.
Mi permetto di scrivere agli italiani solo perché sento di avere un minimo di titolo per farlo. In fondo due anni fa, un secolo di questo tempo leggero e bulimico, quasi quattordici milioni di italiani fecero una croce sul simbolo che conteneva il mio nome come candidato alla presidenza del Consiglio. Se un milione e mezzo dei 38 milioni di votanti avesse scelto il centrosinistra riformista invece di Berlusconi ora saremmo noi a guidare il Paese.

Ma non è successo, per tanti motivi. Come cercherò altrove di approfondire, credo più per ragioni profonde e storiche che per limiti di quella campagna elettorale che si concluse con il risultato elettorale più importante della storia del riformismo italiano. Non è successo e dopo alcuni mesi io mi feci da parte. Forse è questo l'altro titolo per il quale sento di potermi rivolgere al mio Paese. Sono stato tra i pochi che si sono fatti da parte davvero (caricandomi responsabilità certo non solo mie). Non ho chiesto alcun incarico, non ho fatto polemiche, non ho alimentato veleni. Ho semmai taciuto e ingoiato fiele, anche di fronte a varie vigliaccherie.
Cosa sta succedendo a noi italiani? Abbiamo trascorso la più folle e orrenda estate politica che io ricordi. Una maggioranza deflagrata, un irriducibile odio personale e politico tra i suoi principali contraenti, toni e giudizi che si scambiano non tra alleati ma tra i peggiori nemici. E poi dossier, colpi bassi, una orrenda aria putrida di ricatti e intimidazioni che ha messo in un unico frullatore informazione, politica e forse poteri altri costruendo un mix che non può non preoccupare chi considera la democrazia come un insieme di regole, di valori, di confini. Il Paese assiste attonito allo sfarinarsi della maggioranza solida che era emersa dalle urne, a ministri che sembrano invocare freneticamente la fine della legislatura, nuovi voti, nuovi conflitti laceranti. Mentre stanno per essere messe in circolo emissioni consistenti di titoli pubblici per finanziare il nostro abnorme debito pubblico chi governa questo Paese sembra dominato dal desiderio della instabilità. E, tutto, senza una parola di autocritica. Chi ha vinto le elezioni e ne provoca altre neanche a metà delle legislatura vorrà almeno dichiarare il proprio fallimento politico?

L'alleanza di centrodestra sembra immersa nello scenario dei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Prima l'abbandono di Casini, ora la irreversibile crisi con Fini. Le forze più moderate hanno abbandonato uno schieramento sempre più dominato dalla logica puramente personale degli interessi di Berlusconi e dallo spirito divisivo di una Lega che alimenta ogni forma di egoismo sociale con lo sguardo solo al tornaconto elettorale immediato. Con effetti che già registriamo nel sentire diffuso e nei comportamenti. Un Paese che smarrisce il suo senso di comunità, la sua anima solidale, la sua coscienza unitaria finisce con lo sfarinarsi violentemente.


Quella che stiamo vivendo è una profonda crisi del nostro sistema. Era la mia ossessione quando guidavo il Pd. Mi angoscia l'idea che la democrazia rischi sotto la pressione delle spinte populistiche e dei conservatorismi di varia natura. E la crisi di questi mesi rafforza una distanza siderale tra la vita politica e i reali bisogni dei cittadini e della nazione. Berlusconi forza costantemente e pericolosamente i confini immaginando di vivere in un regime che non esiste. Se ci fosse un semipresidenzialismo lui certo non potrebbe disporre, ciò che è già una insopportabile anomalia oggi, di giornali e tv con i quali promuovere se stesso e randellare i suoi avversari. Ma neanche quella che su questo giornale è stata giustamente definita la «repubblica acefala» può fare sentire al Paese che il sistema politico tempestivamente ascolta, comprende, decide. Indeterminatezza di tempi, modalità, sedi di decisione hanno accompagnato anche altre stagioni politiche.
Questo è il rischio che corriamo, l'alternativa tra una monarchia livida e una pura difesa dell'esistente. E tra i cittadini rischia di rafforzarsi l'idea che di fronte alla velocità del nostro tempo, dei suoi repentini mutamenti sociali e finanziari, a essere più «utile» sia un sistema che decide, qualsiasi esso sia. Il rischio è che si faccia strada, anche in Occidente, quella suggestione di «democrazia autoritaria» che è già una realtà in sistemi, come quello russo o, in forma diversa, in quello cinese, che stanno segnando il tempo della fine dei blocchi. La possibilità che la società globale porti con sé un principio di disunità e che questo reclami poteri centrali forti e semplificati è molto di più di un rischio. Rimando per una analisi più compiuta al volume di John Kampfner Libertà in vendita o al bellissimo lavoro di Alessandro Colombo La disunità del mondo. In una società globale una democrazia che non decide è destinata a soccombere. Ma in una società globale la suggestione autoritaria si scontra con una irrefrenabile esigenza di libertà, libertà di sapere, dire, pensare.

Dunque l'unica strada che i veri democratici devono percorrere è quella di una repubblica forte e decidente. Ma questa comporta profonde e coraggiose innovazioni, nei regolamenti delle Camere, nell'equilibrio dei poteri tra governo e Parlamento, nelle leggi elettorali, nella riduzione dell'abnorme peso della politica, nella soppressione di istituzioni non essenziali. Bisogna semplificare e alleggerire, bisogna considerare il tempo delle decisioni come una variante non più secondaria. E, soprattutto, l'Italia, tutta, deve ingaggiare una lotta senza quartiere alla criminalità che succhia ogni anno 130 miliardi di euro alle risorse del Paese. Non basta che si arrestino i latitanti. La mafia è politica, è finanza. La mafia compra e condiziona. La mafia invade tutto il territorio e credo che ora, guardando le cronache di Milano o di Imperia, ci si accorga finalmente che non è un problema della Kalsa di Palermo o una invenzione di Roberto Saviano, ma una spaventosa realtà che altera il mercato, distorce la concorrenza, limita la libertà delle persone.

