Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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martedì 22 marzo 2011

Acqua, impianti colabrodo in Abruzzo

E’ tra le regioni con le maggiori perdite in rete. Tariffe e bollette sotto la media nazionale
SERVIZI IDRICI Dati elaborati dall’Osservatorio di Cittadinanzattiva alla vigilia della Giornata mondiale dell’Acqua

PESCARA- L’Abruzzo dissestato da frane e alluvioni primeggia tra le regioni dove si disperde di più l’acqua potabile nelle condutture. E’ quanto si apprende scorrendo i dati del rapporto Istat, rielaborati per l’Abruzzo dall’Osservatorio Prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva alla vigilia della Giornata mondiale dell’Acqua. Nel 2009, in Italia, il 35 per cento dell’acqua potabile è stata dispersa. L’Abruzzo, con il 45% degli sprechi accertati, è riuscito a fare meglio solo di Molise (65%) e Basilicata (58%), comparendo al terz’ultimo posto della classifica stilata da Legambiente, Ecosistema urbano 2010. Uno studio che aiuta a comprendere perché la propensione allo «spreco generalizzato» abbia potuto consolidarsi, tra cittadini e comunità amministrate, come una consuetudine che ha il sapore della ineluttabilità. Emerge così che gli italiani, poco informati in tema di potabilità e deroghe, scettici sui controlli, sono pronti a spendere fino a 40 euro al mese per acquistare acque minerali contenute nelle bottiglie di plastica che si ammassano nelle discariche o vengono disperse nell’ambiente. Sotto la media sono invece i costi annui del servizio idrico, che complessivamente sono cresciuti in Abruzzo del 2,4 per cento a fronte degli aumenti del 6,7% registrati su scala nazionale. A questa tendenza fa eccezione Pescara che, con il 12%, ha notevolmente incrementato i prezzi nel 2009, pur partendo dalle tariffe più basse applicate in Abruzzo l’anno precedente. La città più virtuosa è Teramo. Qui l’acqua per uso domestico costa meno (184 euro), mentre L’Aquila è il capoluogo dove costa di più (248 euro), con Teramo e Chieti che nel 2009 non segnalano alcun aumento tariffario. Fatti un po’ di conti in tasca, una famiglia abruzzese affronta una spesa media annua di 213 euro per il servizio idrico. Costo che, nonostante lo scempio della dispersione, e dei danni «collaterali» sull’assetto idrogeologico del territorio, resta comunque molto più basso rispetto alla media nazionale di 270 euro. L’attenzione dell’Osservatorio di Cittadinanzattiva si è focalizzata soprattutto sul servizio idrico integrato per uso domestico, che comprende i costi per acquedotto, canoni di fognatura e depurazione, quota fissa o ex nolo contatori. I dati sono riferiti a una famiglia tipo di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua (in linea con quanto calcolato dal Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche), e sono comprensivi di Iva al 10 per cento. Secondo Cittadinanzattiva, le contraddizioni del servizio idrico integrato, sommate ai dati sulla dispersione, alla mancata riforma e all’assenza di una autorità di regolamentazione, rischiano di traghettare la gestione dell’acqua dai monopoli pubblici a quelli privati. Un percorso che potrebbe però riservare amare sorprese a detta di Antonio Gaudioso, vicesegretario generale del movimento per la tutela dei consumatori. «Contrariamente alle promesse ventilate in favore della privatizzazione delle acque pubbliche», commenta Gaudioso, «in tutti i casi si è assistito, dopo alcuni mesi dall’introduzione della gestione privata, a un aumento dei prezzi e delle tariffe. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con la figuraccia seguita al recente stop da parte dell’Unione Europea alle deroghe per i livelli di potabilità delle acque in diverse zone del Paese». (f.c.)

tratto da : Il Centro.it 22.03.2011

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