Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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lunedì 7 dicembre 2009

L’IMPORTANZA DEL GARANTISMO COSTITUZIONALE La democrazia che non va

Oramai si dà per scontato, o quasi, che le democrazie vivono nell'immediato e che non provvedono al futuro, ai bisogni e problemi del futuro. L'altro giorno Angelo Panebianco osservava, per inciso e con la tranquilla placidità dello studioso che registra un fatto ovvio, che «la natura del sistema democratico spinge gli uomini politici a occuparsi solo dei problemi del presente. Le grane che ci arriveranno addosso non possono essere prese in considerazione... La politica democratica non si occupa di prevenzione». Panebianco ha ragione? Per il nostro Paese sicuramente sì; ma sono oramai parecchie le democrazie che sempre più diventano corto-veggenti e imprevidenti. Dal che ricavo che siamo al cospetto di un problema di estrema gravità.
Io non sono mai stato uno strombazzatore leopardiano delle «magnifiche sorti e progressive» che ci sono state promesse dai Sessantottini in poi. Ho però sempre strenuamente difeso la democrazia alla Churchill: che anche la democrazia è un pessimo sistema, «salvo che tutti gli altri sono peggiori ». In quel detto ho sempre fermamente creduto; ma forse oggi va riprecisato. Intanto va precisato che una cosa è la democrazia liberale costruita dal costituzionalismo, e tutt'altra cosa sono le cosiddette democrazie populistiche e «direttistiche» di finto autogoverno che si liberano dell'impaccio del garantismo costituzionale. In questa chiave io distinguo da tempo tra democrazia come demo-protezione (intendi: che protegge il demos dagli abusi di potere) e come demo-potere (che può diventate tutt'altra cosa). Poniamo, in dannatissima ipotesi, che Berlusconi mi voglia cacciare in prigione. Potrebbe farlo? No, perché io sono protetto dal principio dell'habeas corpus (abbi il tuo corpo) che è quel cardine del costituzionalismo che ci tutela dall'incarcerazione illegale e arbitraria. Mettiamo, d'altra parte, che io non voglia essere avvelenato da «polveri sottili» e dal galoppante inquinamento atmosferico, che io non voglia restare senz’acqua perché l'acquedotto pugliese ne perde metà per strada, oppure che Pisa sparisca sott'acqua. In questi e consimili frangenti la democrazia descritta da Panebianco farebbe meglio delle non-democrazie? E' lecito dubitarne.
Le grandi civiltà idrauliche del lontano passato raccontate da Karl Wittfogel furono create con straordinaria perizia e preveggenza dal despotismo orientale; tantissime lacrime e sangue, ma anche straordinari risultati. Il dispotismo illuminato del '700 fu, appunto, «illuminato». Mentre oggi andiamo alla deriva senza nessuna «illuminazione», con occhi che non vogliono vedere e orecchie imbottite di cerume. Il detto churchilliano tiene ancora? Sì e no. Sì, se lo dividiamo in due; no altrimenti. La mia prima tesi è che la democrazia protettiva dell'habeas corpus e del potere controllato da contropoteri, è e resta il migliore dei regimi possibili per la tutela della libertà dei cittadini. La mia seconda tesi è invece che il demopotere populistico e direttistico alla Chavez, e purtroppo ambito da Berlusconi, diventa o può diventare uno dei peggiori sistemi di potere possibili.

Giovanni Sartori

Corriere della Sera 01 dicembre 2009

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