Le culture di progresso non possono declinare solo un verbo: difendere. Agli italiani non sembra di vivere in un Paese da conservare così come è. Un Paese che non ha una università tra le prime cento del mondo (dopo averle inventate), che ha una metà, meravigliosa, di sé sotto il condizionamento di poteri criminali, che ha evasione altissima e altissima pressione fiscale, che ha una amministrazione barocca e il primato dei condoni, che scarta come un cavallo l'ostacolo ogni volta che deve sfidare sondaggi e corporazioni. Un Paese fermo, che ha bisogno di correre. Che ha bisogno di politica alta, ispirata ai bisogni della nazione. Non è retorica. Parri, De Gasperi, Moro, Ciampi, Prodi e altri hanno dimostrato che si può stare a Palazzo Chigi per servire gli italiani. Bene o male, ma servire gli italiani. Non se stessi.

Spero che si concluda rapidamente l'era Berlusconi. Ma forse con una visione opposta a quella di alcuni protagonisti della vita politica italiana. Spero che finisca questo tempo non per tornare a quello passato. Non per mettere la pietra al collo al bipolarismo e riportare l'orologio ai giorni in cui pochi leader decidevano vita e morte dei governi, quasi sessanta in cinquanta anni, come l'andamento del debito pubblico testimonia in modo agghiacciante. Anche perché quei partiti avevano storie grandi che affondavano nel Risorgimento o nelle lotte bracciantili e quei leader avevano fatto, insieme, la Resistenza o la Ricostruzione. Berlusconi è stato un limite drammatico per il bipolarismo, perché la sua anomalia (una delle tante, troppe della storia italiana) ha costretto dentro recinti innaturali, pro o contro, una dialettica politica che avrebbe potuto e dovuto esprimersi nelle forme tipiche della storia del moderno pensiero politico occidentale. Senza Berlusconi in Italia potremo finalmente avere un vero bipolarismo, schieramenti fondati sulla comunanza dei valori e dei progetti, capaci di riconoscersi e legittimarsi reciprocamente in un Paese con una politica più lieve e perciò più veloce ed efficiente nella capacità di decisione del suo sistema democratico. Solo così sarà possibile affrontare, in un clima civile, l'indifferibile esigenza di ammodernamento costituzionale per dare alla democrazia la capacità di guidare davvero la nuova società italiana. Se saremo invece tanto cinici da pensare che il declino di Berlusconi possa aprire la strada a un nuovo partitismo senza partiti e alla sottrazione ai cittadini del potere di decidere il governo, finiremo con l'allungare l'agonia del berlusconismo e l'autunno italiano.

In questa estate orrenda non per caso la frase più citata dai leader politici è stata «Mi alleo anche con il diavolo pur di...». Lo ha detto Calderoli parlando del Federalismo, lo hanno detto alcuni leader del centrosinistra parlando della necessità di una santa alleanza contro Berlusconi. Io rimango dell'idea che invece le uniche alleanze credibili, prima e dopo le elezioni, siano quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica. In fondo il repentino declino del centrodestra conferma proprio questo. È giusto semmai che, in caso di crisi di governo, si cerchino soluzioni capaci di fronteggiare per un breve periodo l'emergenza finanziaria e sociale e di riformare la legge elettorale dando forma, per esempio attraverso i collegi uninominali e le primarie per legge, a un moderno e maturo bipolarismo. Perché poi, alle elezioni prodotte dal dissolvimento della destra, si presenti uno schieramento alternativo capace di assicurare all'Italia quella stagione di vera innovazione riformista che questo nostro Paese non ha mai conosciuto. Perché questo Paese deve uscire dall'incubo dell'immobilità che perpetua rendite e povertà. Deve conoscere un tempo di radicale, profondo cambiamento. È questo, da decenni, il frutto dell'alternanza nei diversi Paesi europei.

Il nostro è un meraviglioso Paese. Amare l'Italia e gli italiani dovrebbe essere una precondizione per partecipare alla vita politica. Chiunque alzi gli occhi nella Cappella Palatina di Palermo o nella galleria di Diana di Venaria Reale non può non sentire tutto intero l'orgoglio di essere figlio di questo Paese e della sua straordinaria e travagliata storia. Lo stesso orgoglio che si prova pensando agli italiani che lavorano per la nazione, imprenditori od operai, insegnanti o poliziotti. Per questo il nostro Paese merita di più. Merita di più dei dossier e dei veleni. Di più della politica ridotta a interesse di un leader. Di più delle alleanze con il diavolo. Il nostro Paese deve smettere di vivere dominato solo da passioni tristi. È difficile. È possibile.

Walter Veltroni
24 agosto 2010

Fuga dal Pd, in arrivo il commissario Convocata per oggi l’assemblea del circolo di Avezzano


AVEZZANO. Infuria la polemica in casa Pd dopo le dimissioni e le accuse al partito da parte dei consiglieri Roberto Verdecchia e Vincenzo Paciotti. Il coordinatore provinciale, Michele Fina, ha convocato l’assemblea del circolo cittadino per oggi alle 18. È probabile che il Pd di Avezzano sarà commissariato.
Roberto Verdecchia, che sta costituendo un gruppo autonomo in consiglio comunale, si è dimesso dopo la mancata nomina di un esponente avezzanese nel Cda dell’Aciam. Subito dopo era uscito dal partito Lorenzo Fracassi. Pochi giorni fa le critiche sono arrivate da un altro consigliere, Vincenzo Paciotti. Dopo aver avanzato accuse ai vertici del partito, ha annunciato il mancato rinnovo della tessera, «pur rimanendo fermo il ruolo di consigliere di opposizione».
«Abbiamo una responsabilità politica in questa fase molto importante», afferma il coordinatore provinciale Michele Fina, «perché c’è uno scenario nazionale e locale non delineato. In un grande partito credo che i problemi debbano essere affrontati con serenità e con il rispetto degli elettori e degli iscritti, mentre fino a oggi non c’è stata in merito una discussione all’interno del circolo, il luogo più idoneo in tali situazioni».
Per Fina «il Pd ha il compito di costruire un’alternativa che ancora non è matura nella nostra provincia. A settembre avremo iscritti per la prima volta in tutti i Comuni e qualche migliaio in più dell’anno scorso. Per questo non ci faremo intimidire da una campagna che ci vuole allo sbando».
Per Giuseppe Di Pangrazio, capogruppo in consiglio, «le questioni sollevate dai consiglieri dimissionari sottintendono un malessere generale dei cittadini rispetto alla mancata proposta che la politica dovrebbe offrire e che chi è al governo non è in grado di fornire. La classe politica avezzanese deve iniziare un progetto amministrativo che punti all’innovazione a al futuro della città». (p.g.)

tratto da : Il Centro.it 24-08-10

martedì 17 agosto 2010

VERSO IL CONGRESSO


Con l’estate che attraversa pigra e indolente un ferragosto segnato da un clima politico che evoca crisi di governo ed elezioni anticipate, il nostro segretario, Pierluigi Bersani, interpretando le preoccupazioni del Capo dello Stato, invita il Presidente del Consiglio al rispetto della costituzione.

