Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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lunedì 5 gennaio 2009

Voi, figli rassegnati a un mondo di noia


Un'amico mi fa riscoprire questa "riflessione" sui giovani di Gaber, la condivido con tutti Voi.
Augusto B.


Ora basta con le finzioni, io ho 50 anni, siamo in pieno duemila e mi domando: che eredità stiamo lasciando ai nostri figli? Forse in alcuni casi un normale benessere, ma non è questo il punto. Voglio dire, c’è un’idea, un sentimento, una morale, una visione del mondo, no, tutto questo non lo vedo. Allora ci saranno senz’altro delle colpe. Sì, il coro della tragedia greca, i figli devono espiare le colpe dei padri…. Siamo forse noi padri insensibili, autoritari, legislatori di stupide istituzioni ? Credo di no. Allora dove sono le nostre colpe? E’ che è troppo facile per noi essere pacifisti, antiautoritari, e democratici. I nostri nonni avevano fatto la Resistenza, forse avremmo dovuto farla anche noi, la resistenza. E’ sempre tempo di Resistenza, magari ad altre cose. Allora perché, invece di esibire il nostro atteggiamento libertario, non abbiamo dato uno sguardo all’avanzata dello sviluppo insensato, perché invece di parlare di buoni e di cattivi non abbiamo alzato un muro contro la mano invisibile e spudorata del mercato, perché avvertiamo l’appiattimento nel consumo ma continuiamo a comprare motorini ai nostri figli, perché non ci siamo mai ribellati alla violenza dell’oggetto, perché non abbiamo mai preso in considerazione parole come essenzialità? Il mercato ci ringrazia, gli abbiamo dato il nostro prezioso contributo.
E voi, sì voi come figli, voi venticinquenni di ora, non avete neanche una colpa? Dov’è il segno di una vita diversa? Forse sono io che non lo vedo, ma rispondetemi, dov’è la spinta verso qualcosa che sta per nascere, dov’è la vostra individuazione del nemico, quale resistenza avete fatto contro il potere, contro le ideologie dominanti, contro la logica del consumo, contro il dilagare del superfluo? Il mercato ringrazia anche voi.
D’accordo, non posso essere io a lanciare ingiurie contro la vostra impotenza, c’ho da pensare alla mia. Però spiegatemi, perché vi abbandonate ad un’inerzia così silenziosa e passiva, perché vi rassegnate a questa vita mediocre, senza l’ombra di un desiderio vero, di uno slancio, di una proposta qualsiasi, vitale, rigorosa, qualcosa che possa esprimere almeno un rifiuto, una indignazione, un dolore. Perché il dolore ti aiuta a crescere, il dolore è visibile, chiaro, localizzato. Ma quale dolore, ormai non sappiamo più neanche cos’è, il dolore. Siamo caduti in una specie di noia, di depressione. Certo, è il marchio dell’epoca, la malattia dell’epoca. E quando la depressione di insinua dentro di noi, tutto sembra privo di significato, senza sostanza, senza nulla, salvo questo nulla non identificabile, che ci corrode.

Giorgio Gaber

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