Circolo Partito Democratico - Capistrello (Aq)

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giovedì 18 giugno 2009

Gli sfollati protestano e a L'Aquila si rivede Berlusconi



L'invito a non farsi più vedere naturalmente non è servito. Dopo il sit di alcune centinaia di terremotati davanti alla sede della Camera, Berlusconi si ripresenta in Abruzzo per curare ulteriori dettagli in vista del G8 e fare il punto della situazione sulla ricostruzione. In attesa che il decreto salva Abruzzo passi l'esame del Parlamento. Slitterà infatti alla prossima settimana, probabilmente martedì, il voto finale del dl su tempi, modi e finanziamenti da stanziare per la ricostruzione nelle zone terremotate.
Il ritorno del premier a L'Aquila non è sfuggito al centrosinistra, che ha delegato a Massimo D'Alema l'attacco più duro: "Vada a sentire i terremotati dell'Aquila che ha usato come spot. Quando il presidente del Consiglio va all'Aquila a fare promesse ci sono le telecamere. Quando invece vanno a manifestare perché quelle promesse non vengono mantenute le telecamere non ci sono e il Tg1 le oscura".
Il presenzialismo del premier e il super lavoro della protezione non sono bastati a evitare le prime
crepe nel consenso all'azione di governo. E neanche il colpo di scena del G8 a L'Aquila. Né tantomeno il successo plebiscitario del Pdl alle Europee e alle Amministrative. Due mesi e mezzo
dopo il terremoto che nella notte tra il 5 e 6 aprile lasciò sotto le macerie duecento morti e una ricostruzione difficile, arriva il momento della protesta. La calura romana è niente rispetto agli ultimi due mesi passate nelle tendopoli (sono oltre 55mila gli sfollati alloggiati nelle tendopoli, case
privati, alberghi e campeggi). Amministratori e comuni cittadini temono che alle promesse personali di Berlusconi faccia seguito il solito balletto all'italiana: risorse col contagocce, ricostruzione lenta, corruttela. Al grido di "buffoni, buffoni" alcune centinaia di persone hanno manifestato davanti la sede della Camera dei Deputati. Sotto accusa, il decreto "salva Abruzzo" in
discussione a Montecitorio. Dal governo, solo promesse, spiegano, e poche sicurezze sui finanziamenti. Molti edifici dei piccoli paesi sono seconde case. Se non arrivano soldi per la ricostruzione, temono i sindaci, quei centri diventeranno dei veri e propri paesi fantasma ''A Berlusconi chiediamo di mantenere le promesse fatte ai cittadini terremotati abruzzesi il 29 maggio all'Aquila", dice Stefania Pezzopane, presidente della Provincia de L'Aquila. "Questo significa che il decreto sull'Abruzzo deve cambiare, per consentire una ricostruzione rapida in tutti
i centri storici, prevedendo contestualmente anche un indennizzo per le ristrutturazioni, e non solo per i residenti". Pezzopane chiede "interventi decisi" per le attività produttive ed economiche nelle zone colpite dal sisma: ''Sono molte al momento le imprese che hanno subito forti contraccolpi economici fuori e dentro dal cratere, per le quali invece bisognerebbe prevedere un contributo finanziario opportuno per favorire una loro ripartenza".


Abruzzo, sarà un Natale in tendopoli


«Casette a settembre? Ma chi sei, Megggaiver!!!». Bruno ha 23 anni, è un aquilano doc da due mesi senza casa e oggi, in piedi davanti a Montecitorio, racconta con questo cartello la sua rabbia.
MacGyver, il ragazzo dalle mille risorse, era il suo eroe TV, quello che realizzava sogni e risolveva
guai. Secondo Bruno solo MacGyver, al massimo della forma, potrebbe consegnare le “famose” casette ai terremotati d’Abruzzo. Figurarsi Berlusconi, o Bertolaso, che al suo eroe non assomigliano neanche un po’.
Si smonta, finisce in pezzi un’altra, forse la più importante delle promesse-certezze del premier. «Il 15 settembre consegneremo le prime case, a novembre nessuno sarà più in tenda» ha ripetuto
Berlusconi nella sue tredici visite all’Aquila. Falso. Non vero. Anzi, mai stato vero. La verità è che
sarà un Natale in tenda. O in albergo, viste le temperature nell’altopiano dell’Aquila, Non lo dicono i soliti calcoli a spanna dei soliti disfattisti criticoni. Lo dice, da sempre, anzi lo documenta da maggio, il «CRONOPROGRAMMA GENERALE», la tabella di marcia, giorno per giorno, capitolo per capitolo, del rivoluzionario progetto C.A.S.E che sta per Complessi antisismici Sostenibili Ecocompatibili, le famose casette che dovranno diventare un tetto per circa quindicimila sfollati. E’ anche l’unico capitolo finanziato nel decreto con 530 milioni di euro.
Il Cronoprogramma consegnato dalla Protezione Civile e vistato dal governo a maggio dice chiaramente che le case saranno consegnate a fine dicembre comprese arredi e collaudi. Come se
dopo otto mesi di campeggio forzato uno potesse ancora andare a vivere in modo precario. Tutto
questo sempre che due voci cardine del Cronoprogramma, «realizzazione degli alloggi» e «opere di urbanizzazione» (fogne, allacci gas e luce, strade di accesso), prendano il via tra la prima e la seconda settimana di luglio. In pieno G8. Difficile immaginare ruspe e camion in giro per l’Aquila,
che ha due strade, mentre nella caserma di Coppito si riuniscono i grandi della terra.
«Il problema - racconta un funzionario della Protezione Civile - è che tutto il Cronoprogramma è
già saltato perchè le opere di cantierizzazione dovevano cominciare il 10 di maggio. Siamo al 16
giugno e mi risultano avviate, da circa dieci giorni, solo a Bazzano e Ocre. Un ritardo normale di
fronte a un intervento di questo genere». Il fatto è che da questo ritardo (la cantierizzazione), ne
derivano altri. E’ l’effetto domino. «Le operazioni di scavo, fondazioni e messa in posa delle piastre
dovevano cominciare, secondo Cronoprogramma, il 25 maggio ma non sono ancora cominciate».
Certo, magari sarà anche possibile consegnare un pugno di case a settembre, facendo lavorare gli
operai giorno e notte. Ma sarà una goccia rispetto alle venti aree, attualmente zone di campagna,
che devono diventare villaggi autonomi con scuole e farmacie e negozi. Anche sindaco e presidente della Provincia non ci credono più. «Purtroppo - dicono Cialente e Pezzopane ricevuti ieri alla Camera dal presidente Fini mentre in aula veniva discusso il decreto e fuori duemila aquilani urlavano «basta bugie» - le casette non saranno pronte per settembre. Si parla di ottobre, forse, più facile dicembre».
«Berluscò, non te fare revedè a l’Aquila» si leggeva ieri su uno dei tanti cartelli. Ci torna oggi.
Dopo l’approvazione definitiva del decreto. Che garantisce solo 5 mila casette, un po’ di gratta e
vinci, rinvia negli anni la ricostruzione del centro storico e non prevede risarcimenti a chi non è
residente, una ricostruzione groviera visto che il 40 per cento delle abitazioni sono di aquilani che
vivono altrove. Soprattutto non dice nulla a piccoli commercianti e medie imprese che erano il
tessuto della città e ora non sanno più cosa sono.

articoli tratti: da L'Unità

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