Intanto, picchiatori mediatici, al soldo della famiglia Berlusconi, fanno strame delle istituzioni in nome della fedeltà al capo, ed io rimpiango quelle tranquille estati in cui i governi balneari, come feste comandate, si formavano nello spazio di un fine settimana. Oggi, nella nostra terremotata provincia, dove agli effetti del terremoto, si sommano quelli della crisi economica, la politica, quella che governa i processi, è priva di idee guida per il nostro territorio. Al contrario si ritrova invischiata in una brutta storia di tangenti che vedono sullo sfondo della ricostruzione il malaffare assurto ormai a modello di governo.In questo contesto, con una società civile indignata, il Partito Democratico non trova nulla da dire. Fatta eccezione per un interessante articolo del Sen. Lusi, pubblicato nei giorni scorsi sul quotidiano Europa, gli altri esponenti di punta del nostro partito, in ambito provinciale, sono rimasti in religioso silenzio preferendo una disimpegnata prudenza, a più responsabili prese di posizione come si converrebbe ai veri leader.Questo è il quadro in cui si vanno delineando le strategie e le alleanze in vista del congresso di ottobre per l’elezione del nuovo segretario provinciale del PD. Sorvolando sulle solite diatribe interne che ci vedono di tanto in tanto perdere qualche pezzo perché nei C.d.A. dei consorzi, le poltrone sono sempre meno, come le idee fra l’altro, va però segnalato anche quel che di buono il PD riesce a fare, quando lo fa.Nella recente tornata elettorale per le provinciali e le comunali, la destra ha fatto man bassa di tutto quanto poteva, tranne nei comuni dove il PD aveva avviato un serio e vero rinnovamento all’indomani delle primarie del 2007.

A Capistrello, un PD completamente rinnovato, ha vinto largamente le amministrative nonostante avesse contro tutto l’establishment di destra e sinistra che aveva governato il paese negli ultimi trent’anni.A Celano l’ottimo risultato conseguito dalla lista di centrosinistra, nonostante avesse contro l’invincibile armada del Sen. Piccone, è indice del buon lavoro svolto sul territorio dal circolo locale del PD.A Tagliacozzo e a Pescina erano candidati i segretari dei rispettivi circoli del Pd, entrambi per la prima volta, in lizza per la provincia, ed entrambi interpreti di quel cambiamento che ha prodotto lusinghieri risultati in termini di consensi ottenuti. Ora, la domanda è: Come può imparare a vincere un Pd che nella provincia dell’Aquila, dal 2007 al 2010 ha perso tutte le competizioni elettorali?

Innanzitutto deve decidere di voler essere forza di governo, considerazione questa affatto banale visto che fino ad oggi, l’azione politica è stata declinata nei territori esclusivamente in termini di maggioranza interna al partito, alimentando, attraverso un’autoreferenzialità delirante, il sistematico perseguimento di obiettivi di piccolo cabotaggio e corto respiro, con buona pace degli interessi dei cittadini.Se è vero, come è vero, che bisogna essere forza di governo, è necessario, non solo avere idee forti che interpretino le istanze dei cittadini ma è fondamentale anche saperle comunicare agli elettori e tradurle in progetti concreti.Va da se che, una comunicazione efficace, non può prescindere dalla credibilità di chi comunica l’offerta politica, e di conseguenza, una forza di governo non può pensare di vincere, se non è essa stessa politicamente credibile.

Prendiamo atto di questo deficit di credibilità politica che oggi scontiamo e portiamolo all’attenzione del congresso, sarà un’operazione di trasparenza e di responsabilità, precondizioni per essere interlocutori credibili e forza di governo che punta a governare i processi sul nostro territorio nei prossimi anni.

Alfio Di Battista

lunedì 16 agosto 2010

Lotta ai parassiti dei castagneti La Regione stanzia 60mila euro


PESCARA. Su proposta dell’assessore all’Agricoltura, Mauro Febbo, dopo le sollecitazioni dell’assessore ai Lavori pubblici, Angelo Di Paolo e di un’associazione della Valle Roveto, che opera per la tutela della «castagna roscetta», la giunta regionale ha stanziato 60mila euro per combattere il cinipide galligeno del castagno, parassita che sta distruggendo alcuni castagneti della Valle Roveto, del Carseolano e dell’Alto Aterno. Con il coinvolgimento dei tecnici Arssa e di esperti del dipartimento per lo sfruttamento e la protezione delle risorse agricole e forestali dell’università di Torino, sono state avviate alcune azioni propedeutiche al lancio del parassita antagonista, il torymus sinensis, per contrastare i danni prodotti dal cinipide. «Era necessario intervenire per contenere le infestazioni», spiega Febbo, «ed evitare di mettere a rischio parte dello straordinario patrimonio castanicolo presente in vaste aree della Marsica e della Valle
Roveto. Ma ci appariva opportuno farlo mettendo in campo un programma articolato di azioni che ci consentisse di ottenere risultati concreti e di ristabilire un equilibrio biologico nel territorio interessato».

