Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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giovedì 18 dicembre 2008

Non è più il tempo delle briosh


"...Gli uomini di potere democristiani sono passati dalla "fase delle lucciole" alla "fase della scomparsa delle lucciole" senza accorgersene."


Rileggevo giorni fa queste frasi tratte da un'articolo del Corriere della Sera del febbraio 1975, scritte da Pierpaolo Pasolini e mi venivano in mente dei parallelismi e delle ricontestualizzazioni dello stesso adattabili alla situazione politica che stiamo vivendo
oggi nel Bel Paese - possibile che dentro il PD nessuno si stia accorgendo che le lucciole stanno sparendo, e se si continua su questa strada il PD imploderà su se stesso?

Questo breve cappello per sottoporre alla vostra attenzione la lettura di un articolo, tratto dal quotidiano on-line Prima daNoi, che in maniera semplice e chiara fornisce (se per qualcuno ancora non lo fosse ) l'analisi lucida e allo stesso tempo penosa, della situazione politica della classe dirigente abruzzese.

Oramai non si tratta più di capire cosa sta accadendo, è fin troppo chiaro : lavoro, giustizia, equità, queste sono le priorità, non le briosch.

Oggi non è più il tempo delle chiacchiere é il tempo dell' agire, del tradurre la politica parlata in azione e concretezza .

In certe riunioni politiche piccole piccole, di bassa lena (non oso immagginare nei piani alti), ho sentito ancora molti cacicchi locali dire : "cosa ci guadagno, a me cosa ne viene in tasca"- e i problemi della gente? E i programmi elettorali? Dettagli, semplici dettagli.

Così cari amici del PD non andiamo da nessuna parte, se è vero che c'è bisogno di aria nuova c'è anche bisogno di uomini nuovi, non nella stretta accezione anagrafica ma nel modo di pensare e intedere la politica, ovvero come servizio per il prossimo e non come strumento per fare i propri porci comodi.

La "fase delle lucciole" è finita - qualcuno se ne è accorto? Spero.


Un amaro saluto

Belardo Viola



L'editoriale
Per fortuna ci ha pensato la gente a ricordarci che queste elezioni erano molto diverse da tutte le altre. Con un astensionismo record gli abruzzesi hanno mandato un segnale inequivocabile ai politicanti di ogni colore: basta ne abbiamo abbastanza.

Elezioni particolari, eccezionali: dovute ad un arresto e concluse con un arresto. In mezzo due inchieste tra le più dirompenti della regione… ma qui ogni inchiesta è più dirompente delle precedenti…
Così dopo il 14 luglio, giorno della liberazione della Regione dal presidente Del Turco, la politica tutta non ha impiegato molte settimane a riassestarsi e ritornare nei ranghi, con le logiche di sempre, per nulla impaurita da nuove e deflagranti inchieste.
Hanno pesato, e come, le comparsate, le battute, le interviste dell’ex presidente Del Turco da sempre al centro dell’attenzione anche quando era in isolamento.
Anche il giorno delle elezioni di cui lui è il principale responsabile. Ha sorriso agli obiettivi dei fotografi e lanciato messaggi ad effetto tanto per vedere cosa sarebbe successo.
Erano le 8 di domenica scorsa: Del Turco parlava e votava, gli abruzzesi ancora indecisi hanno deciso.
Da settembre poi è iniziata questa lunga estenuante campagna elettorale che doveva essere quella della svolta, dell’Abruzzo che volta pagina, che si lecca le ferite e che prova a rialzarsi davvero.
Nulla di tutto questo. La politica ha deliberatamente ignorato la portata dell’accaduto. Per convenienza, negligenza, impreparazione.
Le facce di sempre si sono accompagnate agli slogan di sempre, pieni di un vuoto spinto, senza ritegno, senza vergogna, senza il minimo tentennamento della coscienza.
Ed è stata una campagna elettorale uguale a tutte le altre con in più un arresto da inserire anche negli slogan elettorali. L’esempio lampante quello del vicario Enrico Paolini, vice di Del Turco fino al 14 luglio e poco dopo suo acerrimo nemico perché intenzionato a chiudere una legislatura in nome della trasparenza che ha continuato però ad avallare stabilizzazioni dubbie, di precari e portaborse, a sposare promozioni, la nuova pianta organica della regione, i concorsi lampo all’Arit e fornire rassicuranti promesse anche per le stabilizzazioni allo sportello Sprint. E sui suoi manifesti, il vice, lo ha ricordato a tutti: «l’onestà non si arresta».

Ma gli elettori non gli hanno dato fiducia e nel prossimo consiglio regionale lui non ci sarà.
Eppure qualcosa di molto dirompente è successo quel giorno di luglio, con implicazioni gigantesche che la classe politica non ha voluto vedere e continua a non voler vedere.
Per fortuna la gente ha capito e non vuole più farsi prendere in giro.
L’uomo della strada ha purtroppo una unica arma: non esercitare il proprio diritto di scelta.
Perché la democrazia è anche l’essenza del poter scegliere.
Il dato storico incontrovertibile è che gli abruzzesi ora sono stufi davvero e non tollerano più porcate di nessun genere, non tollerano più questa atmosfera asfittica dove i precari sono condannati a morte, le piccole aziende chiudono i battenti, i dipendenti vanno in cassa integrazione.
Ecco il prezzo che l’Abruzzo paga per la corruzione endemica e la mortificazione quotidiana delle leggi.
La gente ha detto basta alle mazzette, basta alle raccomandazioni, basta alle parentopoli che mortificano i più, basta alle corsie preferenziali.
L’astensionismo non sarebbe bastato a far riflettere i politicanti abruzzesi?
Così dopo il nuovo intervento della magistratura con l’arresto del più chiacchierato sindaco d’Abruzzo attendiamo la reazione delle buona politica, quella che è rimasta soffocata dai giochi di lobbies.
Il Pd ha peccato di superbia ed ha continuato a farlo senza un esame di coscienza ed ha continuato a compiere atti di dubbia legittimità fino al giorno prima delle elezioni.
Cos’altro deve accadere ancora in Abruzzo perché la gente si svegli, denunci, condanni, dia la spallata definitiva al marcio?
Chiodi che vince, d’altro canto, è l’avvento di una politica che ha davanti a sé un grande punto interrogativo. L’esigenza prima è il rinnovamento e questo può arrivare solo con il controllo diffuso dei cittadini che partecipano alla cosa pubblica.
Il controllo diffuso può essere concretizzato solo con la vera trasparenza.
Chiodi, il Pdl ed il centrodestra si sono dimostrati purtroppo insensibili a questa importante e vitale esigenza. Nessun esponente della coalizione (a parte il sindaco Antonio Tavani) ha firmato il manifesto di Pdn sulla trasparenza. Chiodi non ha speso nemmeno una parola nell’affaire della Asl di Pescara, una consulenza come tante (purtroppo) che ha però messo in luce l’essere refrattario alla chiarezza. Ecco perché l’Abruzzo non può tirare ancora un sospiro di sollievo.
Quello che si può sperare oggi è di non stare peggio di ieri.
E’ certo, invece, che non siamo sorpresi dalle ultime vicende giudiziarie.
Noi in tre anni abbiamo già raccontato tutto quello che sta emergendo in queste ore. Non so gli altri.

a.b.
Articolo tratto da : www.primadanoi.it
17/12/2008

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