Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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giovedì 19 febbraio 2009

Morte e Venezia

Come ebbe a dire Aldo Moro “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi.”

L’amara verità è che questa politica, è lontana anni luce dalla gente, è una politica spoliticata fatta di personaggi che vogliono cadere sempre in piedi e che si credono più furbi di tutti. E' vero c'è tanta brava gente in giro che potrebbe mettere le proprie capacità e le proprie professionalità a servizio di tutti, - ma LEI - la politica non li vuole non servono. Perché come mi dice un mio amico, alla politica non servono le "anime belle" , la politica ha bisogno di gente capace di tutto di gente cinica e spregiudicata, che abbia pelo sullo stomaco,e allora.... continuaimo così ...Auguri

Con piacere pubblichiamo le riflessioni dell'amico Mario

Augusto Bisegna


Ieri sera, parlando fino a notte fonda con alcuni amici su Skype, fra le altre cose abbiamo commentato in diretta i risultati che man mano pervenivano dallo spoglio della consultazione elettorale in Sardegna. Quando ho chiuso la comunicazione con loro, nonostante fosse molto tardi, il senso di sconforto non mi faceva dormire e così sono andato su una mailing list che abbiamo creato qualche anno fa con vecchi amici conosciuti nei primi anni '90 su Agorà Telematica, il mio primo provider. Dopo letto i primi commenti inseriti sull'esito delle elezioni in Sardegna, ne ho aggiunto uno anche io ma, separatamente e solo ad alcuni isciritti alla lista, ho inviato questa mail che giro a tutti voi in indirizzo.

Saluti cari

Mario

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Morte e Venezia

Thomas Mann non c'entra, sto parlando del Partito Democratico. La morte esige rispetto, specialmente il suicidio. Per questo scrivo in posta privata, solo ad alcuni cari vecchi amici Agoriani iscritti alla mailing list. Il fatto grave è che con i Democratici muore l'ennesimo tentativo di rendere meno ipocrita e repellente la politica italiana. Il fatto è grave perché segna un'ulteriore sconfitta che indebolisce ancora di più la fragile coscienza democratica italiana. Il fatto è grave, perché corrobora e giustifica l'opinione, già largamente diffusa, che la democrazia sia un'utopia poco praticabile o addirittura una dannosa forma di governo. La sconfitta di Soru in Sardegna è solo un sintomo di questa malattia, di questa debolezza organica, di questa senescenza.

Tuttavia, voglio partire da questo sintomo per ribadire un male endemico che già altre volte insieme abbiamo provato ad analizzare (ricorderete, immagino, il mio post dello scorso anno nel quale prendevo spunto dal libro "Elite e classi dirigenti in Italia" di Carlo Carboni, per avviare una riflessione sulla degenerazione, in termini di qualità, della classe politica italiana).

Cari miei, dobbiamo cominciare a dirlo in modo chiaro, lontano da echi populistici, "dipietristi" o da facili approcci qualunquistici nei confronti della "casta" – e, piccola digressione per rispondere a Mattia, continuo sempre a chiedermi perché in Italia il libro "La casta" sia diventato un best seller, mentre, dello stesso autore, non abbia avuto eguale successo "L'orda" sull'emigrazione degli italiani -, dobbiamo affermare con forza, senza girarci intorno, che a molti dirigenti del PD, non interessa affatto fondare la propria azione politica sul concetto di "servizio" reso ai cittadini, anche a costo di decisioni impopolari. Ricordiamoci che Soru, si è dimesso, come mai accaduto prima nella storia italiana, perché una parte della sua coalizione non voleva una legge regionale di maggiore tutela delle già martoriate coste sarde. E non lo voleva, perché questa parte è legata agli interessi dei costruttori più retrivi, trasversalmente agli stessi interessi che difende Berlusconi e chi lo rappresenta nell'Isola. Ma d'altronde, ad una parte consistente dei dirigenti del PD, chi glie lo fa fare a dare spazio in politica a persone come Soru? Il piano di lavoro di queste persone (niente affatto dissimili dai loro colleghi del PDL), fondamentalmente è un altro: devono cercare consenso, acquistare meriti nello loro fazioni, combattere i nemici, sgomitare con gli amici, sgambettare i concorrenti. La selezione del personale politico all'interno del PD è, in queste condizioni, al pari dell'altro schieramento, una selezione al contrario: emergono solo i peggiori, solo chi è dotato di pelo sullo stomaco, di cinismo, di doppiezza può sopravvivere. E la cosa assume contorni perfino grotteschi, quando questo atteggiamento di fondo viene addirittura mascherato dietro la "complessità" della politica, che altri poveri coglioni (spesso più capaci, colti e seri di loro) non sarebbero in grado di comprendere!

Il centro del problema è questo, è non è sufficiente affermare (come ho letto in qualche post questi ultimi giorni) che "dobbiamo prendere atto del fatto che ormai più della metà degli italiani è in linea con il Grande Fratello". Ciò è senz'altro vero, Ermanno Olmi lo scorso anno su La Repubblica aveva avviato una riflessione importante sugli aspetti del degrado "epocale" che stiamo vivendo a tutto tondo, ma non è sufficiente e, soprattutto, rischia di portare all'immobilismo di una "presa d'atto" e nascondere le pesanti responsabilità di quasi un'intera classe politica ora all'opposizione. Sia a livello nazionale, regionale e locale…e non si risolverà cambiando l'alleato (dall'IDV all'UDC), perché il modo di agire cinico e spregiudicato resterà invariato. La conquista di un elettorato "di centro" e moderato, sarà solo l'ennesimo escamotage per continuare sulla strada del consenso autoreferenziale, diverso da un consenso elettorale, pur indispensabile, fondato su principi diametralmente opposti a quelli che attualmente ispirano gran parte dei dirigenti del PD.

Concludo questa breve riflessione, ricordando un altro aspetto che riguarda la profonda crisi economica che l'Occidente sta attraversando e con esso l'Italia: a novembre dello scorso anno, parlando con un deputato amico di Roma eletto nelle liste del PD, si rifletteva sul ruolo degli stati nazionali nell'era della globalizzazione (il riferimento era Habermas), ho provato a dire che, senza sposare culture anticapitalistiche, sarebbe ora di riprendere atto che i valori capitalistici, pur se fortemente propulsivi per lo sviluppo materiale del sistema, sono, allo stato puro, socialmente disgreganti. Che devono necessariamente integrarsi in un sistema fondato su valori superiori di solidarietà sociale e che questo ruolo, nonostante il venir meno della sovranità degli stati nazionali a livello globale, può ancora essere svolto recuperando una concezione autenticamente democratica e costituzionale, di quello che appunto Habermas definisce nella sua teoria dellì'agire comunicativo rapportandolo alla "sfera pubblica".

Non l'avessi mai detto! Mi ha dato del retrò, "anima bella" e lontano anni luce dalla realtà. Ci ho riflettuto a distanza di giorni e ho pensato che la sua risposta non poteva essere diversa, perché ormai è talmente intriso anche lui di una mentalità e un atteggiamento "in linea con l'evoluzione oggettiva dei tempi che viviamo", che qualsiasi idea che esuli dalla sua visione "allineata", è destinata a restare fuori in quanto utopica. Proprio come Soru.

Scusate il disturbo, non lo farò più, per un po' mene starò tranquillo e zitto :-)



Mario Lusi



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