tratto da : Il Centro.it 14.08.10

giovedì 12 agosto 2010

I valori della Costituzione repubblicana


Non passa giorno in cui un esponente di una parte politica che governa il nostro Paese non esprima il proprio desiderio di riformare la nostra Costituzione che è nata dalla Resistenza ed è legata, pertanto, ai suoi ideali e ai suoi valori. E’ un desiderio che porta con sè, nell’aria grigia di una profonda crisi politica mai registrata nel panorama della nostra storia recente, una viva preoccupazione anche per la pressione ossessiva che si registra su questo tema. E’ una preoccupazione di quanti sono legati agli ideali che animarono la lotta di Liberazione nazionale che devono reagire per difendere la nostra Costituzione che è un testamento di centomila morti. A quanti dicono che la nostra è una Carta «comunista» vorrei ricordare che essa fu costruita indistintamente da tutte le forze politiche dell’area costituzionale che avevano combattuto l’oppressore e avevano vinto la seconda guerra mondiale contro i nazisti e i fascisti responsabili - e non lo dimentichino mai! - di avere scatenato il conflitto che aveva incendiato l’Europa intera.
Vorrei ricordare ancora che la Carta ebbe tra i suoi costituenti Umberto Terracini, Umberto Tupini, Giuseppe Saragat, Emilio Lussu, Pietro Nenni, Giorgio La Pira, Palmiro Togliatti, Benedetto Croce, Giuseppe Dossetti e altre figure prestigiose di notevole spessore culturale, scientifico e morale, come Piero Calamandrei, uno dei Padri della Patria, che un giorno ormai lontano, rivolgendosi ai giovani dell’epoca, solennemente affermò: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà, la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perchè lì è nata la nostra Costituzione». Sono parole tremendamente attuali, come è attuale e vitale, tra le più avanzate tra quelle esistenti e difesa dalla stragrande maggioranza dei cittadini italiani nel Referendum popolare del giugno 2006, quando si stava cercando di snaturarne la sostanza e i valori.
E oggi, mentre percorro il viale del tramonto di una esistenza dedicata all’amore per la libertà e per la democrazia, torno spesso alla rilettura dell’intervento di Calamandrei alla Seduta del 4 marzo 1947 tenuto alla Costituente in Roma, quando dichiarò «Se noi siamo qui a parlare liberamente in quest’aula, in cui una sciagurata voce irrise e vilipese venticinque anni fa le istituzioni parlamentari, è perchè per venti anni qualcuno ha continuato a credere nella democrazia, e questa sua religione ha testimoniato con la prigionia, l’esilio e la morte». Sono certo di non essere solo a voler difendere la Costituzione considerandola pienamente intangibile, perchè attraverso la stessa si difendono i valori di libertà, di giustizia, di solidarietà, ma anche perchè è stata scritta - come scrisse l’onorevole Giuseppe Saragat - con il sangue del popolo italiano. E intanto apriamo le finestre per respirare, almeno quella, l’aria pura delle montagne che ci videro, appena ragazzi, con le armi in pugno, a combattere, lontano dalle famiglie in pena, per assicurare a ciascun italiano il ritorno alla vita, alla gioia, ai valori eterni della civiltà cristiana.
E noi superstiti della leggendaria Brigata Majella, medaglia d’oro al valor militare, anche se rimasti in pochi, continueremo a confermare il nostro impegno perchè la libertà, matrice della storia degli uomini liberi non sia più avvilita da comportamenti di quanti vorrebbero riportare indietro la storia.
* Già ufficiale partigiano della Brigata Majella

tratto da : Il Centro.it 10.08.10

mercoledì 11 agosto 2010

Il parassita dalla Cina minaccia i castagneti


Colpite tutte le aree della Valle Roveto, del Carseolano e dell’Alto Aterno. Sono in serio pericolo anche gli alberi secolari La Provincia sollecita interventi della Regione: danni all’economia e all’immagine

CANISTRO. I castagneti marsicani stanno morendo, ma la Regione è latitante.
Infatti l’unica «cura» possibile per salvare un patrimonio economico e ambientale inestimabile dal terribile parassita Cinipide Galligeno è l’antagonista Torymus Sinensis, che però ancora non è stato acquistato.

Sulla vicenda interviene la Provincia, che lancia l’allarme e chiede degli interventi immediati.
Un parassita che arriva dall’Oriente sta aggredendo i castagneti della Valle Roveto, delle colline del Carseolano e della Valle dell’Alto Aterno, ma anche le vaste colline della Valle del Vomano, nel Teramano. Veri e propri monumenti della natura, tra cui esemplari che hanno raggiunto i 500 anni di vita, rischiano di scomparire per sempre.
Il consigliere provinciale Mauro Rai, sostenuto da tutto il consiglio e dal presidente Antonio Del Corvo, già dai primi sintomi di contaminazione, aveva sottoposto il problema alla Commissione ambiente, presieduta dal consigliere Emilio Cipollone, che a sua volta aveva inviato una lettera alla Regione invitando l’assessore all’Agricoltura a fornire risposte. Grazie a uno studio dell’Arssa, l’associazione Castanicoltori, che conta circa 200 soci, aveva chiesto un finanziamento di circa 120mila euro. Con i fondi sarebbe stato eseguito il primo lancio del parassita antagonista Torymus Sinensis, che avrebbe fermato la malattia. Ciò non è avvenuto e ora la situazione potrebbe essere irrecuperabile. Secondo Rai, Cipollone e Zaccaria De Blasis, presidente dei castanicoltori, «non c’è un minuto da perdere e bisogna intervenire immediatamente».
Fino a oggi, infatti, la regione non ha dato alcuna risposta. (p.g.)

tratto da : Il Centro.it

lunedì 9 agosto 2010

La paura di votare non conviene al Pd


Se i democratici si presentassero con questo gruppo dirigente e questa coalizione, perderebbero. La loro insicurezza costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni
L'IPOTESI di elezioni anticipate sembra preoccupare soprattutto il Centrosinistra. In particolare, il Pd. Per ragioni di numeri, anzitutto. Se si presentasse con questo gruppo dirigente e con questa coalizione - l'asse con l'IdV di Di Pietro - perderebbe. Poi, perché dovrebbe affrontare i propri dubbi, irrisolti, circa le alleanze, gli obiettivi, i valori. L'insicurezza del Pd - e del Centrosinistra - costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza (si fa per dire...) di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni.

Come farebbe Berlusconi a giustificare una crisi, in tempi così difficili per l'economia? La defezione di Fini e dei suoi fedeli, inoltre, modificherebbe sostanzialmente l'identità territoriale di questa maggioranza. Se si votasse davvero in novembre, il Centrodestra si presenterebbe con i volti della triade Berlusconi, Bossi e Tremonti. Vero partito forte: la Lega. Principale prodotto di bandiera: il federalismo. Insomma: un'alleanza politica "nordista". Berlusconi e il Pdl avrebbero concreti motivi di temere il voto. Perché in Italia, per vincere le elezioni (governare, ovviamente, è un altro discorso), bisogna disporre di un elettorato "nazionale". Distribuito sul territorio in modo non troppo squilibrato. Come la Dc, nella prima Repubblica, e Forza Italia, nella seconda. I principali baricentri, non a caso, dei governi del dopoguerra.

Il Pci, invece, nella prima Repubblica ha conosciuto fasi di grande espansione, ma è sempre rimasto ancorato alle regioni "rosse" dell'Italia centrale. Quanto al Centrosinistra, nella seconda Repubblica, in quindici anni di esperimenti, non è riuscito a superare i vincoli territoriali - ma anche politic - ereditati dal passato. Il progetto dell'Ulivo, guidato da Prodi, dopo il 1995 ha viaggiato sospeso fra Ulivo dei partiti e Partito dell'Ulivo. Ha, comunque, delineato un soggetto politico di tipo italo-americano. Dove coabitassero posizioni politiche e culturali molto diverse e perfino lontane tra loro. Come i Democratici negli Usa e la Dc in Italia (un esempio evocato spesso da Parisi). L'Ulivo, erede dei partiti di massa (democristiani e comunisti, soprattutto), ma "nuovo", per identità e metodo di selezione del gruppo dirigente e dei candidati. Le primarie ne sono divenute il marchio. Un'alternativa all'organizzazione tradizionale e, nel contempo, al partito mediatico e personale, imposto da Berlusconi.

L'Ulivo di Prodi evoca un soggetto politico di coalizione, "largo" ed eterogeneo. Ha vinto due volte - o, forse, una volta e mezzo. Nel 1996 e nel 2006 (quando al Senato ha perso quasi subito la maggioranza). Ma si è rivelato incapace di garantire stabilità e coesione. Da ciò, nel 2007, il passaggio al Pd, guidato da Veltroni. Partito riformista, sorto con l'obiettivo di "attrarre" gli elettori dell'area di sinistra e soprattutto di centro, senza troppi compromessi e mediazioni. Correndo contro Berlusconi e il Pdl "da solo". O quasi. Un unico alleato, l'IdV. In risposta al PdL, che si apparenta con la Lega. Le primarie, parallelamente, non servono più a scegliere il candidato premier. Dunque, non sono aperte all'intera coalizione (come nel 2005). Diventano, invece, una sorta di competizione congressuale per scegliere il gruppo dirigente e il segretario. Il problema è che il Pd non solo ha perso le elezioni del 2008 (esito prevedibile). Ma, in due anni, ha cambiato tre segretari, mentre la sua base elettorale si è ridotta sensibilmente.

Pdl e Pd, nel frattempo, si sono indeboliti - parecchio - rispetto ai partner (Lega e IdV). E ciò ha ridimensionato l'idea del bipolarismo "bipartitico", sostenuta da Veltroni e Berlusconi nel 2008. Oggi, infatti, ci troviamo di fronte a un bipolarismo frammentato, che neppure Berlusconi riesce a controllare e pone al Pd serie difficoltà. Il bacino elettorale alla sua sinistra, nel frattempo, si è prosciugato. Oltre tre milioni di elettori: spariti. Esuli. In sonno. Oppure intercettati dall'Idv. Mentre al centro si fa spazio un nuovo aggregato che ambisce a fargli concorrenza. (Anche se l'attuale legge elettorale scoraggia ogni ipotesi di "terzo polo"). Per cui il Pd, quando evoca un governo istituzionale, che scriva una nuova legge elettorale e gestisca l'emergenza economica, più che alle difficoltà del Paese pare rispondere alle proprie. L'ipotesi, peraltro, non appare praticabile. Osteggiata dalla maggioranza, troverebbe in disaccordo anche le opposizioni. (C'è dissenso sulla legge elettorale fra Pd, Udc, Sinistra...)

Meglio - molto meglio - che il Pd si prepari alle elezioni. Senza scorciatoie. Con le attuali regole. E dica, quindi, "come" e "con chi" le intenda affrontare. Da solo o con pochi amici: non può. Perderebbe. Insieme all'IdV, oggi, il Pd potrebbe giungere intorno al 35%. Il Pdl, con la Lega, otterrebbe almeno 8 punti percentuali in più. Poi c'è l'incognita dell'astensione, che ha colpito pesantemente anche il centrosinistra, negli ultimi anni. Il Pd, per questo, deve chiarirsi e chiarirci. Con chi intende presentarsi? Quali formazioni e quali leader? L'esperienza del passato suggerirebbe la ricerca di intese molto larghe, senza pregiudizi. A sinistra e al centro. Attorno ad alcuni obiettivi di programma. Pochi e precisi. Relativi all'economia e al lavoro, alla legalità, alle regole istituzionali, al rispetto dell'unità nazionale, alla legge elettorale. Insomma: proponendo il programma delineato per il governo istituzionale alla verifica elettorale.
Un'alleanza che, come l'Ulivo nel 2005, scelga il candidato - i candidati - con il metodo delle primarie. Ma senza vincitori annunciati. Primarie aperte. Dove possano competere - e vincere- Bersani, Di Pietro, Letta, Chiamparino. Ma anche Vendola, Casini, Rutelli, Tabacci. E altri candidati ancora, noti e meno noti.

L'ipotesi non è entusiasmante e si presta, ovviamente, a critiche. Una su tutte. Si tratterebbe di un collage antiberlusconiano e antileghista. Osservazione fondata, che non ci scandalizza. D'altronde, questa legge elettorale non l'abbiamo voluta noi. E l'asse Berlusconi-Bossi oggi costituisce un metro di misura e di riferimento - politico e istituzionale - non eludibile.

Tuttavia, da parte del Pd, ogni ipotesi, ogni idea - anche diversa da questa - è meglio dell'attuale afasia. Non temiamo le elezioni - per noi, anzi, sono ottime occasioni di lavoro. Temiamo, assai più, l'assenza di alternative e di speranze. Questo bipolarismo imperfetto tra un centrodestra che non ci (mi) piace e un centrosinistra (oppure centro-sinistra) che non c'è.

Ilvo Diamanti

(09 agosto 2010) tratto da : La repubblica.it

Gli Stati e le telefonate a Berlusconi La Procura: pressioni sul premier. La difesa: ipotesi fantasiose


L’AQUILA. La cricca abruzzese, per l’accusa, ha fatto pressioni sul presidente del consiglio Berlusconi per fare modificare l’ordinanza che ha consentito ad Abruzzo Engineering di rientrare fra le società beneficiarie dei lavori post terremoto. Ipotesi «fantasiose e disancorate dalla realtà» per la difesa. Intanto, Ezio Stati, al quarto giorno di sciopero della fame in carcere, è stato visitato da un medico.
La telefonata. Anche in questo caso tutto ruota attorno a un’intercettazione. Il 7 settembre 2009 l’allora assessore regionale alla Protezione civile, Daniela Stati (Pdl), fa presente a Giorgio De Matteis (Mpa) di avere interessato direttamente la presidenza del Consiglio dei ministri. In un’altra telefonata intercettata, fra la Stati e Carmine Tancredi, il socio di Chiodi, l’ex assessore dice: «Ho chiamato Berlusconi, ho parlato con Marinella, ho scritto... tutto quello che dovevo scrivere a Berlusconi. Spaziante (il funzionario della Protezione civile, ndr) nel frattempo ha fatto finta di non sentire, il presidente Chiodi sapeva tutto». La Procura evidenzia: «Diretto è il contatto con la segreteria del presidente del consiglio Berlusconi come si evince dalla conversazione intercorsa fra l’assessore e il padre, dalla quale trova conferma la rete di contatti necessari per la modifica dell’ordinanza».
L’ordinanza cambia. Secondo l’accusa Daniela Stati si è adoperata per la variazione dell’ordinanza 3805 del 3 settembre 2009 e la sua sostituzione con l’ordinanza 3808 del 15 settembre 2009 al fine di far rientrare tra le società richiamate nell’ordinanza anche Abruzzo Engineering spa. Società che per il 30% fa capo a Sabatino Stornelli, l’uomo Finmeccanica, e che avrebbe dovuto ottenere lavori per un milione e mezzo di euro. Per la Procura il gruppo Stati - il papà Ezio, la figlia Daniela e il compagno di quest’ultima, Marco Buzzelli - ha avvantaggiato società riconducibili alla proprietà e gestione di Vincenzo Angeloni e Stornelli. I due si sarebbero sdebitati con gli Stati con una serie di regalie: una consulenza e un’Audi A4 per Buzzelli, un televisore a Ezio Stati e un anello con diamante alla figlia Daniela. I 5 sono indagati per corruzione.
Ipotesi contestate. La difesa degli Stati, affidata agli avvocati Antonio Milo e Alfredo Iacone, contesta il provvedimento. «Ritengo iperbolico il ragionamento del gip che callidamente sostiene che Daniela Stati abbia potuto convincere il presidente del consiglio a modificare l’ordinanza presidenziale», sottolinea Milo, «è un’ipotesi fantasiosa e disancorata dalla realtà fattuale».
Calciatori
testimoni.
Altri interrogatori sono attesi in questa settimana. In Procura dovrebbero sfilare anche alcuni ex dirigenti ed ex giocatori della Valle del Giovenco, la squadra di calcio scomparsa dopo la retrocessione dalla Prima divisione, che ha avuto alla presidenza prima Angeloni e poi Stornelli. Giorni fa è stato ascoltato l’ex amministratore delegato del club, Luca Mastroianni. Secondo l’accusa Ezio Stati ha ricevuto in dono un televisore, una regalia. La difesa sostiene che quel televisore è stato consegnato insieme a un’altra cinquantina di apparecchi durante una cena natalizia. Doni per tutti, dirigenti e calciatori, dunque, e non solo per Ezio Stati. I legali Milo e Iacone hanno preannunciato una nuova richiesta di scarcerazione. Sarà rivolta al gip Billi già in settimana. Oggi potrebbe essere fissata la data per il ricorso al Tribunale del riesame.
Lo sciopero continua. È arrivato al quarto giorno lo sciopero della fame di Ezio Stati, rinchiuso in una cella del penitenziario dell’Aquila. Ieri l’ex esponente di Forza Italia è stato visitato da un medico. Ezio Stati si dice «completamente innocente» e contesta «fermamente la lettura assolutamente inadeguata delle intercettazioni».
Richiesta alla Regione. Il presidente di Abruzzo Engineerig, Francesco Carli, ha inviato una nota al presidente del consiglio regionale, Nazario Pagano, per chiedere la convocazione di un consiglio regionale. «Il Cda», scrive Carli, «mi ha incaricato di chiedere la convocazione di un consiglio regionale straordinario e urgente per riferire all’assemblea regionale sulla situazione di Abruzzo Engineering e sulle sue prospettive. La richiesta è stata condivisa dal Cda e dal collegio sindacale della società durante la seduta del 6 agosto».

«A voi i diamanti a noi rovine davanti»


L’AQUILA. Un grande striscione con la scritta «Vergogna» su corso Vittorio Emanuele, a ridosso di piazza Duomo, e uno stand per il volantinaggio (nella foto): così ieri mattina il presidio dei Cobas Abruzzo, la confederazione dei comitati di base, ha deciso di far sentire la propria voce all’Aquila.
Con l’iniziativa si vuole chiedere un attento monitoraggio sulla ricostruzione post-sisma dopo gli arresti per presunti episodi di corruzione. Nel corso della manifestazione sono stati distribuiti circa 400 volantini ai passanti. È stato sistemato anche un cartello con i ritagli dei titoli apparsi in questi giorni sulle pagine de il Centro e un altro volantino con una scritta: «Loro con i diamanti, noi con le rovine davanti».
«Il nostro», spiegano gli organizzatori della protesta, «è un presidio contro furberie, intrallazzi, lavori per conoscenza e corruzioni, vista anche la situazione economica della regione denunciata dal Cresa, il Centro regionale di studi e ricerche economico sociali».
Per i Cobas «il grave non sta solo nel fatto che centrodestra e centrosinistra dimostrano una sostanziale omogeneità di atteggiamento nella gestione della cosa pubblica, quanto nel fatto che ancora una volta l’inganno vine perpetrato ai danni della popolazione aquilana».
«E’ semplicemente vergognoso che ciò accada», concludono i rappresentanti dei Cobas nel corso del presidio lungo corso Vittorio Emanuele, «ma è anche un sintomo della degenerazione del ceto politico abruzzese. Pensiamo che sia giunto il momento, per il popolo aquilano in particolare ma per quello abruzzese più in generale, di cominciare a organizzarsi per fare in modo che il malcostume venga messo al bando. È ora che si comincia a manifestare apertamente in tutte le forme possibili l’avversione. Un altro Abruzzo è possibile».

tratto da : Il Centro.it 09-08-10

domenica 8 agosto 2010

Cricca di famiglia

di LUIGI VICINANZA

Che delusione. Si era manifestata con le sembianze di una classe dirigente anagraficamente giovane, culturalmente post-ideologica, pragmatica, moderatamente riformatrice, per nulla ossessionata dagli eccessi verbali e modaioli del berlusconismo imperante. Dall’Emiciclo aquilano alle Province, da Montesilvano a Pescara il centrodestra ha vinto al tavolo della politica tutto quello che c’era da rastrellare dopo gli sconquassi giudiziari che, con Ottaviano Del Turco e Luciano D’Alfonso, hanno relegato in isolamento l’intero centrosinistra. Chiodi, Venturoni, Albore Mascia, Cordoma, Sospiri, Piccone avevano, tra i principali compiti, la missione di ricostruire un’etica pubblica, regole certe, una tensione morale tanto percepibile quanto lo era stato lo sconcerto provocato dallo choc giudiziario che ne ha favorito l’ascesa al potere. Tralascio ogni giudizio sulla prassi amministrativa quotidiana; ogni cittadino ha occhi per vedere e giudicare. Constato invece l’incapacità di ridare dignità e autorevolezza alle istituzioni, fiducia agli abruzzesi, speranza nel futuro ai giovani.

Non era facile. Ma in meno di due anni il Pdl si sta giocando con una rapidità sorprendente ogni vantaggio acquisito per demerito altrui. La vicenda della cricca di famiglia è l’episodio più evidente di un’emergenza morale mai affrontata fino in fondo, con decisione e coraggio.
Per una di quelle coincidenze simboliche le dimissioni dell’assessore Stati sono arrivate nella stessa settimana in cui alla Camera il governo, con il voto sul sottosegretario Caliendo, ha visto sfumare la sua granitica maggioranza. Un caso, ovviamente. Ma è un segno: la democrazia sregolata non si tiene più. Né all’Aquila come a Pescara, né a Roma come a Milano.

tratto da : Il Centro 08-08-10

mercoledì 4 agosto 2010

La cricca abruzzese


Ore 6,53, stazione di Avezzano (Aquila), cuore della Marsica e dei conservatori della Destra. Ieri l’altro hanno arrestato tre noti esponenti locali del Pdl, un’assessore regionale del Pdl (figlia del più noto degli esponenti arrestati) si è dimessa: dicono i più informati, per evitare di essere arrestata.
Il giornalaio della stazione è chiuso, quello nella piazza antistante pure. Ma quando li vendono i giornali? E quando li potranno comprare i pendolari? E, quindi, quando sapranno? Due anni dopo gli arresti di Del Turco e la decapitazione della giunta di centro-sinistra (il processo dibattimentale non è ancora iniziato...), sul marciapiede quasi un centinaio di pendolari (è l’unico treno che arriva a Roma Termini, sic) che si conosce da sempre attende il treno per Roma. Qualcuno mi riconosce e (poco dopo le 6 e mezzo di mattina) si stupisce di vedere un senatore che prende il treno e sussurra un: «Buongiorno senatore».
Salgo sul treno: alle 9 la commissione bilancio in senato vota i pareri sugli emendamenti al piano antimafia.
Ho passato la notte a leggere, leggere.
So tutto quello che è lecito sapere sugli arresti e mi concentro sulla marea di lavoro che straborda dalla mia borsa, ma le mie orecchie, nonostante le sole 3 ore di sonno, sentono tutti i commenti nel vagone, non si parla d’altro: «Hanno distrutto l’Abruzzo, se so magnati tutto!». Gli fa eco un passeggero: «Hanno fatto bene, signò». E lei di rimando: «Allora sì magnato pure tu!» E lui: «Magari!».
All’amarezza della conferma di una classe politica che non onora l’orgoglio e la fatica che trasuda storicamente da questa terra, si aggiunge quel senso tutto berlusconiano del meglio furbi che fessi, propedeutico a quel drammatico sono tutti uguali che uccide le aspirazioni alla civile convivenza di ogni cittadino onesto.
La magistratura dice che stavolta sussistono tutti gli elementi della corruzione. Dalle intercettazioni sembrerebbe emergere chi esercita un ruolo di mera intermediazione ma di fatto coordina e dirige l’attività politica di terzi in contatto diretto con il presidente della regione, Chiodi, la cui attività risulta però eminentemente politica e liberamente orientata. Sembra che l’assessore regionale abbia chiesto (e ottenuto) la modifica di un’ordinanza del presidente del consiglio dei ministri per far rientrare nell’ambito dei lavori per la ricostruzione de L’Aquila una società gradita (la Abruzzo Engineering spa). La presidenza del consiglio dei ministri aveva emanato una prima ordinanza (n. 3790). L’assessore Stati Daniela, per favorire la Abruzzo Engineering spa, aveva preso accordi con la Protezione civile per affidare una commessa di servizi all’Abruzzo Engineering s.p.a.. Pochi giorni dopo, l’ordinanza n. 3805 della presidenza del consiglio dei ministri prevede che il Genio civile si sarebbe avvalso, per l’istruttoria prevista dall’ordinanza n. 3790, del Consorzio rete di laboratori universitari di ingegneria (Reluis).
L’emanazione di questa ordinanza crea problemi all’assessore regionale perché sembra che si fosse impegnata per l’affidamento della commessa alla Abruzzo Engineering spa. Poco tempo dopo viene emanata una terza ordinanza (la n. 3808) nella quale viene inserita l’indicazione della Abruzzo Engineering in aggiunta al consorzio Reluis. Sembra che diversi protagonisti della vicenda politica locale (regionale e locale) siano stati perfettamente a conoscenza di quanto stesse accadendo. Se così fosse, ci troveremmo di fronte allo scenario di un totale ed incondizionato asservimento della funzione pubblica agli interessi del privato, invece che un consapevole, mirato ed unitario progetto utile per la comunità. L’obiettivo: far assegnare fondi ad una società amica (la Abruzzo Engineering spa), prima ancora ed indipendentemente dall’elaborazione di qualsiasi progetto utile.
L’apparente (e strumentale) sostegno in favore della forza lavoro abruzzese non è supportato da alcun progetto concreto. Emerge invece un vero e proprio sistema corrotto della politica in Abruzzo: la sistematica “deviazione” nell’esercizio della funzione pubblica è innanzi gli occhi di tutti. I favori al privato-amico sistematicamente estesi a qualunque vicenda economicamente significativa nel territorio nel quale si opera.
Sembra non risultino ulteriori elementi a carico di altri soggetti che pure hanno partecipato attivamente alla modifica dell’ordinanza in favore della Abruzzo Engineering spa e che condividono l’attività politica dell’assessore regionale perché non risultano regali o altro in loro favore.
Le allusioni, rinvenibili nelle conversazioni telefoniche pubblicate sulla stampa, fra (diversi) esponenti politici regionali e locali, sembrerebbero confermare quel drammatico sono tutti uguali. In quella provincia il Pd attende di celebrare un congresso provinciale che rinnovi una classe dirigente ormai troppo statica da almeno due decenni...
P.S. Con la finanziaria 2008 la ferrovia Avezzano-Roma aveva ricevuto 168 milioni di euro dal governo Prodi per ridurre lo spopolamento dei piccoli comuni che ingrossano l’esplosiva periferia romana, per velocizzare la tratta che per andare da Roma a Pescara (180 chilometri) impiega 4 ore (non è un errore di battitura: in campagna elettorale Berlusconi disse che l’avrebbe raddoppiata!), per far arrivare i pendolari in orario a lavoro e a casa ad ore decenti al loro ritorno.
Il primo decreto legge Berlusconi li cancellò per contribuire alla copertura del mancato gettito Ici sulla prima casa dei ricchi. A luglio 2008 la giunta di centro-sinistra viene travolta dall’arresto di Del Turco e altri assessori; a dicembre il centro-destra va al governo della Regione ma votano la metà degli elettori. Ad agosto 2010 arrestano esponenti Pdl e un assessore regionale si dimette. La ferrovia è sempre lenta, gli abruzzesi aspettano una nuova generazione di politici che pensi alle loro comunità e non a se stessi e la ferrovia è sempre lenta e in ritardo...

Luigi Lusi

trattp da : EUROPA 04-08-10

martedì 3 agosto 2010

Giornata ecologica a Capistrello


di JOLE MARIANI

CAPISTRELLO - «Sì, ho ripulito il centro del paese insieme a Giunta e consiglieri». Fornito di guanti, ramazza e carriola, Antonino Lusi (centro-sinistra), 66 anni ex consigliere parlamentare, ora in pensione, e dallo scorso mese di marzo sindaco di Capistrello, per quattro giorni consecutivi si è trasformato in operatore ecologico. Con lui, dotati anche loro di guanti, ramazza e carriola, gli altri componenti dell’amministrazione comunale (consiglieri ed assessori della maggioranza, nessuno escluso). Un vero e proprio esercito a cui si sono aggiunti molti volontari cittadini del luogo. L’iniziativa, insomma, ha riscosso un successone e ha avuto l’apprezzamento da parte di tutti. E’ raro, infatti, che un primo cittadino decida di pulire personalmente il paese da lui amministrato. «L’iniziativa - ha detto Lusi - vuole essere chiaramente un esempio e ha un messaggio preciso: si può, cioè, contribuire alla crescita di un paese unendo le forze di tutti». Sono passati intanto i canonici cento giorni dall’elezione di Lusi come sindaco di Capistrello. Lusi ha tenuto l’atra sera un incontro con i cittadini, stilando un resoconto delle attività svolte dal Comune, che vive in una situazione critica di dissesto finanziario. «Tanti gli interventi realizzati. Abbiamo anche risolto il problema dell’acqua nel quartiere della Giorgìa, dove da almeno 5 anni c’era carenza idrica. Abbiamo inoltre riottenuto il contributo straordinario di un milione di euro per le opere pubbliche».

tratto da : Il Messaggero.it

domenica 1 agosto 2010

Giunta in piazza dopo i cento giorni


CAPISTRELLO. La fiducia che i cittadini di Capistrello hanno accordato alla nuova amministrazione comunale guidata da Antonino Lusi non deve essere tradita e per questo la giunta ha deciso di scendere in piazza e rendicontare l’operato di questi primi cento giorni di lavoro e fare il punto della situazione.
In una gremita piazza del Municipio, i cittadini sono stati informati dei due milioni e mezzo di euro, ottenuti grazie all’interessamento del senatore del Partito democratico, Luigi Lusi, da utilizzare per le opere pubbliche del paese, e dei due milioni giunti dal Ministero delle Finanze nelle casse del comune per coprire il debito pregresso.
La situazione che i nuovi amministratori hanno trovato dopo il loro insediamento non è stata delle migliori, a causa del dissesto finanziario.
La giunta Lusi, nonostante ciò, ha lavorato a ritmi serrati per far partire la macchina amministrativa e far risorgere il paese.
Tra i primi interventi eseguiti spicca il rapporto con il personale, allineato ai livelli di produttività richiesti dall’amministrazione, il Piano regolatore e la zona artigianale, che potrà beneficiare degli aiuti previsti dall’articolo 87.3c, grazie al reinserimento di Capistrello nell’elenco delle zone privilegiate, e la fornitura idrica del quartiere Georgie.
Il primo cittadino ha inoltre informato i cittadini che è stato avviato il processo di informatizzazione dell’amministrazione, il progetto per la ristrutturazione della biblioteca comunale e le procedure per la messa in sicurezza di alcune zone a rischio frane.
Gli amministratori non si sono detti ancora del tutto soddisfatti del sistema di raccolta differenziata «porta a porta», che verrà migliorato nei prossimi mesi.
Non si esclude che questo genere di appuntamento informativo possa essere ripetuto anche nei prossimi mesi. (e.b.)


tratto da : IL Centro 02-08-10